Grace Brown è diventata presidente del TCA dopo il ritiro ©The Cyclists' Alliance
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The Cyclists' Alliance, una voce per il ciclismo femminile. "Il gap tra WT e Continental è sempre più ampio"

Intervista a Deena Blacking, Program Manager del sindacato indipendente di cui Grace Brown è presidente. Una panoramica sui loro progetti e sulla situazione mediatica e di sicurezza nel ciclismo femminile

06.03.2025 16:20

Dopo essersi ritirata dalle corse al termine della scorsa stagione, Grace Brown è rimasta nel mondo del ciclismo come nuova presidente di The Cyclists’ Alliance (TCA), succedendo a Iris Slappendel. La campionessa olimpica e mondiale a cronometro è diventata la principale rappresentante di un sindacato indipendente di professioniste ed ex professioniste, fondata nel 2017, che offre supporto economico e legale a cicliste a tutti i livelli attraverso una serie di progetti. La nascita di TCA è precedente all'introduzione del CPA Women, e ha sempre sostenuto l'introduzione del minimo salariaiale per il World Tour, del congedo di maternità e di altre misure che hanno contribuito alla crescita del ciclismo femminile in questi anni di grandi cambiamenti.

Tra le iniziative principali figura il TCA Mentor Program, differenziato per le diverse fasi di carriera, per aiutare nella gestione di aspetti psicologici, di sviluppo personale e di comunicazione. Forma parte del Mentor Program anche il TCAMP Pre-Career x Strava Grant, un piano di finanziamenti in collaborazione con Strava per supportare le atlete emergenti a sostenere le spese necessari per arrivare al professionismo. Le barriere economiche sono la causa principale per i ritiri anticipati dal ciclismo fuori dal WWT: secondo il sondaggio annuale condotto dal TCA, nel 2024 il 27% delle atlete fuori dalle squadre di vertice non riceve nessun salario, mentre il 55% guadagna meno di 10.000 euro annuali. 

La parola chiave è fairness, l’obiettivo da raggiungere in un’epoca in cui le migliori del mondo iniziano a firmare i primi contratti milionari e grandi eventi come il Tour de France Femmes catalizzano l’attenzione mediatica e degli sponsor. “La priorità per i prossimi anni è riuscire ad avere un'unica voce come atlete, in modo tale da avere l'influenza per negoziare su tematiche che ci riguardano quando le cose si faranno difficili", dichiara Brown nel suo primo Q&A come presidente. “Grace ha appena iniziato, ma ha portato subito molte energie nuove”, dice Deena Blacking, Program manager di The Cyclists’ Alliance, a cui abbiamo rivolto alcune domande sui loro progetti e visioni future. 

Deena Blacking ©The Cyclists' Alliance
Deena Blacking ©The Cyclists' Alliance

The Cyclists' Alliance: progetti e obiettivi

Quali sono attualmente gli obiettivi principali del TCA? Che tipo di supporto offrite alle atlete?

“Una delle cose su cui ci è chiaro che possiamo aiutare molto è nella risoluzione di questioni contrattuali. Ad esempio, per atlete che hanno un infortunio e devono pagarsi assicurazioni e spese mediche che la squadra dovrebbe coprire, che non vengono pagate o che si trovano in squadre come la Zaaf (Continental spagnola chiusa a metà 2023) per le quali bisogna trovare un accordo con l’UCI per terminare il contratto in anticipo. Questo è il valore aggiunto più grande che offriamo: pagando 52 euro di membership annuale si può avere accesso a supporto legale illimitato

Stiamo lavorando per cambiare la nostra strategia e anche il nostro sito web. Siamo consapevoli delle diverse esigenze: chi corre nel World Tour spesso ha un agente e non ha bisogno di consigli legali, per cui stiamo rivedendo tutto e intendiamo aumentare il numero di iscritte, che attualmente sono più di un centinaio. Sappiamo che gli scenari sono diversi ora rispetto al 2017, ma possiamo comunque fare qualcosa di diverso per chi corre nel World Tour, mentre per le Continental non cambierà molto.”

Quanto è critica la situazione nelle squadre Continental rispetto alle World Tour?

“C’è un grosso rischio di avere un gap sempre più ampio all’interno del ciclismo femminile. Al momento, nelle corse 1.2 o 2.2 non ci sono norme precise che impediscano alle squadre World Tour di partecipare. Per squadre con budget e mezzi molto limitati e uno staff di due o tre persone, con atlete spesso non pagate e che a volte hanno anche un altro lavoro, diventa impossibile competere equamente. L’UCI si sta occupando molto del World Tour e ora delle nuove squadre Professional, ma non sta considerando la base. Parlando con un’atleta di una squadra Continental belga, mi ha detto che non vedeva un futuro nel ciclismo su strada, ma sarebbe diverso se le condizioni all’interno di queste squadre fossero migliori. Perdiamo moltissime atlete perché le situazioni che trovano all’inizio nelle Continental sono pessime.”

Quanta consapevolezza e conoscenza c'è all'interno del gruppo su quello che fate?

“Al momento stiamo tenendo degli incontri con le atlete per capire come migliorare quello che loro sanno di noi. Parzialmente è un nostro limite a livello comunicativo, anche le lingue sono una barriera. Ad esempio, sappiamo che nelle squadre italiane viene detto che bisogna far parte del CPA, e non arrivano nemmeno a sentir parlare di noi. La cosa che succede più spesso è che solo quando c’è un problema vengono a sapere del TCA da qualcuno che consiglia di rivolgersi a noi.”

Come funziona la comunicazione interna?

