Bevilacqua: «Le classiche del nord sono il mio sogno»
Intervista al vicentino della Neri Sottoli-Selle Italia-KTM, vincitore di tappa al Tour de Langkawi
Il mese di aprile ha regalato tante belle soddisfazioni ai corridori italiani con numerosi successi in gare internazionali del calendario UCI. Proprio in queste ultime settimane c'è stato anche chi ha conquistato la prima vittoria da vittoria da professionista: uno è stato il toscano Alberto Bettiol che ha stupito tutti conquistando da campione il Giro delle Fiandre e che abbiamo imparato a conoscere meglio proprio grazie al successo strepitoso, ma solo pochi giorni dopo è riuscito a trovare la prima gioia nella massima categoria anche il 22enne vicentino Simone Bevilacqua, andato a segno nella settima tappa del Tour de Langkawi in Malesia.
Il giovane alfiere della Neri Sottoli-Selle Italia-KTM è sicuramente meno conosciuto al grande pubblico anche se vanta buoni trascorsi giovanili: nel 2015 al secondo anno da juniores, infatti, è stato campione italiano a cronometro e medaglia d'argento della prova in linea. Nato il 22 febbraio 1997 a Thiene ma residente a Marostica, Bevilacqua da dilettante ha fatto un anno alla Colpack ed un anno alla Zalf, dove quattro vittorie gli hanno dato la possibilità di approdare al professionismo nel 2018 proprio con il team di Angelo Citracca e Luca Scinto: questo è quindi il suo secondo anno tra i grandi ed in occasione della sua seconda partecipazione al Tour of Turkey, abbiamo avuto la possibilità di scoprire qualcosa di più sulle caratteristiche di questo corridore che ha portato la terza vittoria del 2019 alla sua squadra dopo il doppio successo di Simone Velasco in Italia.
Partiamo dalla vittoria in Malesia, te l'aspettavi?
«È stata una vittoria inaspettata, anche perché sono arrivato in Malesia con solo i cinque giorni di corsa del Tour of Taiwan. Sentivo comunque che la gamba iniziava a girare, due giorni prima ero lì per fare la volata ma ho forato, poi ho iniziato a fare tredicesimo e quindi è arrivata la giornata giusta. Lì sono stato anche un po' furbo, il gruppo ha avuto un attimo di esitazione per colpa di un cane e sono partito secco senza pensarci»
Come caratteristiche, sul passo te la cavi, allo sprint sei veloce ma non velocissimo...
«Le vittoria che ho fatto su strada sono sempre arrivato da solo. Lo sprint puro non è molto adatto a me, ma ho quella volata lunga che riesco a mantenere per 300-400 metri come mi è bastato lì in Malesia»
Per il futuro, ti vedresti quindi come un vagone del treno di un velocista?
«Sì, alla fine anche l'anno scorso che avevamo Mareczko già aiutavo la squadra a tirargli le volate. Ma anche negli scorsi da dilettante facevo praticamente da ultimo uomo, lo stesso anche da juniores con Marchetti che adesso ho ritrovato qui con me alla Neri Sottoli-Selle Italia-KTM. Poi magari a volte mi inventavo di andare via da solo e mi andava bene: devo dire che è forse il tipo di vittoria che dà più emozione, vedere uno contro tutto il gruppo con il cuore in gola. Però devo dire che mi piacciono il pavé e gli sterrati, sarebbe bello in futuro fare una delle grandi classiche del nord: mi sento adatto a quelle gare, l'anno scorso in due o tre gare lì in Belgio mi gasavano proprio quei percorsi. Io sono stato fortunato perché il pavé l'ho assaggiato già da dilettante con la Colpack e non da tutti: è dura, ma sai che su quelle pietre ci sono passati tutti i campioni, veramente lì c'è il ciclismo sopra ad ogni cosa»
Il tuo primo anno da professionista come lo giudichi?
«Nel primo anno ho raccolto tanta esperienza e sinceramente non mi aspettavo tanto perché comunque sono giovane e qua c'è un altro ritmo. È stato un anno che mi è servito molto per maturare come corridore»
In questa prima parte di carriera hai già viaggiato molto per il mondo. Pensi che queste corse "esotiche" possano aiutare un corridore giovane nella transizione da dilettante a professionista?
«Eh sì, ho girato molto... fuori dall'Europa ho fatto Cina, Corea, Dubai, Taiwan, Gabon e Turchia. Sono corse interessanti, anche perché comunque vai là e ovviamente non c'è il ritmo che trovi in Europa, da noi logicamente è più alto: però se ti senti bene e vedi che vai forte, magari riesci anche a fare qualche bel risultato, e ti dà grande morale per allenarti e affrontare il resto della stagione. Invece in Europa magari il primo anno prendi batoste sempre, ma comunque servono anche quelle. Comunque è sempre ciclismo anche lì in Asia, ma queste trasferte lunghe sono difficili mentalmente più che fisicamente perché stai fuori a lungo, l'anno scorso ho fatto più di 50 giorni tra Cina e Corea. Lì ci sono giornate intere dedicate ai trasferimenti, e poi il mangiare... non si mangia come da noi, in Italia siamo abituati troppo bene!»
C'è qualche corsa che ti è rimasta più impressa della mente rispetto ad altre?
«L'anno scorso ho fatto il Dubai Tour e mi ha colpito molto, è davvero bello. Ma anche il Giro di Turchia, con altre temperature rispetto a quest'anno, è una gran bella corsa. Certo, quest'anno non me l'aspettavo di trovare la neve. O meglio, ce l'aspettavamo alla vigilia, ma sono arrivato in Turchia direttamente dai 40 grandi Malesia e nel finale della quinta tappa eravamo sotto lo zero. È strano passare in pochi giorni da non avere neanche la canottiera sotto la maglia, a mettersi tutto l'abbigliamento pesante, ma è un'esperienza anche questa perché anche al Giro d'Italia o al Tour de France capita ogni tanto di trovate delle tappe molto fredde in montagna e bisogna abituarsi anche a questo»
Adesso cosa prevede il tuo programma per questa stagione?
«Purtroppo la nostra squadra non è stata invitata al Giro d'Italia e anche come alternative non c'è molto in quel periodo, ma dobbiamo sempre farci trovare pronti. Adesso saremo al Gran Premio di Francoforte il primo maggio, poi dopo questo bel blocco di corse ci vuole un po' di riposo e poi ripartirò a fine maggio, o in Albania o forse in una corsa nuova in Cina».