
Una Milano-Torino alla scoperta del JCL Team Ukyo, tra sogni, ambizioni e tanta passione
Amabili chiacchiere con il general manager della formazione giapponese Alberto Volpi: "Il Tour è un sogno. Scoviamo giovani talenti giapponesi"
La stazione di Sassi, punto di partenza del trenino per la Basilica di Superga, si riempie di folla nel giorno della Milano-Torino, la classica ciclistica più antica al mondo. Sul piazzale antistante, studenti della scuola internazionale, cicloamatori e semplici appassionati di ciclismo si concedono una pausa, mescolandosi a turisti un po’ spaesati nel ritrovarsi lungo il percorso di una gara storica.
A lato della stazione, l’area parcheggio ospita gli imponenti e colorati pullman delle squadre, allineati in due lunghe file. Tra di essi spicca, quasi fuori posto, un piccolo camper bianco affiancato da un furgoncino. Non si tratta di un’intrusione in un’area riservata, bensì della base operativa di una squadra: la JCL Team Ukyo, una continental giapponese fondata dall’ex pilota di Formula 1 Ukyo Katayama. Sul sito ufficiale della squadra si legge: “Il JCL Team Ukyo annuncia la sua ambizione di diventare la prima squadra giapponese non solo a competere nel Tour de France, ma anche a raggiungere il podio”.
Un sogno chiamato Tour de France
Il cammino verso gli Champs-Élysées è lungo, ma conoscendo la determinazione del Giappone, non sembra un semplice proclama. Alberto Volpi, General Manager del team, da uomo di sport è più cauto: sa bene quanto sia difficile accedere alla corsa a tappe più prestigiosa al mondo, un percorso che richiede piccoli passi e una crescita graduale – “come quella fatta in questi anni dalla Uno-X” –, commenta. E conclude: “Per ora è un’utopia!”.

Nonostante gli impegni, Volpi si dimostra gentile e disponibile a scambiare qualche parola con me. Non si ferma un attimo: organizza la logistica della squadra, smonta le antenne radio dalle auto, sistema i bagagli, si prende cura dei suoi ragazzi e saluta tutti. È un pesce nel suo acquario.
Gli spiego che non sono un giornalista, ma che la mia curiosità nasce dall’interesse per questa presenza “esotica” nel ciclismo, frutto di un ingenuo fascino per il Giappone. Da anni assistiamo alla globalizzazione del ciclismo e la vittoria di un messicano, Isaac Del Toro, alla Milano-Torino di quest’anno ne è un’ulteriore conferma.
In Giappone il ciclismo è legato soprattutto alla pista: il nome di Kōichi Nakano, dieci volte campione del mondo nella velocità, è leggenda. Sulla strada, invece, i corridori nipponici non hanno mai avuto un ruolo di primo piano. Volpi stesso fatica a spiegarne il motivo, pur riconoscendo che in Giappone la corsa di endurance, come la maratona, è vissuta con devozione. “La mia missione è scoprire giovani talenti giapponesi”, dice sorridendo. Sembra sinceramente entusiasta di questa sfida, come se intravedesse nel popolo che sta imparando a conoscere un’affinità profonda con lo sport che ama.
Avere un ex pilota di Formula 1 come CEO è insolito, quindi gli chiedo cosa abbia portato dal suo mondo Katayama al ciclismo. La risposta mi sorprende: “La passione per la bicicletta”. Volpi racconta di aver conosciuto Katayama durante un Giro d’Italia, quando lo ospitò in macchina per una tappa. Da quell’incontro è nata l’attuale collaborazione, che dall’esterno appare solida e ben riuscita. Aggiunge, “L’ho conosciuto che aveva ancora i capelli neri!”.

La JCL Team Ukyo corre con biciclette europee, Factor, e ciclocomputer cinesi, iGPSport. È una squadra aperta a collaborazioni internazionali, ma con radici ben salde in Giappone: “Il grosso degli sponsor è nipponico, ed è lì che si concentra l’interesse del team”, spiega Volpi. Viste le potenzialità economiche delle aziende giapponesi, comprendo il suo ottimismo.
Concorrenza con la Cina? No, tutta l'attenzione è sul progetto Ukyo
Con un pizzico di malizia, gli chiedo se l’ingresso della Cina nel World Tour, con il Team XDS Astana, venga percepito più come uno stimolo o come una rivalità. Volpi scuote la testa e risponde che i suoi datori di lavoro sono persone concrete e razionali: non si preoccupano della concorrenza, se non dal punto di vista sportivo, e sono concentrati solo sul loro progetto.
Mentre le altre squadre si affrettano a rientrare in albergo o nei rispettivi quartier generali, nell’accampamento della JCL Team Ukyo si respira un’atmosfera serena e familiare. I corridori chiacchierano tra loro con tranquillità e, quando una passante giapponese li saluta nella loro lingua con un tradizionale inchino, i loro volti si illuminano in un grande sorriso.
Il team è composto da diversi atleti giapponesi, tra cui il campione nazionale Marino Kobayashi e il veterano Masuda Nariyuki, 41 anni, protagonista di una fuga alla Milano-Torino 2025 e terzo ciclista più anziano della storia della corsa dopo Rebellin e Valverde. Su dodici corridori in squadra, ben quattro sono giovani italiani: D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani. Eppure, pur con un organico così ridotto, la piccola continental giapponese si trova al 35º posto del ranking UCI, superando anche alcune squadre Professional. “Un ottimo risultato, considerando il budget attuale”, commenta Volpi.
I lunghi pullman delle squadre sono ormai spariti, e anche il piccolo camper bianco della JCL Team Ukyo è pronto a partire. Volpi mi saluta cordialmente: il suo atteggiamento sereno e determinato è contagioso, e si percepisce il piacere di far parte di questo grande circo chiamato ciclismo. Anche in corsa, i suoi ragazzi mi sono sembrati determinati, ma sempre con un sorriso sulle labbra. Forse, chissà, stanno già sognando il Tour de France.