Henok Mulubrhan festeggia il successo al Tour of Qinghai Lake 2023 © Adrian Hoe
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Mulubrhan fa la Rivoluzione: suo il Tour of Qinghai Lake 2023

Si conclude il diario del nostro inviato. Il successo di Henok sul filo dei centesimi, l'inventiva del ds Luca Amoriello, il tentativo della Corratec-Selle Italia. E infine la Cina, quella lontana da noi, quella vicina all'essere noi

dal nostro inviato

Perché guardarsi il Tour de France quando c'è il Tour of Qinghai Lake? Lo si diceva ironicamente nei podcast di Cicloweb prima che io partissi, e confesso che ascoltando mi sganasciavo (e lo faccio tutt'ora a pensare a come sono finito qui). “Mmm… aspetta, dove potrebbe mandare Cicloweb un inviato a luglio? Beh, ma al Tour of Qinghai Lake 2023, che domande”.

Arrivato al termine, beh, posso dirlo? Guardatevelo il Tour of Qinghai Lake. Lo so che c'è il Tour del duello stellare, ma magari qualche tappone di trasferimento dove distrarvi lo troverete, ormai fa troppo caldo lì in Italia anche per fare all'amore.

Vero che è difficile recuperare lo streaming... beh se non ci riuscite veniteci come inviati il prossimo anno, se ce l'ho fatta io può farcela chiunque. Vedreste biciclette forse meno costose di quelle che si vedono nelle gare amatoriali, vedreste Henok Mulubrhan ("Se vinci torni il prossimo anno?", gli ha chiesto Tom sul palco del foglio firma, e lui: “Ci spero”. Lo prendiamo come un sì). Henok, che già è un personaggio di suo, qui lo vedreste impegnato a sprintare come ieri contro un nazionale della Mongolia.

Vedreste gli occhi di ghiaccio dei norvegesi, le scarpe personalizzate di Lucas De Rossi (ma quante ne ha?), Timothy Dupont con la crema sulla faccia già abbronzata come gli alpinisti. Lo conoscereste, Tim, rimanendo basiti dalla sua tranquillità disarmante e dall'affabilità di chi ti saluta come il vicino di casa che incroci la mattina presto sul pianerottolo. Sentireste Davide Baldaccini parlare in inglese con l'accento della Val Brembana.

Vedreste i corridori delle Continental senza un abbinamento scarpe-calzini uguale all'altro, gli Indonesiani a 28 gradi con i manicotti, e gli ABLOC, mamma mia gli ABLOC, sembrano maturandi in gita scolastica, una compagnia di adolescenti al tavolo dell'Oktoberfest, Van den Broek è un sedicenne, chiaro che mente sull'età per poter ordinare alcolici, qualcuno gli dica che i numeri pinzati sulla schiena ormai sono sfilacciati, ma poi, sempre gli ABLOC, hanno il cambio Ultegra ("It's cheaper"), e qualcuno ha una timida bottiglietta ghiacciata nella schiena, a imitare i giubbetti di ghiaccio dei colleghi del Tour.

Ancora, vedreste a bordo strada migliaia di poliziotti schierati per centinaia di chilometri che sorvegliano la strada fermi a fissare letteralmente il deserto, una siepe, un muro a secco, ma loro lì, fermi per ore, devono aver ispirato loro Dino Buzzati. Vedreste una corsa quasi sempre tra i tre e i quattromila metri, i fotografi cinesi che si fermano sui Gpm a far alzare i droni, poi uno casca nella valle, e tutti giù a cercarlo. Vedreste una corsa a tappe che si decide all'ultimo sprint, nemmeno del gruppo di testa, sì, non sarà la prima volta che capita, ma così non l'avevo mai vista.

Parlereste con il capitano della Green Project, Henok Mulubrhan, che continua a dire che spera di vincere, ma come farai Henok, avevi solo una salita ai -40 ieri per attaccare, hai staccato tutti i rivali tranne Eric Antonio Fagundez della Burgos-BH, bravo lui, ti mancano tre secondi (a pari merito vincerebbe Henok per i piazzamenti), oggi è un'impresa, sei veloce ma come li prendi? Mica te li lasceranno su un piatto d'argento, serve tanta intelligenza e tanta fortuna. L'8 è il numero fortunato per eccellenza in Cina: 8 sono le tappe del ToQL, con la password 88888888 ti connetterai a quasi metà delle Wi-Fi (sì, perché poi devi essere molto fortunato a sperare che funzionino), i numeri delle stanze in albergo cominciano tutte per 8. Nessuno è partito con questo numero al ToQL, ma la Green Project ha i numeri dall'81 all'87. Se non credi nella fortuna, vuoi quantomeno non essere ottimista?

Devo inventarmi qualcosa” ha detto ieri Luca Amoriello, il DS della Bardiani, guardando il profilo di tappa, “me ne restano cinque, Tarozzi non al massimo, ma ci proviamo”. Piano A: tenere la corsa chiusa fino al primo traguardo volante con abbuoni (3", 2", 1"), che già è dura, e poi sperare che nessun velocista puro batta Henok. Se va male Piano B: riprovare a chiudere e provarci su uno degli altri due traguardi con abbuoni. Piano C: provare a entrare nei tre della volata finale (abbuoni di 10", 6", 4"), ammesso di arrivarci.

