14. Storia di una Velocità ignorata
Assegnati gli italiani di Velocità e Keirin con una partecipazione scarna. La Andreotti: «Felice per le riconferme, essere velocista è molto dura»
L’abbiamo fatto intendere già molte altre volte nei vari articoli scritti nel corso di questi anni: per dedicarsi alla velocità pura su pista in Italia occorre un pizzico di follia in più. Non tanto per l’aspetto incredibilmente adrenalinico che una simile e nobile specialità ultracentenaria riveste nel tempo: si è ormai considerati folli perché ci si ritrova a combattere, sostanzialmente contro tutto e tutti. Perché investire tempo, risorse e una dura preparazione per ritrovarsi spesso abbandonati a sé stessi da una federazione, troppo spesso incapace di fare una programmazione adeguata a lungo termine, facendo in modo che i talenti migliori non vengano dispersi ma affidati a tecnici adeguati e competenti del settore (leggasi: ex velocisti pistard di comprovata esperienza), rischia di essere un costante salto nel buio, in cui solamente una grande passione (e come si potrebbe fare altrimenti?) consente di andare avanti, a chi ha i mezzi per farlo ovviamente.
Proprio per questo, prima di proseguire, vogliamo partire dai nomi. Donne: Maila Andreotti, Elena Bissolati, Miriam Vece, Gloria Manzoni, Federica Capponi. Uomini: Luca Ceci, Francesco Ceci, Davide Ceci, Dario Zampieri, Mattia Geroli, Giacomo Del Rosario, Cristian Berardi, Andrea Tomassini, Vladimiro Righetto.
Non chiamateli eroi. O forse si. Perché in una giornata (l’ennesima) dominata da afa e gran caldo, quando l’unico desiderio plausibile sarebbe quello di fare un bel tuffo in mare, questi quattordici tra ragazzi e ragazze hanno scelto di ritrovarsi al velodromo Monticelli di Ascoli Piceno per giocarsi i titoli italiani della Velocità e del Keirin. Quattordici, i loro nomi li avete appena letti e il rammarico per il fatto che un campionato italiano non meriti una partecipazione così scarna diviene assolutamente ovvio. Di questo ovviamente non ha colpa il Team Ceci Dreambike, che con dedizione e, se vogliamo, un pizzico di coraggio si è assunto l’onere di organizzare questi campionati italiani su pista relativi alle principali specialità veloci, approfittando anche del fatto che già dallo scorso anno l’intera kermesse tricolore della pista è stata, di fatto, ripartita con l’assegnazione delle varie prove tra più velodromi (anche se il tutto è diventato, inevitabilmente, più dispersivo, nonostante abbia riportato in auge più velodromi oltre alla “solita” Montichiari).
Si può discutere magari sulla data, visto che vari atleti un appuntamento simile possa giungere a ridosso del periodo di stacco dalle gare ma fondamentalmente il problema principale resta il fatto che la Velocità su pista è stata fatta diventare un terreno per pochi temerari che hanno l’ardire di voler tentare una carriera alternativa a quella di stradisti e che troppi lustri d’incuria hanno già contribuito a dilapidare un capitale enorme di talenti (quanti ragazzi che magari su strada non sono riusciti ad esprimersi ai livelli auspicati avrebbero potuto avere miglior fortuna come pistard? In Paesi diversi dall’Italia non vi sarebbe stato dubbio su cosa scegliere).
Così, in un 9 agosto animato anche da belle gare giovanili di contorno (che sarà replicato nella giornata di domani, in cui oltre a gare Open di carattere internazionale saranno assegnati anche alcuni titoli marchigiani nelle categorie Esordienti e Allievi), il velodromo del quartiere Monticelli di Ascoli Piceno è stato teatro delle sfide tricolori della velocità pura, con quel pizzico di malinconia in più dato dal fatto che per il tondino ascolano potrebbe essere giunta l’ora dell’addio: si parla infatti di un possibile smantellamento per permettere i lavori di ampliamento del campo in cui gioca la locale squadra di calcio, fatto che ripropone il problema della tutela dei velodromi italiani, la cui entità viene di fatto annullata in barba a tutto ciò che fino a quel momento hanno rappresentato, senza contare l’ulteriore problema che può rappresentare in futuro il lasciare scoperta un’intera regione (in questo caso le Marche) di una simile struttura.
Tra gli uomini l’attesa era tutta per il duello tra i “Ceci boys”, favoriti dal pronostico e dal correre in casa. Nella Velocità la sfida ha messo di fronte nella finale i cugini Luca e Davide, risolta con il successo del primo al termine di un bel duello rusticano, che ha visto il secondo (tesserato per il Cycling Team Friuli) purtroppo concludere anzitempo la propria giornata a causa di una rovinosa caduta causata dallo scoppio di un tubolare. Niente di rotto per fortuna ma solo tante botte ed escoriazioni per Davide Ceci, che in serata è riapparso al velodromo per prendere parte alle premiazioni.
