Il Giro è una fuga dal covid... e la vince Cort Nielsen
Tantissime defezioni per il coronavirus, da Remco Evenepoel in giù. Polemiche per la discesa fredda e bagnata di metà tappa. Alla fine l'attacco da lontano premia Magnus davanti a Gee e De Marchi. Thomas rosa senza problemi
Quando vi dicono che il ciclismo è una metafora della vita, credeteci. In particolare i grandi giri poi: sembrava insuperabile il dolore (o lo smacco) per la perdita di Remco Evenepoel, ma proprio come succede nelle nostre esistenze dopo lutti veri e metaforici, si riparte sempre. Si trova una ragione per andare avanti, un senso per continuare a interessarsi delle storie che si intrecciano comunque e sempre sulla strada. Una fuga sfrontata, una discesa pericolosa, un attacco a sorpresa, la resa di alcuni e il rilancio di altri, la conferma delle ambizioni di questo e la rimodulazione degli obiettivi di quello. Tutto va avanti, e noi dietro (col fiato corto ma comunque in scia).
Lo scavallamento appenninico ci ha reso un gruppo decimato dal covid e da mali annessi, e la diaspora è destinata con ogni probabilità a continuare nei prossimi giorni. Ma anche se per strada continueremo a perdere protagonisti reali o potenziali, non ha forse questa corsa a eliminazione anche un suo innegabile fascino? Chi sarà l'highlander che la porterà a casa? Come supererà costui le correnti gravitazionali e tutti gli agguati che potranno tendergli gli avversari e la sorte? Ma che romanzo di formazione è un Giro d'Italia? Questo iellatissimo Giro 2023 in particolare, poi!
Un Giro che potrebbe essere bruttissimo, antispettacolare, oppure indimenticabile, o entrambe le cose insieme (potenza del ciclismo!), un Giro che continuerà a passare attraverso forche caudine le più impreviste (ma vi immaginavate che la corsa rosa sarebbe stata stravolta dal covid?) o le più scontate (il taglio del Gran San Bernardo, con passaggio sotto al tunnel anziché al valico, era annunciatissimo: accidenti all'organizzazione!). Oggi, tanto per non farci mancare niente, anche il tentativo da parte dei corridori di farsi tagliare una sostanziosa parte di tappa a causa del maltempo. Per una volta Vegni ha tenuto duro, pensavamo che non avremmo mai visto questo momento e invece il Giro 2023 ci sorprende anche in tal senso.
La corsa, poi: oggi è arrivata un'altra fuga al traguardo, siamo a 4 in dieci frazioni; 2 sono state le crono, 4 le volate. I conti tornano. Non torneranno quelli relativi alla battaglia dei big in montagna, temiamo, quelli son successi di tappa che troppo facilmente vengono lasciati agli attaccanti del mattino (ne abbiamo già avuto un paio di esempi, lampante in particolare quello del Gran Sasso).
Oggi si è imposto un corridore super, un cacciatore di tappe come pochi, che l'anno scorso - al suo esordio nella corsa - ci era andato solo vicino (fu quarto a Visegrad e terzo a Treviso) e allora quest'anno è voluto tornare perché il pallino di vincere almeno una volta in tutti e tre i GT - lui che annoverava già sei successi alla Vuelta e due al Tour - gli era rimasto. Detto fatto, oggi Magnus Cort Nielsen, uno dei baffoni più seducenti del ciclismo, ha centrato la sua brava vittoria. Un corridore partito da giovane come velocista, evolutosi a metà strada in un killer da fuga e chissà che ora, superati i 30, saprà reinventarsi anche come cacciatore di classiche, sarebbe un bel coronare la carriera.
Se Magnus ride, e Derek Gee - al secondo secondo posto in quattro giorni - aumenta la propria autoconsapevolezza, chi mastica amaro è Alessandro De Marchi, alla seconda fuga finita male dopo quella di Napoli. Ma se lì il Rosso di Buja fu ripreso a un passo dal traguardo, qui è arrivato almeno a giocarsi la vittoria (seppur maluccio, in linea con le energie che gli erano rimaste dopo una giornata di fatica). Crediamo sia lui il primo a sapere che le cose potranno migliorare nella terza settimana.
