Milano-Torino, da cocktail a ciofeca è un attimo
La vera decana del ciclismo (nata nel 1876!) è oggi per distacco la classica delle potenzialità inespresse. Un percorso ondivago, la reiterata rinuncia alle colline torinesi, una continua ricerca di identità. Eppure tanto si potrebbe fare per lei
Il prossimo 15 marzo è in calendario la “decana”. No, no, cosa avete capito!? Non la Liegi-Bastogne-Liegi, ma la Milano-Torino. La corsa fu organizzata la prima volta dal Veloce Club Milano nel 1876 e, con alterne fortune e diverse edizioni saltate, è arrivata fino ai giorni nostri. Una corsa che purtroppo non ha saputo farsi amare e rispettare come avrebbe dovuto e questa vera e propria sfortuna prosegue tutt’oggi.
Milano-Torino, MITO, di nome e di fatto. Tra parentesi, Milano-Torino è anche il nome di un famoso cocktail, composto dal torinese Vermouth ed il milanese Bitter Campari, consigliato per buongustai.
A due mesi dalla corsa non abbiamo ancora alcuna notizia del percorso. È vero che non abbiamo nemmeno il percorso della Sanremo (sul sito ufficiale), ma questo bene o male, e salvo sindaci che si oppongano al passaggio della corsa, lo conosciamo bene. Anzi, sappiamo ripetere a filastrocca le asperità che i corridori devono affrontare prima di arrivare nella città dei fiori e del Festival: “dopo il Turchino, tre capi, Mele, Cervo, Berta, poi Cipressa e Poggio”. Questa “tradizione” arricchisce la corsa di fascino, fidelizza l’appassionato, rende mitica una salita anche altimetricamente non eccezionale come il Poggio, fa Storia!
La storia della MITO ha reso conosciuta la salita che da Sassi porta a Superga, poco meno di 5 km per arrivare alla basilica. Una salita arcigna, con pendenze quasi sempre in doppia cifra, una salita che ogni ciclista, specie se amatore, deve sempre rispettare. Una salita da togliere il fiato. È assai probabile che, come per l’edizione del 2022, anche quest’anno non ci sarà l’arrivo a Superga, essendo la corsa programmata a pochi giorni della Milano-Sanremo; quindi ci si aspetta un’altimetria a misura di velocisti (l’anno scorso sull’arrivo pianeggiante di Rivoli trionfò Mark Cavendish).
È davvero umiliante per la Milano-Torino ridursi ad essere una corsa di preparazione, riscaldamento, rifinitura per la Sanremo o, quando va bene, per il Lombardia. La MITO merita una sua dimensione autonoma, una sua identità. In un certo senso la doppia scalata a Superga gliela aveva conferita, ma l’anonimo arrivo a Rivoli dello scorso anno ha portato indietro l’orologio agli anni più bui della storia di questa corsa. Già nel 2020, causa pandemia, la corsa vide un arrivo in volata a Stupinigi, ma l’edizione successiva regalò un duello Yates-Roglic di altissimo livello sulle rampe della Sassi-Superga, riconciliandoci con la “decana” italiana.
La collina torinese, che tante emozioni ha regalato il 21 maggio 2022 con “la tappa di montagna in città” del Giro d’Italia (tappa 14, Giro105), non deve essere esclusa dal percorso della MITO. Non so dire quante grandi città possano vantare come Torino una collina con un dislivello di circa 500 mt al suo lato. Per chi non conoscesse il luogo, la collina inizia direttamente dal centro città, dalla grande Piazza Vittorio Veneto con la sua Gran Madre.
La collina è ricca di salite, un labirinto di strade con cui è possibile disegnare un percorso spettacolare. Quello che abbiamo visto durante la tappa del Giro del 2022 è solo una delle decine di combinazioni che è possibile avere. La collina torinese offre anche la possibilità di uno splendido tratto di salita nello sterrato - pedalabile - del bosco del parco della Rimembranza, così chiamato per ricordare la vittoria nella Prima Guerra Mondiale ed i 4787 caduti torinesi, ognuno con il suo nome sulle targhe affisse lungo tutto il sentiero.