“Ci sono appena stati dei cambiamenti nel Riders Council (composto da 12 atlete in attività, tra cui Ally Wollaston e Alison Jackson), stiamo cercando di portare una partecipazione più diretta in quello che facciamo. Se vogliamo educare su un certo tema, per prima cosa vogliamo avere da loro un input per capire se stiamo dando le risposte di cui le atlete hanno bisogno. Anche nel board c’è un numero minimo di atlete o ex atlete: attualmente ci sono Ellen van Dijk, Leah Kirchmann e ovviamente Grace Brown.”

Media e sicurezza

Negli ultimi anni la visibilità del ciclismo femminile è aumentata notevolmente. Cosa possono fare i media per migliorare la qualità della copertura?

“Le corse in Australia non avevano una copertura live disponibile ovunque, in alcuni casi mancano ancora le basi. In Gran Bretagna guardare il ciclismo è diventato molto più costoso, e anche questo è un ostacolo. Pensiamo che una copertura mediatica di qualità sia quello di cui il ciclismo femminile ha ancora bisogno. Il Tour de France Femmes è un evento mondiale e genera grande engagement nei media sportivi, che porta a seguirlo come si potrebbe seguire un qualsiasi sport alle Olimpiadi per il modo in cui viene presentato, ma nel resto dell’anno il ciclismo non ha lo stesso appeal per gli sponsor. 

C’è bisogno di fare ancora molto per la visibilità del ciclismo femminile, anche per lo storytelling che ci gira intorno, per avere più icone di cui essere fan, così come avviene nel ciclismo maschile. In buona parte questo non riguarda solo il ciclismo, ma l’approccio generale verso lo sport femminile. Le squadre stanno investendo in questa direzione, curando di più il rapporto coi media e offrendo alle atlete una piattaforma dove raccontarsi anche dal punto di vista personale. Ad esempio, Alison Jackson è una grande personalità ed è in una squadra che lavora bene per vendere il ciclismo come qualcosa in più dei risultati delle corse. Credo che ci sia un miglioramento in questo senso, ma molto lento.” 

Alison Jackson ©EF Pro Cycling
Alison Jackson ©EF Pro Cycling

Pensi che i discorsi sulla sicurezza nel ciclismo considerino troppo poco le dinamiche specifiche del ciclismo femminile?

"Ci sono problemi simili nelle corse maschili e femminili, pensando a quello che era successo due anni fa al Tour des Pyrénées o qualche settimana fa all’Etoile de Besseges. In quel caso però la risposta dell’organizzazione era stata “Le ragazze dovrebbero essere grate del fatto che abbiamo organizzato una corsa”, e non “Se c’era un pericolo in corsa cercheremo di risolverlo”. I soldi sono principalmente nel maschile, se pensiamo al ciclismo come un prodotto e a chi corre come un prodotto, chi spende di più ha più da offrire a una corsa e quindi più potere e la sua posizione è più rilevante. Da quando è arrivato al CPA, Adam Hansen è stato molto propositivo e attivo su questo, ma tutto rimane sempre più rivolto al maschile. Ad esempio, UNIO (l’unione delle squadre femminili) non esiste più, e l’AIGCP dovrebbe occuparsi anche delle squadre femminili, ma la maggior parte dei membri proviene da squadre maschili, per cui l’attenzione è sui loro interessi.”

C'è discussione tra le atlete sulla possibilità di indossare maggiori protezioni in corsa? Eventualmente, qual è la vostra posizione sul tema?

“Onestamente non è qualcosa di cui abbiamo discusso particolarmente. Non siamo contrarie, ma quando parliamo di sicurezza parliamo più di come gestire problemi attuali più che di come si può innovare. Parlando di sicurezza in corsa, ci rendiamo conto che oggi ci sono più cadute rispetto a un tempo, quindi cerchiamo di tornare indietro e capire cosa c’era di diverso quando c’erano meno cadute. Le transenne sono sicuramente una delle cose più costose per l’organizzazione di una corsa, la sicurezza in generale è costosa, e alcuni organizzatori non investono sulle basi. Se vado su un campo di basket mi aspetto che le linee sono tracciate, che i canestri siano fissati e che le luci siano accese, e invece a volte nelle corse non ci sono cose basilari come un finale sicuro per gli arrivi in volata, ci sono macchine sul percorso o non c’è personale sufficiente per la scorta. Questo fa parte del senso comune, e credo vadano risolte ovunque queste problematiche prima di pensare a possibili protezioni quando avviene una caduta, rimuovendo i fattori che causano certi tipi di cadute.”

Il futuro del ciclismo femminile

Quali sono le prospettive per The Cyclists' Alliance e per il ciclismo femminile da qui ai prossimi anni?

“Speriamo che tutto continui a salire di livello. Cinque anni fa c’era appena un minimo salariale, oggi ci sono atlete che guadagnano milioni, e ci auspichiamo che il Women’s World Tour possa raggiungere standard di professionismo simili a quelli degli uomini, e crediamo nel potere che può dare un accordo per un contratto collettivo. Per chi corre nelle Continental vorremmo che il nostro team di legali non debba più essere attivo, che non siano in contatto con così tante atlete che non vengono pagate da mesi o che subiscono comportamenti inappropriati all’interno delle squadre, e che possano semplicemente andare a lavorare in sicurezza e pensare solo a correre in bici, sapendo che verranno pagate quando devono essere pagate. E in generale vorremmo che più persone guardassero il ciclismo: questo non lo possiamo controllare, ma lavoreremo con i media per aiutare ad alzare il profilo del ciclismo femminile. Il Tour de France e la Paris-Roubaix sono stati dei grandi eventi negli ultimi anni, e sarebbe una grande cosa se più corse potessero trasmettere questa sensazione ed essere prese più in considerazione.” 

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