Chissà invece cosa sa e cosa s'immagina Geraint Thomas, che ha ereditato una maglia rosa il cui peso è aiutato a portare da una supersquadra di cui oggi abbiamo avuto una diapositiva: a un certo punto, nella difficile discesa dal Passo delle Radici, la Bahrain-Victorious ha orchestrato un attacco di squadra con Damiano Caruso. La INEOS Grenadiers del gallese ha messo il suo terzo uomo nell'azione (Pavel Sivakov), così come avrebbe potuto mettere il quarto o il quinto, tutti in top 11 dopo le defezioni del mattino; il secondo, Tao Geoghegan Hart, si era sgranchito le gambine nei primi chilometri, facendo come se volesse inserirsi in fuga (non aveva speranze ovviamente, nessuno gli avrebbe lasciato spazio). Insomma la squadra britannica c'è e si fa vedere. Al contrario di Primoz Roglic, che se ne sta buono in disparte se proprio non deve menare le mani in prima persona (come fatto sabato sulla strada per Fossombrone).
Anche se non c'è più Remco, insomma, i temi sono ancora tanti. Approfondirli giorno per giorno sarà il solito divertimento un po' fetish e un po' nerd, quello di sempre, di quando eravamo ragazzini, che è poi la condizione in cui ci caliamo quando entriamo in questa bolla del Giro, sempre uguale nel tempo, nella forza attrattiva, nella partecipazione che maieuticamente ci sortisce. E sì, si sta come del Giro in balìa i ragazzini.
Giro d'Italia 2023, la cronaca della decima tappa
Il Giro d'Italia 2023 è ripartito oggi con la decima tappa, Scandiano-Viareggio (196 km), e con la solita pioggia battente. È ripartito pure con un elenco mai finito di DNS, a cominciare dalla dibattutissima vicenda di Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step), proseguendo con gli altri casi di covid Rigoberto Urán (EF Education-EasyPost), Callum Scotson (Jayco AlUla), Sven Erik Bystrøm (Intermarché-Circus-Wanty) e Domenico Pozzovivo (Israel-Premier Tech); non per covid ma per malesseri vari non hanno preso il via Mads Würtz Schmidt (Israel), Rein Taaramäe (Intermarché) e Oscar Riesebeek (Alpecin-Deceuninck); previsto poi il ciao di Stefan Küng (Groupama-FDJ). 9 forfait in totale, a cui si sarebbero presto aggiunti altri ritiri in corsa: un disastro.
A complicare il clima in gara le condizioni meteo previste in cima al Passo delle Radici, pioggia e vento forte e una scarsa volontà di affrontare così la susseguente discesa: lungo parlamentare tra i rappresentanti dei corridori e gli organizzatori prima della partenza, richiesta di neutralizzazione dei primi 120 km di gara, respinta. Si è partiti regolarmente (in un momento in cui peraltro non pioveva), Primoz Roglic (Jumbo-Visma) si è subito fermato nel tratto di trasferimento per farsi sostituire la batteria del cambio, poi al km 0 son cominciati i tentativi di attacco, il primo ispiratore è stato Alessandro De Marchi (Jayco), con lui Mattia Cattaneo e Louis Vervaeke (Soudal), Alex Baudin (AG2R Citroën), Derek Gee (Israel) e Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo).
La composizione della fuga è stata però piuttosto contrastata. Intanto si è subito rialzato Baudin, poi dal gruppo si sono susseguiti i tentativi di evasione ma nessuno in questa fase iniziale è riuscito ad andare lontano; l'andatura dietro continuava a essere alta. Pure avanti, se è per questo, se è vero che ai -182, sulla salita di Baiso, dal gruppetto di testa si è staccato Ghebreigzabhier. Negli stessi istanti Aleksandr Vlasov (Bora) veleggiava nelle retrovie del gruppo, cominciando a perderne le ruote.
Un forcing di De Marchi sulla stessa salita faceva staccare più avanti entrambi i Soudal, prima Vervaeke e poi anche Cattaneo ai -181; ai -175, con una quarantina di secondi di recuperare sui primi, è uscito dal gruppo Magnus Cort Nielsen (EF); non è stato l'ultimo perché i movimenti sono proseguiti, addirittura anche Tao Geoghegan Hart (INEOS Grenadiers), terzo della generale, si è concesso un'escursione; l'ultimo a evadere dal gruppo è stato Davide Bais (Eolo) ai -171, quando De Marchi e Gee avevano già superato il minuto e mezzo di margine sul gruppo che iniziava a essere tirato dalla Movistar.