Allora perché il ciclismo ha così poco sfruttato la collina torinese nella sua storia? Praticamente solo durante il Giro del 1961 e del 2022, oltre alla Sassi-Superga della MITO. Ahimè, non ho una risposta a questa domanda, però sono personalmente convinto che nessuna corsa abbia potenzialità inespresse come la Milano-Torino, proprio grazie alla collina.
Come già scrissi in Qual è il senso del Tour 2024 a Torino?, un evento ha senso solo se organico e funzionale al contesto culturale ed economico della città che lo ospita. La Milano-Torino ha tutte queste caratteristiche.
Culturale. Due città italiane simbolo, due città sul cui asse è stato costruito il progresso industriale italiano (triangolo industriale assieme a Genova). Due città che già hanno progetti culturali in comune, pensiamo al festival MITO, festival musicale internazionale che unisce Milano e Torino, capace nell’ultima edizione di attrarre più di 48000 spettatori. Quando Milano e Torino collaborano, il totale è sempre maggiore della somma delle sue parti.
Economico. Nello specifico il progetto di una ciclabile che unisca le due città, lungo il Canale Cavour, potrebbe dare uno slancio importante al cicloturismo ed al suo indotto. Il Canale Cavour è un’opera ingegneristica straordinaria per importanza e per bellezza, merita di essere valorizzato anche turisticamente. La corsa potrebbe essere affiancata da eventi ciclistici per amatori e appassionati delle due ruote; ad esempio, un’edizione della corsa Milano-Torino a scatto fisso - che già aveva visto nel recente passato giovani volenterosi organizzarla e correrla - o una randonnée o una Gran Fondo. E chissà magari potrebbe incentivare qualcuno ad abbandonare il divano ad allenarsi per correre sulle strade del “MiTo”.
E visto che ci siamo, sogniamo ed andiamo ancora oltre.
Se la gara fosse organizzata ad inizio autunno, potrebbe essere ideale per rilanciare un salone della bici internazionale a Milano, magari anticipando un poco l’EICMA, il salone delle due ruote a motore, unendo gli eventi. Insomma fare sistema significa non fare un’insalata mista, ma far sì che ogni evento potenzi l’altro vicendevolmente. Far sì che il totale sia sempre maggiore della somma delle parti.
Per la corsa vera e propria, la sede ideale della partenza dovrebbe essere il Vigorelli, in un’ideale unione con un arrivo al motovelodromo Fausto Coppi, o davanti a questo se logisticamente non fosse possibile al suo interno. Una linea retta, pianeggiante, di poco più di 100 chilometri, prima che le danze inizino davvero ai piedi della collina; un su e giù senza respiro, con salite pedalabili e brevi muri più arcigni, discese velocissime e nuove salite, magari anche in sterrato; una gara folle, simile a quella a cui abbiamo assistito il 21 maggio scorso al Giro.
Uno spettacolo che potrebbe far impallidire d’invidia la decana Liegi.
Tornando con i piedi per terra, l’ostacolo più grande per la Milano-Torino è il calendario. Anche se dovesse riprendere la precedente posizione in stagione, prima del Lombardia, la vicinanza di così pochi giorni con una monumento impegnativa rende impossibile indurire troppo la corsa. Ripeto, la MITO deve vivere di vita propria, avere una collocazione che la valorizzi, almeno una settimana prima di una monumento o di un’altra corsa molto importante. Questo in un calendario super affollato come quello italiano di marzo e settembre-ottobre è davvero un’impresa.
La speranza è che RCS inserisca di nuovo la Sassi-Superga nel percorso, che rinunci a trasformare questa corsa dalle mille potenzialità in una classica per velocisti, nell’attesa di una posizione in stagione migliore. Il buon lavoro che è stato fatto con le Strade Bianche, valorizzata al punto che c’è qualcuno che si spinge a definirla la sesta monumento, può essere replicato anche con la decana italiana. Due città così importanti nella storia del ciclismo e dell’industria della bicicletta meritano un evento annuale di grande prestigio, il terreno (collinare), culturale ed economico lo permette.
In caso di successo brinderemo con un bel cocktail Milano-Torino.