Tadej Pogacar, prova di forza a Pla d'Adet © Tour de France
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Plana l'aquila sulla preda, plana Pogacar su Pla d'Adet

Esibizione di Tadej nella prima tappa pirenaica: vince in solitaria e distanzia Vingegaard ed Evenepoel, giunti uno alla volta alle sue spalle. Ottimo quinto Giulio Ciccone

13.07.2024 17:45

La sua forza è la testa. “Ma no, sono le gambe quelle che contano”, direbbe lui. Ma noi insistiamo: la sua testa è un impianto michelangiolesco, è più grande del corpo, è l'uomo proiettato oltre i limiti di se stesso. È Tadej Pogacar che metabolizza il passo falso di Le Lioran e, sebbene quello gli abbia lasciato addosso più scorie di quante lui sarebbe disposto ad ammettere, se lo lascia alle spalle, voltandosi spesso per assicurarsi che se ne stia lì, ben lontano, che non si riavvicini come ha fatto Jonas Vingegaard l'altro giorno.

L'identificazione tra passo falso e Jonas Vingegaard deve aver turbato i sonni dello sloveno in maglia gialla, nelle ultime notti. Ma lui ha risposto nell'unica maniera che conosce: attaccando, devastando, vincendo.

Un approdo pirenaico che mette ogni cosa al proprio posto, ognuno dei corridori nella posizione giusta di classifica: arriva il primo, pausa, arriva il secondo, pausa, arriva il terzo, pausa. Così via. Il primo è Tadej, il quale - lo ricordiamo perché qua e là, nel tumulto delle giornate della Boucle, ci sfugge - sta inseguendo un'impresa che aspettiamo da 26 anni, ovvero Giro+Tour. E la sua stagione non è cominciata col Giro e non finirà col Tour. Genio universale del ciclismo.

Il secondo è Jonas, che ha corso come uno che a Le Lioran era andato oltre i propri attuali limiti, e che invece oggi è rientrato nei (pur altissimi) ranghi. In pochi avrebbero scommesso di vederlo al Tour a un livello del genere, dopo la caduta e le fratture di aprile. Ma stiamo parlando di Vingegaard, non di uno qualsiasi.

Però la realtà ha come hobby il presentare conti, e oggi l'ha presentato al danese e a tutti noi: tanto quanto Tadej nel 2023, se ti manca un pezzo di preparazione non puoi reinventare la ruota, prima o poi paghi dazio, se gli avversari sono di questa caratura. Tadej con tutta la frattura al polso della Liegi avrebbe vinto lo scorso Tour, se non ci fosse stato Jonas. Jonas con tutte le problematiche del Paesi Baschi vincerebbe questo Tour, se non ci fosse Tadej.

La testa dice che Pogi è il favorito, la pancia vuole incertezza fino a Nizza

Questo è quel che il ragionamento ci porta a dire: è vero che Pogacar ha il Giro nelle gambe, ma la pianificazione della sua stagione - e quindi la preparazione - prevedeva esattamente il doppio impegno, e prevedeva che al Tour ci sarebbe stato il Vingegaard campione delle ultime due edizioni. Se ci si è buttato, Pogi, significa che aveva la consapevolezza di poterci riuscire, anche contro uno Jonas al top.

Viceversa, è la stagione di Vingo che è stata interrotta da un imprevisto grave, è quindi la sua preparazione a essere affettata da questa mancanza. Ci si può mettere una pezza o due, uno come lui ne può mettere pure tre o quattro, ma prima o poi le cose prendono la piega che devono prendere.

Poi c'è l'altra parte, non il ragionamento ma la pancia, quella che ci fa sperare che, alla faccia di tutte le certezze che crediamo di avere in questo momento, domani Vingegaard si riscatti in pieno, vinca a Plateau de Beille e si rimetta in scia a Pogacar in classifica: siamo come bimbi a Legoland, non ci stanchiamo mai di costruire, mattoncino su mattoncino, sogni sempre più perversi (ma sono loro che ci legittimano una simile overproduzione onirica!).

