Ma a chi l'avete venduta l'anima? Al diavolo o a Pogačar?
Un'amara riflessione su un percorso privo di identità (e di senso) che gioca al ribasso; scelte comprensibili solo se utili ad avere al via i veri big del gruppo
Quello sulla direzione che i percorsi dei Grandi Giri debbano prendere è un dibattito infinito, che non avrà mai una risposta univocamente corretta. Su queste pagine ci avete visto molto spesso difendere tracciati “old style" con lo scopo di conservare la vera essenza di questo sport e di non alterarne i parametri; altri, anche all'interno della nostra redazione, sono più propensi a dire che il mercato televisivo e l'attuale gusto del pubblico stia invece indicando la strada delle tappe più brevi che - se ci concedete un'intrusione ironica dell'autore - appaiono più spettacolari solo perché essendo più corte danno meno tempo di addormentarsi. È evidente che questo ciclismo ha altri problemi che prescindono dai percorsi: è evidente ad esempio che al Giro dell'anno scorso faceva troppo comodo a Thomas, Roglič e Almeida conservare il podio senza rischiare tutto per assicurarsi il successo. Quindi se da un lato era la presenza del Lussari a incutere timore (errore dell'organizzatore), va anche detto che non era vietato a nessuno fare il Giau forte il giorno prima per vedere se uno dei tre saltava e semplificare la contesa finale. Per intenderci, se le startlist fossero state invertite, Pogačar e Vingegaard avrebbero accesso le micce anche col percorso del Giro.
Indipendentemente da dove possa stare la verità, è evidente che RCS quest'anno ha calato le braghe proponendo qualcosa che, sinceramente, risulta difficilmente comprensibile. Una scelta anche dichiarata, visto che si è sentito dire sul palco che si è cercato di accontentare i corridori. Ma da quando i ciclisti andrebbero accontentati? Non dico che Vegni debba finire per farsi chiamare “assassino” come Desgrange, ma la dignità di una gara che deve parlare con le squadre per fare un percorso che vada loro a genio mi sembra ormai finita sotto i piedi. Non che non fosse successo - già nel 2022 si era sentito dire che non c'erano cronometro perché lo avevano chiesto i corridori - ma qui questa dialettica ha prodotto un percorso talmente assurdo da riusltare veramente preoccupante. Specialmente se poi lo stesso Vegni, del quale spesso abbiamo difeso la linea tradizionalista, proprio durante l'ultimo Giro d'Italia infervorò in diretta dicendo - grosso modo - che si parla di professionisti e non si possono fare chilometraggi da juniores; un cambio di rotta che dunque è avvenuto nel giro di pochi mesi. Il dispiacere nel constatarlo è tanto, ma forse “calare le braghe” è proprio l'espressione corretta.
È evidente quando si ha di fronte un tracciato che poteva avere un grande potenziale ed è stato maltrattato nella cura dei dettagli cercando ripetutamente la soluzione più semplice possibile. Guardando le sedi di tappa e le intenzioni di partenza, questo Giro aveva tutto quello che serviva: un avvio impegnativo per assecondare i gusti di chi vuole subito lo spettacolo, il ritorno delle “strade bianche”, tappe toste in tutte e tre le settimane, due lunghe cronometro da specialisti (per un totale di quasi 70 km), due frazioni infinite in alta montagna (Livigno e Monte Pana) seguite da una più breve nel cuore delle Dolomiti e a chiudere un doppio Grappa spettacolare, incisivo ma non temibile e traumatico. Raccontato così il Giro d'Italia 2024 sembra un gioiellina. Poi quando si pone attenzione alla sua realizzazione si scopre che nella tappa degli sterri si è giocato al ribasso, ignorando due gioiellini come San Martino in Grania e Monte Sante Marie che potevano realmente incidere (nota a margine: fare 12 km di sterro in croce in una tappa poco più che ondulata significa anche ritrovarsi una marea di corridori a fare a spallate a velociti folli… auguri); si scopre che per i due tapponi infiniti sono stati usati i tracciati più semplici ed insensati, nonostante valide alternative a disposizione (che noi stessi avevamo proposto nel nostro “spoiler”); si scopre che la tappa dolomitica passa volontariamente da tutte le salite più pedalabili che si potessero scegliere (Rolle di 1a categoria? Ma da quando?). Si scopre insomma che quel famoso doppio Grappa, che appariva ottimo per concludere il Giro senza catalizzare l'attenzione, finisce comunque per essere nettamente la tappa più pericolosa e quindi far sì che tutti aspettino per l'ennesima volta l'ultimo giorno.