Bais ha dapprima raggiunto Cort, poi insieme al baffo della EF ai -150 si è portato su De Marchi e Gee, a formare il quartetto definitivo per la fuga: il gruppo a questo punto era a 4' e il suo gap sarebbe ancora salito. Il corridore della Eolo ha vinto su De Marchi il traguardo volante di Villa Minozzo ai -148, il gruppo è stato nell'occasione anticipato dai tre corridori interessati alla maglia ciclamino, con Jonathan Milan (Bahrain-Victorious) bravo a precedure Michael Matthews (Jayco) e Mads Pedersen (Trek); nella volatina il danese è stato rallentato da un piccolo problema al cambio.
A questo punto due ritiri: quello di Simone Petilli (Intermarché), in non perfette condizioni, e - ormai annunciatissimo - quello di Aleksandr Vlasov. Problemi di stomaco per il russo. Man mano che si saliva (a gradoni) verso il Passo delle Radici la pioggia ricominciava a picchiare; naturalmente i battistrada approfittavano dei tratti all'insù per guadagnare sul gruppo, il quale procedeva ad andatura controllata per far sì che non si staccassero i velocisti; quando la strada invece si metteva in piano o in leggera contropendenza, il margine si plafonava.
Al Gpm dei -108 Bais è transitato per primo senza che qualcuno degli astanti glielo contestasse, intanto la Movistar non era più in testa al gruppo perché il suo capitano Fernando Gaviria si era dovuto fermare per cambiarsi in vista della discesa; nonostante ciò il margine con cui è passato il plotone è stato di poco inferiore ai 4' (in precedenza era arrivato a oltre 4'30"), perché la INEOS aveva accelerato il ritmo in vista della cima, per il solito progetto di prendere la discesa davanti con la maglia rosa Geraint Thomas; suffragata in ciò anche dalla UAE Emirates di João Almeida. L'accelerazione dei grossi team ha determinato lo staccarsi di diversi velocisti (tra cui Mark Cavendish dell'Astana Qazaqstan) poco prima dello scollinamento.
Nella prima parte di discesa nessuno ha preso rischi né davanti né dietro (e infatti il distacco è rimasto invariato), poi qualcuno ha cominciato a forzare, per esempio De Marchi tra i primi (e si è staccato un infreddolito Bais), e Gaviria dietro per recuperare sul gruppo, ma purtroppo il colombiano è caduto ai -95.
Poco dopo la Bahrain-Victorious ha provato a fare una cosa completamente fuori dagli schemi: Andrea Pasqualon e Jonathan Milan hanno tirato via Damiano Caruso per un attacco in discesa che ci ha riportato subito alla mente la tappa dell'Alpe Motta del 2021. Ai tre Bahrain si è accodato in marcatura Pavel Sivakov (INEOS), l'attacco è andato avanti convinto per una quindicina di chilometri, poi Milan e Sivakov sono scivolati e ciò ha naturalmente messo un grosso bastone tra le ruote dell'iniziativa. Il friulano è poi rientrato sui compagni (che lo aspettavano), invece il francorusso ha atteso il gruppo maglia rosa. In compenso sui contrattaccanti si è portato Lorenzo Rota (Intermarché). Intanto sulla picchiata sono caduti anche Jay Vine (UAE) e Will Barta (Movistar).
Ai -75 il gruppo maglia rosa ha raggiunto i Bahrain, proprio al Gpm di Monteperpoli (conquistato da Gee), e a quel punto alla fuga non restavano che 2'20" (e tendenti al ribasso). Sulla discesa successiva il plotone si è frazionato ma è stato un attimo, tutti quelli del primo troncone si sono poi via via ricompattati mentre i battistrada recuperavano qualche decina di secondi di margine. La notizia buona era che non pioveva più sulla corsa, ma il sereno sarebbe durato poco.
Ai -55 una caduta a fondo gruppo ha coinvolto Michel Ries (Arkéa Samsic) e Lukas Pöstlberger (Jayco), poi il meccanico del team australiano - poco attento nella concitazione del momento - è stato investito dal sopraggiungente Alberto Bettiol (EF) il quale dopo essere andato giù si è incavolato tantissimo con l'addetto (pure lui finito sull'asfalto). Per fortuna nessuno dei tre ha riportato danni seri; peggio è andata poco dopo a Warren Barguil (Arkéa), investito da un'ammiraglia Astana e rimasto a lungo seduto su un muretto con forti dolori alla mano sinistra. Poi il francese è comunque ripartito.