E sognare un testa a testa feroce che vada avanti fino a Nizza ci viene naturale, anche se al risveglio siamo consapevoli che così non sarà.

Remco contento di far terzo, Ciccone pronto a stupire

Remco Evenepoel scivola in terza posizione al Tour © Soudal Quick-Step - GettySport
Remco Evenepoel scivola in terza posizione al Tour © Soudal Quick-Step - GettySport

Dopo il ritiro di Primoz Roglic ieri, il club dei quattro superbig dà l'impressione di star per perdere anche il terzo membro, ovvero Remco Evenepoel. Anche qui, siamo dalle parti della legge dei gravi, dalle parti della fisica elementare. Un corpo lasciato cadere nel vuoto va giù. Oppure se è immerso in un liquido riceve una spinta dal basso pari al peso del liquido che sposta. Oppure se si trova a battagliare con Pogacar e Vingegaard sui Pirenei, più di terzo non può fare.

Remco è chiaramente il più forte di tutti gli altri, per cui il destino del terzo posto è per lui piuttosto segnato, e oggi certificato anche dal sorpasso ricevuto in classifica da parte di Vingegaard. Anche qui, una parte di noi potrà anche immaginare che Evenepoel si inventi qualcosa di clamoroso in una delle prossime tappe, ma la tendenza è ancora una volta piuttosto chiara, e se si sposa con la realtà di un ragazzo per il quale un terzo posto (dietro a chi, poi!) nel Tour dell'esordio sarebbe risultato amatissimo, ecco che abbiamo, abbastanza facile, la soluzione del quesito.

Alle spalle delle questioni di podio, emerge dalla pletora dei comprimari del Tour 2024 un personaggio già visto e apprezzato sulle salite della Boucle: Giulio Ciccone. Dopo aver vestito per due giorni la maglia gialla nel 2019, dopo aver conquistato quella a pois l'anno scorso, l'abruzzese insegue l'elemento che ancora gli manca, la vittoria di tappa (sfiorata due volte: secondo).

Ma a ben vedere gli manca anche di fare una gran classifica, e per il momento è in corsa anche per questa: sta bene e conta di star meglio, per ora è ottavo della generale ma oggi a Pla d'Adet è arrivato quinto, e la top five nella generale, distante tre minuti, non è un traguardo irraggiungibile: quei tre minuti son tanti, sì, ma non sono della categoria “incolmabili”, a una settimana (e tante salite ancora) dalla fine della corsa. “Stiamo lavorando per voi”, direbbe Giulio.

Tour de France 2024, la cronaca della quattordicesima tappa

La quattordicesima tappa del Tour de France 2024 era quella dell'approdo ai Pirenei: da Pau a Saint-Lary-Soulan, 151.9 km con Tourmalet, Hourquette d'Ancizan e arrivo a Pla d'Adet. Tra i non partiti, Tom Pidcock (INEOS Grenadiers): Tour deludente per lui, che finisce con una positività al covid. Tra i ritirati, il primo è stato Amaury Capiot (Arkéa-B&B Hotels), che ha preso il via solo per certificare di non farcela ad andare avanti dopo le botte di ieri.

E botte pure oggi, metaforiche, per cercare la fuga. Dopo 40 km di batti e ribatti, si sono avvantaggiati Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck), Bryan Coquard (Cofidis), Cédric Beullens e Arnaud De Lie (Lotto Dstny); dieci chilometri più avanti li hanno raggiunti Oier Lazkano (Movistar), Kévin Vauquelin e Raúl García Pierna (Arkéa) e Magnus Cort Nielsen (One-X Mobility). Coquard ha vinto lo sprint di Esquièze-Sère ai -81 e poi si è rialzato, cosi come De Lie e Beullens; invece da dietro sono arrivati altri 13 uomini, ovvero Chris Juul-Jensen (Jayco-AlUla), Michal Kwiatkowski (INEOS), Bruno Armirail (Decathlon AG2R La Mondiale ), David Gaudu (Groupama-FDJ), Rui Costa, Ben Healy e Sean Quinn (EF Education-EasyPost) Victor Campenaerts (Lotto), Simon Geschke (Cofidis), Louis Meintjes (Intermarché-Wanty), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), Fabian Grellier (TotalEnergies) e Marco Haller (Red Bull-Bora-Hansgrohe), il quale però si è staccato subito, non appena cominciato il Tourmalet.

