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Lampaert (e non Van Aert!) fa rima con big start

01.07.2022 21:53

Yves vince la crono d'apertura del Tour de France 2022 davanti a Wout e a un ineffabile Tadej Pogacar, a cui tutti i rivali pagano già qualcosa. Filippo Ganna giù dal podio, gara influenzata dal meteo e dalle scelte di scuderia


L'anticiclicità è un concetto chiaro. È un bastone, a volte inatteso, nella ruota dell'ordine delle cose. Può avere in certi casi il nome di un Yves Lampaert che vince la crono d'apertura del Tour de France, la vince quando ormai tutte le agenzie stavano battendo la notizia del podio a tre Van Aert-Pogacar-Ganna. Come una discesa libera vinta da quello col dorsale 73, la prestazione del belga ha stravolto l'ordine d'arrivo di una crono il cui podio pareva fatto per essere incorniciato, col più grande versatile, il più grande tout-court e il più grande cronoman a onorare il Grand Départ danese dell'altrettanto Grande Boucle.

E invece guarda come ti rimescola le carte il ragazzo con la faccia di Tintin - impossibile trovare un belga più belga di questo belga! - già più volte a segno contro il tempo, per esempio ai campionati nazionali di specialità (tre volte), fatto - questo - che oggi ha iniziato presto a intorpidire i pensieri del Van Aert seduto sulla sempre più scivolosa hot seat del primo provvisorio. Scivolosa come un percorso che non faceva sconti a nessuna distrazione (un aneddoto. Stefan Bissegger partì bello baldanzoso con l'idea di giocarsi la vittoria; scivolò sul fianco destro; poi scivolò sul fianco sinistro. Fine dell'aneddoto). E l'asfalto bagnato dalla pioggia che non ha lasciato tregua se non nell'ultima ora di gara, quanto ha inciso nella prova di Filippo Ganna, favorito d'obbligo della vigilia? Quello (il bagnato), unito alle tante curve del percorso, alcune veramente infamine, sicuramente ha giovato più ad altri che al verbanese, il quale avrebbe preferito magari condizioni più lineari. Nonostante ciò, Pippo stava comunque per vincerla, la gara: una mezza foratura nel finale ("slow puncture", tipo quando una vite si conficca nel copertone e l'aria esce piano, piano, piano) non gli ha fatto concludere la prova nel migliore dei modi (traiettorie complicatissime, impossibilità di tirare a tutta), e forse basta questo per spiegare i 10" che l'hanno separato da Lampaert.

Se Wout continua a fare i conti con la sindrome del secondo posto, c'è un Tadej che è chiaramente affetto da quella del primo. Fossimo in un bar avremmo il diritto di dire "va' che questo è andato a soli sette secondi dal portare la maglia dal primo all'ultimo giorno del Tour!", ma nell'attesa di riuscire un giorno in una simile impresa, per oggi al ragazzo basta annotare i distacchi che ha già rifilato a tutti gli uomini di classifica, dagli 8" a Vingegaard e i 9" a Roglic, ai 56" a Mas e gli 1'14" a Urán. Insomma partenza sul velluto per l'insensatamente favorito della corsa (i bookies lo davano a 1.70 per la generale, però addirittura a 40 oggi...), chiamato a un'altra cavalcata gloriosa fino a Parigi.

La prima buona prestazione sui 13.2 km della crono di Copenhagen, prima tappa del Tour de France 2022, è stata fatta segnare da Bauke Mollema (Trek-Segafredo) con 15'34"; Mathieu Van der Poel (Alpecin-Fenix) ha dovuto pennellare ogni curva del percorso per abbassare il tempo del connazionale, ad ogni modo vi è riuscito: 15'31". Negli stessi istanti, Stefan Bissegger (EF Education-EasyPost) cadeva e ricadeva, vanificando anche la scelta del 64 come corona per dei rapporti mostrusi: 99esimo a 1'12", alla fine. Altri che si sono fatti notare per le cadute, Christophe Laporte (Jumbo-Visma), che però nella prima parte di gara aveva stampato il tempone (7'29", suo il miglior intermedio), e Mikkel Honoré (Quick-Step Alpha Vinyl), tra gli ultimi a partire quando la strada si stava quasi asciugando.

Ecco, le condizioni climatico-ambientali: date le previsioni meteo della vigilia (pioggia dalle 18 in avanti), le squadre hanno giostrato per trovare una quadra e far gareggiare i propri migliori uomini prima della pioggia prevista, sicché quasi tutti i big sono scesi in gara entro le 17.30, e addirittura dopo la triade Filippo Ganna (INEOS Grenadiers)-Wout Van Aert (Jumbo)-Tadej Pogacar (UAE Emirates), partiti uno dietro l'altro tra le 17.03 e le 17.05, la gara era da ritenersi virtualmente chiusa. Senonché, la piovosità ha seguito un andamento inverso rispetto alle previsioni: precipitazioni (a tratti anche torrenziali) nella prima parte della crono, schiarita dalle 18 in avanti. Insomma gli ultimi a partire hanno trovato condizioni migliori.