Paradossi e perplessità che emergono anche da dettagli piuttosto assurdi, che denotano un modo di ragionare del tutto incomprensibile: se già si è accennato al GPM di 1a categoria sul Passo Rolle, non meno scandaloso è che la tappa di Lucca, destinata ad una volata a gruppo compatto, sia catalogata come “media montagna” da 3 stelle, al pari di frazioni ben più determinanti come Oropa o Bocca della Selva, che arrivano letteralmente in montagna; inspiegabile poi come si siano potute attribuire 5 stelle addirittura a 4 frazioni (Prati di Tivo, Mottolino, Monte Pana e Bassano del Grappa) quando quest'anno nessuna era minimamente paragonabile (se non forse proprio quella del Mottolino) alla durezza delle tappe a 5 stelle degli anni passati. Il tutto è poi incarnato dall'assurdità della tappa di Monte Pana che al netto della scelta quasi obbligata di fare lo Stelvio di passaggio, usa nel finale la strada probabilmente più semplice di tutte per raggiungere Ortisei, quando bastava uno sputo di invenzione per salire il Passo Pinei da Ponte Gardena per avere una degna penultima salita favorevole agli attacchi che non facesse sprecare del tutto una tappa di montagna da oltre 200 km che così è utile solo a far imbestialire Salvato.
E tutto questo non c'entra col dibattito che vede i tapponi da una parte e le tappine dall'altro… è ovvio che una lunghezza media delle tappe in linea di 171.2 km propende molto più per la seconda linea, ma in questo Giro sono disegnati male sia i tapponi che le tappine, quindi non c'è filosofia che tenga. Poi il Giro è sempre il Giro, quindi ci proporrà comunque una tappa nelle Marche dignitosa (non tutti quei GPM sono muri veri, ma comunque non sono nemmeno i cavalcavia visti a Jesi 2022 o Pesaro 2019), una bella accoppiata Forcola-Mottolino al termine di una tappa da 220 km e 5000 metri di dislivello che al Tour e alla Vuelta continuano a sognarsela (sempre che la neve non ci tolga pure questa) e un doppio Monte Grappa. Ma al netto di questo, inizia ad essere assai probabile che tra qualche settimana il Tour presenti un percorso migliore di quello del Giro, fatto che sarebbe incredibile e farebbe crollare anche l'attaccamento del pubblico sia italiano che straniero che era affezionato al Giro per la durezza e la varietà dei percorsi (basti farsi un giro su internet per verificare).
Cosa può giustificare tutto ciò? Aver convinto i più forti corridori del mondo (si parla di Pogačar e Van Aert intanto) a venire al Giro. Se questo accadrà, quantomeno questa forma di prostituzione ci consentirà di avere una startlist composta dai corridori più eccezionali del momento che sarebbero in grado di animare anche il percorso più insulso, facendo sì che, per paradosso, questo percorso favorisca effettivamente lo spettacolo. Ma se certi nomi evitassero il Giro come la peste per l'ennesima volta, RCS a togliersi le mutande si ritroverebbe con un pugno di mosche in mano, un percorso orrendo e un'identità buttata nel cesso. A noi non interessa affondare nessuno, la nostra speranza (probabilmente vana) è sempre stata che il Giro potesse veramente conquistarsi un suo spazio. Ma una volta venduta l'anima, c'è da sperare solo che non l'abbia acquistata il primo che passa, ma che se la sia presa un buon acquirente. Va detto subito che Pogačar si trovava a Trento pochi giorni fa proprio come ospite del Festival dello Sport ed era nell'aria che un'eventuale sua partecipazione sarebbe stata ufficializzata proprio ieri. Questo non è avvenuto, quindi non resta altro che pregare. Speriamo tra qualche mese di non finire come Benigni e Troisi.
P.S: L'evento di ieri avrebbe dovuto essere anche la presentazione del Giro d'Italia Women, cosa che evidentemente non è stata, al netto di quello che hanno voluto farci credere. Se noi stessi avevamo colto i tanti lati positivi dell'acquisizione del Giro Donne da parte di RCS, vedere che a fronte di una data annunciata sono riusciti a mostrarci solo una bozza del trofeo (che ancora deve essere rifinito) e nemmeno uno straccio di percorso è stato abbastanza sconcertante. Ma anche qui il nostro augurio è che il Giro d'Italia Women possa avere un successo straordinario: noi ci crediamo; gli organizzatori, forse, un po' meno.