Il secondo gruppo inseguitore, con Gaviria e Vine tra gli altri, era a quasi tre minuti dal primo, e la UAE Emirates si è messa a questo punto a tirare per provare a far riavvicinare il suo secondo uomo, o quantomeno a limitare i danni: non ce l'avrebbe fatta, perché davanti hanno a propria volta aumentato il ritmo per riavvicinare la fuga. Anzi, quel drappellone sarebbe totalmente naufragato.
Restava da vedere se il primo plotone avrebbe raggiunto i fuggitivi. Con De Marchi e Cort davanti, non certo un'impresa facile; e infatti i due minuti sono a lungo rimasti intoccati, e i battistrada hanno dimostrato di sapersi gestire in maniera eccezionale. Anche Gee, dopo il bel secondo posto di Fossombrone sabato, ha fornito oggi un'altra prestazione di assoluto rilievo. Il terzetto ha tenuto meglio di quanto sperassero i velocisti del gruppo, i quali a un certo punto hanno compreso che per loro non tirava una buona aria, anche se fino ai -5 non si può dire che non ci abbiano provato. Giusto nel finale, quando restava insormontabile quello scoglio di 40" difeso coi denti dai primi, dietro hanno tirato un po' i remi in barca, spostando a domani l'obiettivo del volatone.
I tre se la sono giocata in maniera diversa. Ai 1400 Gee, sentendosi battuto in volata, ha proposto una sparata da finisseur; De Marchi è stato il primo a provare a chiudere, ma la generosità gli si è ritorta contro, perché sul successivo rilancio di Cort ha preso un buco, sicché Magnus si è portato sul canadese ai 900 metri, e Alessandro è rimasto staccato. Per sua fortuna gli altri due si sono guardati quell'attimo di troppo per permettergli di rientrare ai 500 metri, ma davvero il friulano non aveva energie per proporre qualcosa di risolutivo, sicché si è limitato ad aspettare la volata, da lui stesso lanciata ai 300.
De Marchi non ha fatto la differenza e ai 100 metri si è fermato, mentre Gee provava a fare tutto il possibile e invece Cort con una gamba sola impostava tranquillo il suo bravo sprint uscendo ai 50 metri e andando a vincere la prima tappa al Giro dopo averne conquistate a Tour e Vuelta. Tripla coroncina pure per lui, dopo quella centrata a Napoli dal connazionale Pedersen. Per Gee un altro secondo posto, per De Marchi ancora rimpianti, ma l'obiettivo - rispetto alla frazione partenopea - pare avvicinarsi per lui: tenga duro!
Il gruppo è arrivato a 51" con Pedersen a sprintare per il quarto posto su Pascal Ackermann (UAE), Stefano Oldani (Alpecin) e Jonathan Milan, arrivato proprio finito. Top ten completata da Cavendish, Mirco Maestri (Eolo) e Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè); l'ex maglia rosa Andreas Leknessund (DSM) ha preso un buco nel finale ed è arrivato a 1'04"; il gruppo Vine (al cui interno c'erano tra gli altri anche Lorenzo Fortunato della Eolo ed Einer Rubui della Movistar) ha chiuso a 11'19". Un Davide Bais stravolto dopo essersi staccato dalla fuga è arrivato nel gruppo a 23'02", come Gaviria. Ultimissimi, soli a 26'55", i due Jayco Campbell Stewart e Michael Hepburn: indizio di prossimi ritiri?
La classifica cambia un po', intanto vanno espunti tutti quelli che non sono partiti da Scandiano, e poi mettiamoci il grande passo indietro di Vine, che era undicesimo e si ritrova ora lontanissimo, 20esimo a 12'52". I secondi tra Thomas e Roglic sono appena 2, TGH è a 5" dal compagno in rosa. Degno di nota che Ilan van Wilder (Soudal) sia entrato in top 20, recuperando 10 posizioni in un colpo solo: ora è 19esimo a 12'07", chissà che l'uscita di scena di Evenepoel non metta le ali ai piedi a colui che fino a domenica era il suo primo gregario.
Domani l'11esima tappa del Giro d'Italia 2023 sarà un po' più facile di quella odierna, anche se più lunga: 219 km da Camaiore a Tortona, Passo del Bracco, Colla di Boasi e Passo della Castagnola (questa ai -43) da affrontare, ma un finale da velocità altissime non dovrebbe prevedere esito diverso dallo sprint di gruppo. Semmai l'incognita più grossa - a parte il “piove sì piove no” - sarà vedere in quanti non prenderanno il via da Camaiore…