Ma torniamo a Van der Poel: il Fenomeno si è visto avvicinato da Primoz Roglic (Jumbo), 15'33" il suo tempo, e ancor più da Mads Pedersen (Trek-Segafredo), 15'32", ma ha resistito a specialisti come Stefan Küng (Groupama-FDJ), 15'40", o a uomini di classifica come Aleksandr Vlasov (Bora-Hansgrohe), 15'48". Nel mentre che Mathieu era sulla hot seat, si è visto sfilare davanti - ma tutti rigorosamente alle sue spalle in classifica - rivali un po' sfortunati, per esempio Jack Haig (Bahrain-Victorious), vittima di foratura (per poi fare 16'08", altino), o Geraint Thomas (INEOS), che ha gareggiato proprio nel momento dell'acquazzone supremo (spuntando comunque un degno 15'42"), mentre Ben O'Connor (AG2R Citroën) ha scelto la via della prudenza, la quale l'ha portato dritto allo scialbo 16'18" misurato al traguardo. Un po' meglio di costui Damiano Caruso (Bahrain), ma non tanto scintillante in generale il suo 16'12".

I rulli di tamburo son tornati a suonare forte con Jonas Vingegaard (Jumbo), uno dei favoriti della corsa gialla nonché caricato a pallettoni dal fatto di gareggiare in casa: il danese ha avvicinato tantissimo Van der Poel, fermandosi - come il connazionale Pedersen - a 1" da Mathieu: i tempi della detronizzazione erano ormai maturi, e compiere l'MVDPcidio è stato Ganna con un 15'27" che ci è sembrato molto buono, ma forse non tanto da respingere l'immediata controreplica di Van Aert, che arrivava forte alle spalle di Pippo. E infatti il cronometro ha suffragato le impressioni visive: Wout meglio di Ganna, 15'22", addirittura 5 secondi in meno rispetto all'iridato.

In un rush di emozioni forti, stava concludendo la propria prova pure Pogacar, il quale con ineffabile naturalezza e senza nemmeno prendersi chissà quali rischi ha infilato il proprio nome tra i due di cui sopra, installandosi al secondo posto a 2" da WVA e 3" avanti a Ganna. Non si vince il Tour alla prima tappa, lo sanno tutti, ma a uno che con quella nonchalance ti spadella una crono simile ti verrebbe voglia di assegnarglielo sin da ora, sulla fiducia.

Quella fiducia che Van Aert cominciava ad accarezzare, "dài che pensioniamo la sindrome del secondo", e invece la poltrona ha cominciato a scricchiolare non poco quando è sceso dalla pedana Yves Lampaert: il 31enne della Quick-Step Alpha Vinyl, già tricampeon belga di specialità, è stato un uragano. Favorito certo da qualche tratto di strada più o meno asciugatosi, fors'anche da qualche folata benigna, ma nel dir questo pare che vogliamo sminuire quella che invece era destinata a essere una vittoria sfolgorante: 15'17" il tempo finale del pavearo di Izegem (la ricordate la sua spettacolare schienata sul settore di Hem all'ultima Roubaix?), di sicuro al risultato più eclatante di una carriera già buona (15 vittorie, svariati piazzamenti nelle classiche più belle).

Riepiloghiamo allora l'ordine d'arrivo e la concomitante generale: Lampaert vince la tappa - e guida il Tour - con 5" su Van Aert, 7" su Pogacar, 10" su Ganna, 13" su Van der Poel, 15" su Pedersen e Vingegaard, 16" su Roglic, 17" su Mollema, 20" su Dylan Teuns (Bahrain), riuscito ad agguantare la top ten nel finale. Ma continuiamo coi distacchi: 21" su Magnus Cort Nielsen (EF), 23" su Bob Jungels (AG2R), Adam Yates (INEOS) e Küng, 24" su Tom Pidcock (INEOS), 25" su Jan Tratnik (Bahrain), Michael Matthews (BikeExchange-Jayco), Thomas e Lennard Kämna (Bora), con Mattia Cattaneo (Quick-Step), secondo degli italiani al traguardo, 20esimo a 30" dal compagno di squadra vincitore della tappa.

Altri distacchi di uomini importanti per la classifica (a questi potete sottrarre 7" per avere il ritardo rispetto a Pogacar): 31" Vlasov, 35" Louis Meintjes (Intermarché-Wanty), 39" Patrick Konrad (Bora), 44" Daniel Martínez (INEOS), 45" Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan) e Romain Bardet (DSM), 49" Nairo Quintana (Arkéa Samsic), 50" David Gaudu (Groupama), 51" Haig, 55" Giulio Ciccone (Trek), Jakob Fuglsang (Israel-Premier Tech) e Caruso, 56" Mas, 1'01" O'Connor, 1'03" Guillaume Martin (Cofidis), 1'14" Rigoberto Urán (EF), 1'29" Michael Woods (Israel).

Domani, per la seconda tappa, siamo nelle mani del vento: se soffierà sul percorso, la Roskilde-Nyborg di 202.2 km in gran parte sul mare potrà rivelarsi molto molto interessante. Se poi il ponte di 18 km (denominato Storebæltsbroen) sullo stretto del Grande Belt, "attraccante" ad appena 3.5 km dalla fine, sarà - come ci sembra ovvio sperare - ancor più spazzato dalle correnti, allora il finale di gara potrà raggiungere vette di bellezza rara. In gruppo non mancano alcuni terremotisti in servizio permanente effettivo: magari non aspettano altro che un minimo pungolo per far casino domani, di modo che una delle frazioni più piatte della Boucle diventi un trappolone di quelli memorabili.
Notizia di esempio
Marianne è sempre Marianne, il Giro è casa sua
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!