La montagna di Giove, Napoleone e Gaul
L'Almanacco delle salite fuggenti si veste di rosa e dedica due puntate al Giro: si parla oggi del Gran San Bernardo, Cima Coppi 2023 (forse), dove Gaul costruì il suo secondo successo in rosa nel '59
Che la storia del Giro d'Italia sia legata a doppio filo con quella delle sue salite è cosa nota e già lo abbiamo più volte dimostrato con questa rubrica. Poi capita che la storia faccia il suo corso e si dimentichi da dove viene. In questo caso ci addentreremo nella storia ad alta quota del Giro, la storia della Cima Coppi prima che la stessa Cima Coppi venisse istituita. È la storia della Corsa Rosa che insegue il Tour de France nella corsa verso il cielo, con la Grande Boucle che già nel 1911 aveva raggiunto il Galibier ad oltre 2600 metri di altitudine e nel 1938 aveva percorso anche il Col de l'Iseran, il colle più alto d'Europa con i suoi 2764 metri (2770 per i più ottimisti), la cui strada era stata inaugurata soltanto un anno prima. Nel 1940, a pochi giorni dall'entrata in guerra dell'Italia, il Giro scopre il Pordoi, nuova vetta più alta ad essere stata conquistata, ma ancora oltre 500 metri troppo in basso. Nel 1949 è la mitica Cuneo-Pinerolo a battere il record, ma - ironia della sorte - il punto più alto sta proprio in Francia ed è il Col de l'Izoard. Oggi, nell'epoca in cui è il Giro a difendere i tapponi dall'avanzata delle tappine e i mostri sacri dalle rampe da garage, pare incredibile pensare che all'epoca per certi versi fosse tutto alla rovescia.
Per il successivo appuntamento con la storia Vincenzo Torriani sceglie il Colle del Gran San Bernardo, a tutti gli effetti un'avventura inedita per il Giro che non aveva mai scalato un gigante di queste proporzioni: 2000 metri di dislivello da superare in circa 35 km dal versante italiano ed oltre 40 da quello svizzero. Un gigante nobilissimo, associato ad alcuni punti fermi della nostra cultura molto più che al ciclismo, che si porta dietro un'identità pesante, almeno quanto è pesante la pedalata di chi prova a scalarlo.
Chiunque abbia aperto qualche libro in vita sua avrà visto il celebre ritratto dipinto da Jacques-Louis David che vede Napoleone Bonaparte entrare in Italia dal Gran San Bernardo, prima di sconfiggere gli austriaci nella battaglia di Marengo. Ben prima di Napoleone, nel 990, era passato di qui Sigerico, appena eletto vescovo di Canterbury, mentre si recava a Roma per ricevere il pallio dalle mani del papa: ci ha lasciato l'elenco scritto delle tappe del suo viaggio su cui oggi si basa il percorso ufficiale della Via Francigena. Pochi decenni dopo, nel 1050, vi transita Bernardo di Aosta, fondatore dell'ospizio che tuttora sbarra il valico (nonché di quello quasi speculare che si trova sul Piccolo San Bernardo); è proprio a questo fatto che è legato l'attuale nome del passo, prima conosciuto in latino come Mons Jovis, la montagna di Giove, re di tutti gli dei. In fondo non c'è posto migliore per fondare un ospizio se non a cavallo di una montagna arcigna e spaventosa, la quale (come abbiamo appena visto) non ha mai incusso abbastanza timore all'essere umano che l'ha ripetutamente scalata dalla notte dei tempi; e a proteggere i viandanti dall'ira di Giove era proprio l'ospizio, da cui i monaci partivano anche per recuperare dispersi, aiutati dal miglior amico dell'uomo: il cane, nella fattispecie il San Bernardo.
