Farsi Monaco
Partire dal profondo sud per tentare l'avventura del professionismo: questa è la storia del pugliese Alessandro Monaco, che nel frattempo si sta anche laureando in giurisprudenza
A Riccione il mattino ha l'aria frizzante delle brezze marine, in una primavera che ha appena rifatto il suo ingresso sulla scena e che, pertanto, reca senza alcuna fretta il suo tepore. L'ampio parcheggio, a due passi dal mare, comincia a riempirsi di voci, suoni, veicoli in manovra. Piccoli tran tran che s'accompagnano a saluti amichevoli, sguardi già ben svegli e gambe che scalpitano. Parte da lì, da quegli spazi vicini al lungomare, l'avventura della Settimana Coppi&Bartali. Viaggio che può apparire in miniatura come la celebre Italia da visitare poco più in là, a Rimini, e che invece ti porta nel cuore della Romagna e poi nell'Emilia. Dalla pianura alle colline che già guardano ai monti, con fiere e irte pendenze.
Alessandro Monaco giunge in bicicletta assieme ai compagni, completando la sgambata di rito prima della partenza. Giunge con la tranquillità di chi sa il fatto suo e si mostra fiducioso per l'imminente avventura. Una di quelle avventure in cui tanti piccoli Davide si trovano a scontrarsi con i Golia delle formazioni World Tour, anche se tutto appare lontano da quei clamori che, per certi versi, finiscono pure per risultare agognati. Del resto si cerca sempre il meglio, no? Alessandro poi l'Emilia-Romagna se la trova intessuta sulla divisa, essendo divenuto uno dei corridori maggiormente da seguire del Team Technipes #inEmiliaRomagna e che quindi, per forza di cose, a determinati scenari finisce per abituarsi e portarli anche un po' nel cuore.
In fin dei conti Alessandro Monaco di strada ne ha sempre fatta tanta, specialmente in quei momenti in cui dalla natia Puglia doveva partire per delle lunghe trasferte in cui si rientrava a casa anche dopo le tre del mattino. Oppure quando finalmente il momento di lasciarla la propria casa per poter inseguire e poi vivere il sogno del professionista era arrivato. Eppure a lui le cose sono andate anche meglio rispetto a vari corregionali, essendo riuscito a correre con una squadra della propria regione (il Convertini Junior Team) anche da juniores, categoria nella quale in tanti cominciano a capire per davvero cosa voglia dire dover viaggiare autonomamente per poter gareggiare. Da Grottaglie, lì dove le Murge cominciano a farsi pronunciate e dove è cominciato pure il suo percorso ciclistico, cominciava ad aprirsi un mondo che s'inoltrava magari nella Valle d'Itria, verso altre colline che guardano il mare e che, a lungo andare, ti trasformavano in ragazzino innamorato dei percorsi duri, delle pendenze più aspre. In poche parole: uno scalatore. Fa strano (e per certi versi crea anche rammarico) sentire di un corridore pugliese al giorno d'oggi. Sapere che poi è anche uno scalatore equivale quasi ad aver a che fare con un personaggio approdato da chissà quale mondo lontano.
Eppure in Alessandro Monaco nulla appare troppo astruso, troppo insolito. Sulla bicicletta ha imparato presto ad andar forte e a staccare i suoi avversari quando la strada iniziava ad inerpicarsi. Si è guadagnato così le convocazioni in nazionale, ha ottenuto così più che lusinghieri risultati (la vittoria alla Tre Giorni Orobica e il podio sfiorato al Lunigiana e poi piazzamenti notevoli in tappe del Giro d'Italia Under 23 o del Giro della Valle d'Aosta, quando già indossava la casacca del Team Hopplà). Ha fatto il possibile quindi per meritarsi la chiamata nella massima categoria. Soltanto che questo può non bastare. Nel manicheismo eccessivo di un ciclismo come quello degli anni Venti del Duemila puoi ritrovarti in un attimo con un pugno di mosche, condannato a dover dimostrare ancora tutto su quella strada in cui serve anche la dovuta dose di fortuna per farsi Monaco. Due anni in Bardiani-CSF contrassegnati dal duro debutto esacerbato dalla pandemia e da soddisfazioni effimere; il passo indietro per provare a ritrovarsi nella Giotti Victoria e un'endofibrosi all'arteria iliaca da risolvere con un'operazione per tornare a sgambettare con gusto ogni volta che il percorso offra salite di una certa fattura; la nuova chiamata per rimettere finalmente i tasselli nel posto giusto e che nelle prime gare del 2023 hanno cominciato un poco a riassestarsi.
Ce n'è ancora molta di strada da fare, magari riuscendo intanto anche a regalare qualcosa, in termini di esperienza, a chi si approccia ora al nuovo e difficilissimo mondo del professionismo. Se proprio non dovesse andare a buon fine col ciclismo, Alessandro ha comunque cominciato da un po' a sondare ulteriore terreno con lo studio: prima al Liceo Classico, poi presso la facoltà di Giurisprudenza (ad Urbino) con il traguardo della laurea ormai distante appena due tappe (ovvero gli esami rimasti). Ha sempre affrontato con determinazione quei sacrifici che magari altri ragazzi della sua terra non sono disposti a fare e che in tempi come questi avrebbero bisogno di trovare ulteriore e cospicuo incentivo da chi potrebbe far emergere decisamente di più il ciclismo in tante realtà di un Sud che avrebbe molto da offrire sotto tutti i punti di vista.
La partenza della tappa s'avvicina e Alessandro si avvia lungo il viale, ancora rinfrescato dalla brezza mattutina. Tanti, come sempre, saranno i chilometri da percorrere. Tanta la voglia di riuscire a far bene e di poter liberamente mostrare quelle doti da grimpeur quando la strada sale. Sperando che possa essere la volta buona. Sperando, per una volta, che sia l'abito a fare il Monaco.