Lungo le rampe della mitica salita altri fuggitivi hanno perso contatto via via, García Pierna, Vauquelin e Campenaerts, poi Juul-Jensen, Rui Costa e Grellier, e ancora Geschke, e son rimasti in dieci, con Quinn a fare un buon ritmo per tutti. Gaudu è scattato a un chilometro dalla vetta ma ha dovuto subire il contropiede di Lazkano, primo a transitare al Gpm dei -62 (Hors catégorie) e a portarsi così a casa il Souvenir Jacques Goddet. Gli altri fuggitivi son passati piuttosto sgranati ma in discesa c'è stato un prevedibile riappallamento.

Quanto al gruppo, a tirare era la UAE Emirates di Tadej Pogacar, con Tim Wellens e Nils Politt, ma il ritmo non è stato così ardente da produrre una grossa selezione, sebbene qualche nome importante abbia perso contatto, tra tutti Geraint Thomas (INEOS). Il margine per i primi, dopo aver toccato un massimo di 4'10" nei pressi dello sprint intermedio, si è sostanziato a lungo fra i tre minuti e mezzo e i quattro. Il più vicino in classifica dei battistrada, Healy, partiva stamattina dalla 14esima posizione a 12'08" dalla maglia gialla.

Il tentativo di Healy prima della lotta dei big

Ben Healy solo verso Pla d'Adet © EF Education-EasyPost
Ben Healy solo verso Pla d'Adet © EF Education-EasyPost

Sulla Hourquette d'Ancizan il vantaggio dei dieci battistrada è andato assottigliandosi, e pure i dieci battistrada, per dirla tutta: prima Lutsenko ai -36, poi Van der Poel, Quinn, Armirail e anche Cort, hanno perso contatto mentre Gaudu e Lazkano continuavano a essere i più attivi. Con loro erano rimasti solo Kwiatkowski, Healy e Meintjes, un quintetto che però ha presto capito che non ci sarebbe stata gloria al traguardo, dato che la UAE continuava a picchiare dietro.

Dopo tanto Politt, è passato a tirare Marc Soler e il plotone si è ridotto a una trentina di unità, mentre contestualmente crollava anche il distacco dai primi. Al Gpm dei -28, seconda categoria vinto da Gaudu, il gruppo è passato a 1'15", lanciatissimo. Altri ritiri giunti strada facendo: Louis Vervaeke (Soudal Quick-Step), Alberto Bettiol (EF).

La salita finale verso Pla d'Adet partiva subito forte, e dopo mezzo chilometro, ai -10, Healy ha allungato con Gaudu, mentre Soler passava il testimone a Pavel Sivakov (UAE) in testa al gruppo. L'irlandese ha continuato a spingere e a 9.5 dalla vetta ha staccato anche il corridore della Groupama, predisponendosi a difendere solo soletto un minutino abbondante rispetto al plotone da cui negli stessi istanti perdeva contatto Egan Bernal (INEOS), 13esimo della generale: restavano meno di 20 uomini dietro al trenino emiratino.

Agli 8 chilometri è passato a tirare João Almeida (UAE) e il drappello si è ulteriormente selezionato, fino a meno di 15 unità. A questo punto, a 7.5 dalla vetta, la mossa a sorpresa: Adam Yates è scattato e a quel punto il pallino del gioco passava in mano alla Visma-Lease a Bike, che ha subito concesso al gemello una decina di secondi di vantaggio con Matteo Jorgenson il quale si è assunto il compito di tirare ma non troppo: cioè il ritmo non era a questo punto chissacché.