Epilogo ben più incerto e sorprendente invece nel Keirin, dove il principale favorito era Francesco Ceci, dal momento che l’atleta delle Fiamme Azzurre nelle ultime stagioni è stato spesso l’unico rappresentante italiano della specialità in ambito internazionale. Anche qui, nella finale 1°-6° posto il duello sembrava tutto parentale tra Francesco e Luca ma sulla parte alta è spuntato come un fulmine il piemontese Dario Zampieri, 40 anni da compiere il prossimo 6 settembre e già terzo al mattino nella Velocità, che con un grande spunto ha beffato entrambi, ottenendo così il primo titolo italiano individuale della carriera.
Molto meno pathos invece nelle gare femminili, dove appena cinque ragazze hanno preso il via: la friulana Maila Andreotti, nona classificata nel Keirin ai recenti campionati europei Under 23 di Anadia, si è aggiudicata prima la Velocità al mattino avendo ragione di Miriam Vece (podio completato da Elena Bissolati) e poi ha saputo conquistare anche il Keirin nel pomeriggio precedendo, in ordine inverso, Bissolati e Vece. Proprio con lei ne abbiamo approfittato per un’intervista, commentando la giornata e anche lo stato attuale del movimento italiano relativamente alla velocità su pista.
Maila per te è stata una bellissima giornata, a conferma di un buon periodo di forma, visto che sei reduce anche dalla partecipazione ai campionati europei
«Si, diciamo che agli Europei avevo già raggiunto il mio picco di forma e cercavo di arrivare a questi campionati italiani per puntare al risultato. Con quelli di oggi [ieri, ndr] ho raggiunto le venti maglie tricolori ed anche se siamo state solo in cinque a gareggiare tengo molto ugualmente a questi successi perché riconfermarsi non è mai facile. Le mie avversarie erano comunque forti, per cui non occorre mai sottovalutare nessuna»
Si è gareggiato con un gran caldo e questo immaginiamo che abbia reso più difficili anche le condizioni della pista
«Assolutamente si, anzi ha messo a dura prova tutti. Più della pista è stato proprio il caldo a rendere la vita più difficile a tutti noi»
Sicuramente la famiglia Ceci si è impegnata molto per l’organizzazione di questi campionati italiani. Come abbiamo visto eravate solamente in cinque ragazze a partecipare, vuoi per il periodo, vuoi perché a livello generale con la pista si fa sempre un po’ fatica nel nostro Paese. Non è un peccato vedere così poca partecipazione?
«Si, penso che questo possa essere determinato dal periodo, visto che siamo ai primi di agosto, momento in cui tutti gli atleti che raggiungono il picco di forma a luglio e che partecipano a competizioni internazionali in questo periodo dell’anno si riposano un po’. Mi dispiace molto perché la famiglia Ceci, che mi sento di ringraziare, ha fatto molto per organizzare questi campionati italiani, investendo molto sia in termini di risorse fisiche che economiche, facendo tutto davvero col cuore»
Di certo poi per una ragazza dedicarsi alla velocità pura sembra davvero un’impresa titanica. Tu come la stai vivendo in questi anni?
«Non è facile per nulla, perché la velocità su pista centra davvero poco col ciclismo tradizionale in generale e quindi occorre specializzarsi per forza. Non è una vita semplice, poiché molto della preparazione viene fatta col lavoro in palestra e ovviamente girando su pista, poi anche per il fatto che in Italia il settore non ha purtroppo la dovuta considerazione»
In proposito: quali sono le differenze più importanti che riscontri a livello internazionale, quando vai a competere con atlete molto più allenate e di gran valore?
«La prima è sicuramente nella preparazione: io ho 22 anni e generalmente le altre atlete hanno tutte dai 25 anni in su. Sono chiaramente molto più preparate e formate fisicamente rispetto a me, con una base di forza che si è creata negli anni. Per poter riuscire a competere con loro quindi occorre ancora molto lavoro e tanta fatica»
Concludiamo con gli ultimi quesiti: sei rimasta soddisfatta dal tuo nono posto nel Keirin ai campionati europei? Adesso penserai alle prove di Coppa del mondo?
«Per quanto riguarda gli europei non sono rimasta molto soddisfatta del risultato, poiché sia io che il CT puntavamo al podio ed ero consapevole di averlo nelle gambe. Come sanno in molti però il Keirin è una gara a sé, in cui può succedere qualsiasi imprevisto. Certo, è arrivato questo nono posto che non è da buttare ma ora guardo avanti e concentrerò la mia preparazione per arrivare in buona forma ai mesi di ottobre e novembre, quando appunto ci saranno le prime prove di Coppa del Mondo».
Archiviati anche questi tricolori non resta quindi che sperare che qualcosa di concreto per il settore della Velocità in Italia prima o poi possa muoversi, anche se allo stato attuale non sembrano esserci troppi margini per mostrarsi ottimisti. Di questo, però, dovrà principalmente rendere conto la Federazione, per fare in modo che anche ottimi risultati ottenuti in ambito internazionale (come il recente argento ottenuto agli Europei da Martina Fidanza nel Keirin delle juniores) non rimangano purtroppo casi isolati.