È morto Gianni Savio, il "Principe" dei team manager
Aveva 76 anni. Una vita intera a scovare campioni, dal suo Piemonte al Sudamerica
In uno sport che abusa di soprannomi e nomignoli, pescandoli da ogni campo del sapere, il “Principe” è senza dubbio un'espressione di cui andare fieri. Lo sapeva bene Gianni Savio che, con i suoi modi gentili e affabili, è stato un moderno eroe dei due mondi: dal Piemonte al Sudamerica, andata e ritorno, alla ricerca di sponsor e campioni in erba. Ora che il team manager torinese ha concluso la sua esistenza terrena - l'annuncio della sua morte è arrivato nella tarda serata di lunedì 30 dicembre - è giusto celebrare il talento e le intuizioni talora visionarie di un grande personaggio del ciclismo mondiale.
Addio a Gianni Savio
Nato a Torino nel 1947, Savio debutta nel mondo del ciclismo negli anni Ottanta prima come fiduciario della Galli, poi come direttore sportivo della Santini-Cierre a partire dalla stagione 1985. Ed è proprio in questa veste che il “Principe” ha dato il meglio di sé, puntando non soltanto sui giovani talenti del movimento italiano - in testa Andrea Tafi - ma anche e soprattutto sui pesi piuma colombiani, magari poco adatti ai percorsi pianeggianti, ma spesso e volentieri imbattibili sulle grandi salite. Due nomi su tutti: Leonardo Sierra - che vinse in maglia Selle Italia-Eurocar-Mosoca la tappa dell'Aprica al Giro d'Italia 1990 - e Nelson “Cacaito” Rodriguez, che andò a segno sul traguardo in quota di Val Thorens al Tour de France del 1994 davanti a Piotr Ugrumov e Marco Pantani.
Gli anni Novanta, appunto: la prima età dell'oro di Savio, che assunse nel 1992 l'incarico di DS della ZG Mobili-Selle Italia. Una squadra di primissimo livello per l'epoca, presenza fissa al via del Giro e del Tour: non solo gli arrampicatori colombiani, ma anche prime firme del ciclismo italiano come Gianni Faresin, Andrea Ferrigato e Massimo Ghirotto, che avrebbe sfiorato il titolo mondiale ad Agrigento nel 1994.
Non avendo a disposizione i capitali che foraggiavano le superpotenze del ciclismo internazionale, Savio decide di puntare una volta di più sull'artigianato di qualità, senza per questo rinunciare al gusto della scommessa. Una su tutte: José Rujano, il minuto scalatore colombiano che mise in crisi la maglia rosa Paolo Savoldelli nell'ultima tappa alpina del Giro d'Italia 2005, conquistando il traguardo del Sestriere e l'ultimo gradino del podio a Milano. Lo stesso Rujano che - dopo aver frequentato il Pro Tour con risultati a dir poco deludenti - rinacque sotto le cure del “Principe”, collezionando due successi nell'edizione del 2011 della corsa rosa dominata da Alberto Contador ma poi assegnata a Michele Scarponi. Appunto: come sarebbe proseguita la carriera del marchigiano se Savio non avesse creduto in lui dopo la squalifica per il suo coinvolgimento nell'Operación Puerto? Con grande lungimiranza, il DS piemontese gli affidò le chiavi della Diquigiovanni-Androni Giocattoli. E, come per incanto, Scarponi ricominciò il suo volo: una tappa e la classifica finale della Tirreno-Adriatico 2009 e i traguardi di Mayrhofen e Benevento nel Giro del centenario. L'ex CT della Nazionale colombiana provò a ripetere la magia anche con Gilberto Simoni, ma senza successo.
La seconda età dell'oro con la Androni
Dopo un ventennio abbondante di successi, la formula Savio entra in crisi: la Androni Giocattoli - lo sponsor che raccolse l'eredità della Selle Italia - sarà spettatrice del Giro per due edizioni di fila (2016 e 2017). Eppure, dietro l'angolo, c'è un'altra, straordinaria rivelazione: si chiama Egan Bernal, ha compiuto da poco vent'anni e promette benissimo. Il corridore colombiano resta per due anni in Piemonte prima di salire sul tetto della Grande Boucle e del Giro d'Italia. Non l'unica rivincita per Savio, che torna a disputare la gara di casa con la sua Androni-Sidermec, togliendosi la soddisfazione di vincere nel 2019 la tappa di San Giovanni Rotondo con Fausto Masnada che - al pari dei compagni di squadra Davide Ballerini, Ivan Ramiro Sosa e Andrea Vendrame - varcherà le soglie del World Tour.
Gli ultimi anni della carriera e della vita di Savio dispensano più spine che rose: un'altra esclusione dalla corsa rosa del 2021 in favore della ben più modesta Vini Zabù, poi il passo indietro di Sidermec, infine il naufragio del progetto Drone Hopper, con la conseguente uscita dal novero delle Professional. Ciononostante, il “Principe” è ritornato in pista nel 2023 con la Continental colombiana GW-Shimano - togliendosi persino la soddisfazione di vincere il Giro di Reggio Calabria con Jhonathan Restrepo - e la messicana Petrobike. L'ultimo capitolo di un viaggio a dir poco affascinante, affrontato con l'audacia degli esploratori e l'intelligenza di un uomo di corte. Lui che Principe lo era per davvero.
Alla famiglia di Gianni Savio le condoglianze della direzione e della redazione di Cicloweb.