Yates ha proceduto quasi col freno a mano tirato, nel senso che continuava a voltarsi aspettando che prima o poi esplodesse un qualche bang alle sue spalle. Ma il bang non arrivava, e anzi la caracollante andatura di Jorgenson ha permesso al britannico di guadagnare mezzo minuto, margine con cui è passato ai -5, quando già sentiva l'odore del solitario, periclitante Healy.

L'assalto di Tadej indirizza il Tour in maniera netta

Ma prima ancora che Adam raggiungesse Ben, è arrivato il colpo da tutti atteso: Tadej Pogacar è scattato appena superati i -5. Jonas Vingegaard (Visma) ha provato a reagire ma ha fatto prima a farsi riprendere da Remco Evenepoel (Soudal) che a riavvicinare la maglia gialla. Lo sloveno è piombato su Yates (che intanto piombava su Healy) a 4.5 dalla fine, e lì è partita la trenata del luogotenente di lusso. Vingo&Remco non si perdevano comunque d'animo ed erano lì dietro, poco distanti dalla coppia UAE.

Ai -4 Yates ha finito quel che doveva finire e Pogi è andato di progressione, provando ad ampliare il margine - al momento di appena 8" - rispetto ai primi inseguitori. Il livello dello scontro si è alzato e allora anche Jonas ha aumentato i giri, e ciò ha fatto sì che Evenepoel ne perdesse le ruote ai -3.8.

Tadej si fidava ma non troppo, anche lui - come Yates poco prima - non faceva altro che voltarsi per capire se Vingegaard gli tornava sotto: il ricordo del Col de Pertus dell'altro giorno dev'essere rimasto a rimbombare come un incubo nella testa del fuoriclasse di Komenda. Il quale in ogni caso ha dato tutto dopo la spianatina dei tre chilometri, esprimendo nel finale il meglio del suo repertorio, con una fluidità di pedalata che a questo punto faceva maggiormente la differenza rispetto al danese, ora un po' ingobbito.

E come spesso accade, dopo un tratto duro (e i primi 7 km del Pla d'Adet erano duri!) è sul falsopiano conclusivo che si scavano i distacchi: Tadej Pogacar ha concluso, come su una nuvola, rifilando 39" a Vingegaard (più della metà del vantaggio che aveva su di lui in classifica) e 1'10" a Evenepoel (un distacco superiore a quello della generale). Insomma un giorno centrale nello sviluppo del Tour 2024, un giorno in cui il vantaggio di Pogi si sostanzia in maniera forse determinante.

Quarto di giornata è stato Carlos Rodríguez (INEOS) a 1'19", poi a 1'23" è arrivato un terzetto regolato per il quinto posto da un ottimo Giulio Ciccone (Lidl-Trek) davanti a Santiago Buitrago (Bahrain-Victorious) e Adam Yates; poco più indietro Felix Gall (Decathlon), Matteo Jorgenson, Derek Gee (Free Palestine) e Mikel Landa (Soudal).

Ora in classifica Tadej ha 1'57" su Vingegaard e 2'22" su Evenepoel. Almeida segue a 6'01", poi Rodríguez a 6'09", Landa a 7'17", Yates a 8'32 e Ciccone ancora ottavo a 9'09". Domani l'impegno pirenaico si raddoppia con la quindicesima tappa del Tour de France 2024, la Loudenvielle-Plateau de Beille, 197.7 km comprendenti le salite di Peyresourde, Menté, Portet-d'Aspet, Agnes, Port de Lers (non valido come Gpm) e infine, abbastanza isolata rispetto a tutto il resto, la scalata conclusiva verso l'arrivo, 16 km all'8% medio su cui verosimilmente si farà la corsa tra i big.

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