La tappa parte da Gonghe e arriva a ChakaI, un complesso turistico che dà su un lago salato che si sta disseccando, una triste meraviglia. I primi 80 Km, come previsto, sono un delirio, la Corratec-Selle Italia ieri è scesa dal podio con Davide Baldaccini, ma lui e Marco Murgano sono ancora in classifica, oggi non hanno niente da perdere, dopo sei km portano via un gruppo di venti: c'è Mario Aparicio (Burgos-BH), terzo in classifica, Davide Baldaccini, quarto con due compagni, Óscar Sevilla (Medellín-EPM) sesto, Roniel Campos (Li Ning Star) settimo. Hanno più di un minuto, sono venti contro ottanta, c'è aria di ribaltone, ma la Green Project e la Burgos BH ce la mettono tutta, la media corsa dopo 70 km, quando avviene il ricongiungimento, è già di quasi 50 km all'ora, ma subito riparte James Oram (Bolton Equities Black Spoke), seguito prontamente da Murgano, e addio piano A per la Bardiani, o meglio, non del tutto, si può prendere un secondo: “Tirate per Henok”, dice Amoriello ad Alessio Nieri, già stanco in quanto parte dal primo tentativo: “Ma sono già a tutta”, risponde Nieri, “Voi tirate” insiste Amoriello.

Per la volata Mulubrhan ha i buoni uffici del velocista di punta Bardiani, Enrico Zanoncello, e con il terzo posto quel secondo di abbuono arriva. Ne mancano due (due secondi e due traguardi): giù di nuovo a riprovarci per il prossimo, ma contenere tutti è impossibile, ripartono Óscar Sevilla e Mario Aparicio con Jelle Johannink (ABLOC) e si uniscono Oram e Murgano. Hanno un minuto e mezzo di vantaggio e si pappano i due sprint, addio piano B. Ai -30 si rialzano tutti tranne Murgano: la Corratec, fino ad allora sulle ruote, non aspettava altro, e attacca in blocco ancora con Baldaccini, poi con Lorenzo Quartucci e Stefano Gandin, spezzando il gruppo. Con loro resta anche lo spauracchio Tim Dupont (Tarteletto-Isorex). "Grande è la confusione sotto il cielo", diceva Mao Tse-Dong “quindi la situazione è eccellente”: ora è il momento per la Corratec di tentare la Rivoluzione.

Mulubrhan è solo quando anche gli ultimi compagni Nieri e Riccardo Lucca si rialzano, e deve collaborare con la Burgos: sono in 14 davanti, ormai impossibili da prendere, bisogna almeno evitare che Murgano e Baldaccini facciano il ribaltone, addio piano C. Davanti, ai -8 escono Luke Mudgway (Bolton) e Victor Ocampo (Medellín), ma dietro li hanno tenuti a portata: Willie Smit (China Glory) lancia la volata e Tim Dupont parte lunghissimo e vince su Ocampo e Mudgway, quarto Smit.

Mulubrhan ha esaurito tutti i piani, per vincere la generale dovrebbe andarsene da solo e staccare Fagundez, che ha anche due compagni di squadra: gli sono tutti addosso, non esiste un piano D, ormai va bene aver difeso il secondo posto. Prendere due secondi di vantaggio così su un rettilineo è impossibile, mai nella vita, non dopo quattro ore a 50 km/h, ma neanche in un videogame, non funziona così il ciclismo, ormai è andata, se uno partisse lungo anche il peggiore sprinter gli prenderebbe la ruota e lo brucerebbe.

Il campione africano non può fare altro: parte ai 500 metri, la mossa della disperazione, è una furia, Fagundez non riesce a tenergli la ruota. Henok ha del margine, c'è luce, ma alla fine si deve sedere, e arriva stremato. Anche Fagundez si siede ed alza un braccio esultante. Al traguardo ci guardiamo: ma quanto era il gap? Magari ha vinto? No, di un soffio, incredibile, gli avrà preso un secondo. Vado alla tenda delle premiazioni, c'è Mulubrhan che arriva solo, guarda in terra, gli sorrido, vorrei dirgli che ha fatto una corsa pazzesca comunque, lui tira un mezzo calcio alla sedia che ha davanti, meglio girare al largo.

Arriva Fagundez e si siede al posto del vincitore, ma arriva anche il responso: il leader della generale è Henok Mulubrhan. Il gap al traguardo era di 1.3", arrotondati fanno 2", ha vinto lui il Tour of Qinghai Lake 2023, la speranza era ridotta al lumicino, ma ora la Rivoluzione è conclusa. Secondo posto per Fagundez a pari tempo, terzo e quarto Baldaccini e Murgano.

C'è una parola in Cina, che fa parte della cultura cinese dai tempi di Confucio: Fuqiang, che si traduce più o meno con “prosperità e potenza”, forse la parola migliore per descrivere la corsa di Henok Mulubrhan, ma anche il leitmotiv della narrazione che la Repubblica Popolare Cinese fa di sé: essere un popolo prosperoso e potente.

Ero arrivato basito da come la Cina sembrasse vivere in un altro mondo, guardando solo a se stessa, e che tanto meno avesse a che fare con “noi”, me ne vado comprendendo un po' di più di come non ci sia così estranea. Quando nel gennaio 2020 leggevamo i report sull'epidemia di Sars-Cov-2 ci sembravano narrazioni distopiche, mai avremmo immaginato che nell'arco di un mese e mezzo ci saremmo trovati sostanzialmente nella stessa situazione.

L'idea di nazione, di assimilazione delle minoranze, le politiche di sviluppo, le contraddizioni che vengono “armonizzate”, i cambiamenti climatici, sono trasformazioni che non vanno per nulla in direzioni opposte a quanto succede da “noi”, semplicemente qui sono ampliate a dismisura, ma come mi succede passeggiando sul lago Qinghai (e in qualsiasi altro lago) guardandolo da vicino non ci vediamo che la nostra immagine riflessa. Marco Bellocchio titolò un suo capolavoro “La Cina è vicina”, in questi giorni non ho potuto che constatare quanto non sia tanto lontana dall'essere noi.

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