Paolo Rinaldi in arte "Gino" © Gino Eroico via Facebook
Cicloturismo

Un “eroico” dei giorni nostri: Paolo Rinaldi detto “Gino” e i suoi consigli su L'Eroica

La ciclostorica di Gaiole in Chianti vista da dentro. Alcuni consigli su come approcciarsi per la prima volta e la filosofia che sta dietro questo grande evento

03.10.2024 20:25

Il 5 ottobre prenderà il via da Gaiole in Chianti l’edizione 2024 de L’Eroica. Un grande festa collettiva, con oltre 9000 ciclisti che, in sella alle loro biciclette antiche, avranno modo di pedalare immersi nel palcoscenico naturale delle colline toscane, tra muri, sterrati e vigneti, alla scoperta dei borghi e delle tradizioni di una volta. Grazie a questo connubio tra sport e territorio, quello de L’Eroica è diventato un format inconfondibile e apprezzato in tutto il mondo, con dei numeri in continua crescita. Per capire cosa c’è dietro questa manifestazione, abbiamo deciso di fare una chiacchierata con Paolo Rinaldi, in arte “Gino”, che nel panorama del ciclismo eroico è certamente uno dei personaggi più rappresentativi. 

La corsa, i pattini, la bicicletta: modi diversi per vivere intensamente la natura e il territorio

È sufficiente un primo sguardo superficiale per capire come Paolo Rinaldi, 58 anni, Gaiolese di nascita e lombardo per residenza, rappresenti un’icona del L’Eroica e del suo spirito. Conosciuto da tutti come “Gino”, con il suo stile di vita e il suo modo di pedalare, impersonifica alla perfezione il motto della manifestazione: “la bellezza della fatica e del gusto dell’impresa”. 

Per Paolo, infatti, l’avventura e la voglia di stare a contatto con la natura rappresentano due capisaldi esistenziali. Dapprima la corsa e poi i pattini, su e giù per le colline del Chianti, autocostruendosi dei sistemi artigianali per riuscire a frenare lungo le ripide discese toscane. Solo in un secondo momento è arrivata la bicicletta, un mezzo degli anni Settanta regalatogli da un vicino di casa in Toscana, utilizzata come alternativa alle inevitabili cadute sui pattini, e per sopperire ai dolori articolari causati della corsa. Una passione per il ciclismo che è nata per caso, che lo ha portato nel giro di pochi anni a pedalare una decina di volte L'Eroica e a ricercare traguardi sempre nuovi e sempre più impegnativi. Come ci ha raccontato, infatti, “le cose regalate non hanno valore, sono le cose che ti conquisti che restano per sempre. L’Eroica è un po’ questo. È chiaro che la strada asfaltata è più comoda di quella sterrata e lo stesso discorso vale per la bici moderna rispetto a quella antica, ma è proprio dalla fatica aggiuntiva che emerge la vera emozione”.

Gino con la sua Bicicletta alla ricerca di traguardi sempre nuovi © Gino Eroico
Gino con la sua Bicicletta alla ricerca di traguardi sempre nuovi © Gino Eroico

Quella del 1920 e quella con il cambio a due stecche: le sei biciclette di Gino

Con il tempo, la passione e la curiosità per la meccanica lo hanno spinto a studiare l’evoluzione tecnologica delle biciclette e a sperimentare nuovi modelli. “Oggi a casa ho sei biciclette. Quella più giovane è degli anni Ottanta e la uso solo per andare al lavoro, perché comunque serve un mezzo sicuro affidabile e veloce da cambiare in caso di foratura. Poi ho una bici degli anni 70, una con il cambio a “due stecche”, una degli anni 30 con un sistema di cambio – il Superchampion – molto simile a quelli moderni, una del 1927 con il cambio Vittoria con la leva nel mozzo e una del 1920 con il giroruota”. Quest’ultima è la preferita di Gino, una seconda pelle con la quale lo si incontra spesso in giro per le salite di tutta Italia. “Se devi andare a fare una ciclostorica va bene qualsiasi tipo di bici, ma se vuoi macinare chilometri quella del 1920 è perfetta. Ogni tanto la uso anche per andare al lavoro. Ha le gomme da 35 millimetri, un passo molto lungo e una forcella molto inclinata, tanto da renderla più stabile di una gravel moderna. Praticamente si guida da sola. Il problema è quando piove. La bici, infatti, ha i cerchi di legno e quando piove forte non c’è verso di scaldarli per riuscire a frenare. I freni li produco io con i tappi dello spumante, non quelli del vino che sono piccoli e sono spesso rotti dal cavatappi. Dopo tutto a quei tempi ci si arrangiava”.