Già non c'erano dubbi sulla straordinaria mole materiale e significante di questo passo. E non è un caso che a battezzare il primo passaggio sia del Tour che del Giro ci abbia pensato niente meno che Gino Bartali: nel primo caso si trattava della Grande Boucle del '49 dominata da Coppi e dallo stesso Bartali, primo e secondo sul traguardo di Parigi; nel secondo era il ’52 e Bartali transitò in testa punzecchiando Coppi, che sembrava già avere il Giro in tasca (come poi fu), a poche settimane dal mitologico passaggio della borraccia avvenuto sul Galibier.
L'altimetria della S.Vincent-Verbania al Giro 1952 © www.ilciclismo.it
La scarsa fama del Gran San Bernardo è forse dovuta all'incombente presenza del Passo dello Stelvio nel percorso del ‘53: più alto, più duro e più italiano, nonché teatro di una delle ultime grandi imprese di Fausto Coppi, lo Stelvio era destinato a restare impresso nella mente di tutti. Il Gran San Bernardo ha continuato però ad apparire più volte nel percorso del Giro, legandosi innanzitutto al nome di Charly Gaul: non è certo un caso che lo scalatore lussemberghese, l’Angelo della Montagna, dopo aver domato il Bondone sotto la bufera abbia scelto la montagna sacra a Giove per attaccare gli avversari. Già è così nel 1957, nel corso della breve tappa da Saint-Vincent a Sion che veniva spaccata in due dal passo italo-elvetico, ma senza raggiungere esiti concreti. Diverso il discorso per il 1959: il Giro sta per finire e al penultimo giorno è in programma una tappa che sfiora i limiti dell'assurdo, una delle idee più folli di Torriani, che decide di collegare Aosta e Cormayeur girando intorno al Monte Bianco; sul tavolo ci sono 296 km con 5 salite per un totale di oltre 5500 metri di dislivello. Anquetil ha quasi 4' di vantaggio in classifica, ma Gaul è l'uomo delle sfide impossibili e inizia ad attaccarlo fin dalla prima salita che era appunto il Gran San Bernardo.
Un inserto della pagina dedicata al Giro di Stampa Sera del 5 giugno 1959 © www.archiviolastampa.it
Fino a Bourg-Saint-Maurice sono ancora assieme, ma la tattica di Gaul sta per mostrare i suoi frutti: Anquetil salta d'improvviso e su una salita pedalabile come il Piccolo San Bernardo finisce per perdere 6'; poi ci si mette anche la sfortuna, forse su ordine di Giove, e il francese fora tre volte in discesa, arrivando a 9'48" e rischiando di scivolare addirittura al 3° posto in classifica.
L'altimetria della Aosta-Courmayeur al Giro 1959 © www.ilciclismo.it
Il Gran San Bernardo è il teatro perfetto per i grandi scalatori almeno per un'altra volta, quando nel 1963 un giovane Vito Taccone, salendo dal versante svizzero frantumerà il gruppo dei migliori, restando prima solo, poi proseguendo in compagnia di un manipolo di uomini tra cui la maglia rosa Balmamion, a caccia del secondo succeso consecutivo alla Corsa Rosa; l'abruzzese vincerà a Saint-Vincent la quarta tappa consecutiva, un filotto che resterà per sempre nella storia del ciclismo, ulteriormente arricchito qualche giorno dopo da un quinto successo a Moena, nel giorno della “Cavalcata dei Monti Pallidi”.
Dopodiché col passare degli anni la salita è stata dimenticata dal ciclismo, con il Giro che vi è transitato quasi sempre attraversando il traforo. Per il Giro in partenza oggi è previsto il passaggio in vetta con tanto di Cima Coppi in una delle giornate più spettacolari, ma la neve minaccia la corsa di dover nuovamente transitare in galleria. Comunque vada, sarà il colle di apertura di una tappa durissima e, anche se dovesse essere mozzata, la salita sarà lunga una trentina di km. Certo, è difficile credere che qualcuno possa andarsene già a 110 km dal traguardo; ma Gaul ci insegna che attaccando sul Gran San Bernardo, forse si riesce a staccare Anquetil (o chi per lui) sull'ultima salita.
L'altimetria della Borgofranco d'Ivrea - Crans Montana che si corre il prossimo 19 maggio