La bicicletta del 1920 di Gino © Gino Eroico
La bicicletta del 1920 di Gino © Gino Eroico

Gino, Fausto, Felice e il gruppo degli altri eroici

Come tutti i diversi ambienti del ciclismo, anche quello eroico si basa sulla condivisione e sulle pedalate in compagnia. “Il nome Gino è iniziato un po' per gioco con un altro amico del nord con cui pedalavo. Giocavamo a fare Coppi e Bartali. Poi il gruppo si è allargato e ogni volta che si presenta una persona nuova lo battezziamo con uno dei nomi dei ciclisti del passato. C’è Fausto, Gino, Guerra, Felice, Bottecchia: a seconda di come suona meglio usiamo il nome o il cognome. Addirittura, di recente si è aggiunto anche un giapponese che abbiamo soprannominato Ganna. Il nome Gino mi piace molto, perché dietro non ci sono solo le imprese che ha fatto, ma anche per quello che lui era come persona”. 

Il segreto de L'Eroica: territorio, collettività e passione

L'Eroica è quel periodo dell'anno in cui tutto il gruppo di riunisce nei giorni precedenti alla manifestazione per pedalare, cenare e passare del tempo insieme. Secondo Gino, il segreto de L’Eroica sta nell'unicità del suo territorio. “Non è che in Lombardia ci sono i cattivi e in Toscana i buoni. È una semplice questione di spazio. In Lombardia siamo in troppi e quando le persone non hanno il loro spazio vitale tendono a pestarsi i piedi. Li invece c’è poca gente e ci si cerca: c’è bisogno di socialità. Ogni volta che pedalo in Chianti le pochissime macchine che incontro, quando mi vedono passare abbassano il finestrino, vogliono parlare, mi vogliono salutare”. Un senso di comunità e una voglia di incontrarsi che insieme all’unicità del panorama collinare, con borghi bellissimi, vigneti e strade bianche in mezzo alla natura rende L’Eroica un evento davvero unico.  

Un’esperienza collettiva che per spiegarla occorre ricorrere a un lungo aneddoto che ci ha raccontato Gino, riferito a quella volta che, dopo tanti anni di partecipazione in compagnia, aveva deciso di fare L’Eroica in solitaria, cercando di impiegare il minor tempo possibile per mettersi alla prova. “Non arrivo nemmeno al castello di Brolio che era ancora notte e un giornalista mi affianca per farmi un’intervista. Subito dopo incontro un ragazzo che aveva bucato e mi sono fermato a dargli una mano. Poi, dopo Siena ancora fermo a dare assistenza a un altro ragazzo che aveva rotto la catena. Perdiamo 45 minuti in riparazioni e, poi, ancora un’altra serie infinita di incontri. Ad un certo punto trovo disteso su un campo un americano che piangeva dal dolore alle gambe. Mi fermo a dargli assistenza e facciamo stretching insieme: un’altra ora persa! Insomma, tutto questo per dirvi che anche quando ci provi è impossibile stare da soli a L’Eroica". 

"Poi, arrivati sulla salita di Asciano, mentre giro la ruota per cambiare marcia, mi passa un ragazzo con la maglia della Salvarani: lo saluto - ciao Saronni – e iniziamo a chiacchierare. Il suo racconto mi ha davvero toccato, lamentava un forte mal di schiena e quando ho cercato di capire il perché mi ha raccontato che aveva un tumore e che aveva deciso che prima di morire avrebbe dovuto fare il lungo de L’Eroica. Sono scambi di umanità che sono in una manifestazione come questa riesci a cogliere”.

Alcuni consigli di Gino per chi si approccia alla prima volta a questa manifestazione

Data la sua esperienza decennale, ci siamo fatti suggerire alcuni consigli da Gino per chi dovesse approcciarsi a L’Eroica per la prima volta. “Come prima cosa, abbiate cura di avere un mezzo funzionante. Sembra una bischerata, ma ho visto tante persone rimanere bloccate per piccoli inconvenienti meccanici”. Poi c’è il tema del cibo. L’evento consente di usufruire di continui ristori dove il cibo non manca. “Per chi fa i percorsi più corti il consiglio principale è quello di sfruttare al massimo la giornata. Avete tutto il tempo, non è una gara a chi arriva primo. Vedrete, inoltre, che quando taglierete il traguardo un po’ vi dispiacerà di essere giunti al termine della festa. Ma anche per chi affronta i percorsi più lunghi il segreto è mantenere la calma. Quando vai all’andatura giusta e tieni il tuo passo puoi andare avanti anche per 400 chilometri senza problemi. Prendila con tranquillità. I numeri te lo fanno apparire come estremamente difficile: 209 km, strade sterrate, 4500 metri di dislivello, ma non fatevi spaventare. Prendetevi il vostro tempo e ce la farete. Se c’è lo strappo duro scendete dalla bicicletta, tanto anche in sella non andreste troppo più veloce. In questa maniera salverete le gambe e quando tornerete in sella avrete le energie necessarie per giungere al traguardo"

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