Integrità morale o idiozia totale?
Il caso di Sander Armée, punto da una vespa e non curato adeguatamente per politica antidoping interna, merita una riflessione
In uno dei suoi irriverenti sketch dei primi anni '90, Paolo Rossi immaginò un film ambientato nel Titanic poche ore prima del tragico incidente (James Cameron, Leonardo Di Caprio e Kate Winslet dovevano ancora arrivare) che svelasse i retroscena che portarono all'affondamento. Ebbene, nella scenetta uno dei marinai lanciava l'allarme urlando «Cazzo, abbiamo urtato un Iceberg!» e provocando le ire del capitano, che piuttosto di concentrarsi sull'imminente tragedia si preoccupava innanzitutto di punire il marinaio, reo di aver usato una parolaccia in cabina.
Ebbene, l'atteggiamento di alcuni soggetti del ciclismo attuale nei confronti del doping somiglia un po' a quello del capitano del Titanic, soprattutto in circostanze come quella odierna, con dinamiche che nel resto del mondo, anche dello sport, non verrebbero neanche prese in considerazione, non da gente sana di mente almeno.
Accade dunque che Sander Armée, uno dei più validi e combattivi corridori della Lotto Soudal presente al Giro d'Italia, venga punto in viso da una vespa. Quello che vedete nella foto a destra è sempre lo stesso atleta, non un amatore cinese con una maglia tarocca (sulla divisa scelta dalla Lotto Soudal per il Giro stendiamo un velo pietoso), che ha subito una vistosa reazione a causa di quella puntura, e probabilmente è anche dolorante.
Ma non può curarsi col cortisone, perché rischierebbe di risultare positivo all'antidoping. O meglio, potrebbe anche farlo, ma solo se il team richiedesse un TUE, ossia una Therapeutic Use Exemption, un certificato per poter utilizzare per fini esclusivamente medici un farmaco dopante (perché è per questo che nascono la stragrande maggioranza dei farmaci considerati dopanti: curare le persone).
Potrebbe farlo, ma non vuole, perché il management della Lotto Soudal crede nel ciclismo pulito e perciò non chiede esenzioni per atleti in gara. Il che significa: o stai bene, o stai a casa. Che per certe deviazioni nell'utilizzo del TUE è anche una presa di posizione ragionevole e lungimirante, ma in tale circostanza nella quale il problema di salute è evidente e momentaneo diventa idiozia, con una discreta componente di irresponsabilità: se Armée fosse caduto nella cronometro iniziale per colpa della visione ridotta, chi si sarebbe sobbarcato le conseguenze? Un argomento da prendere seriamente in considerazione, dato che nello stesso team c'è Tim Wellens che vive una situazione identica per una particolare forma di allergia collegata al caldo. Anch'egli corre il Giro d'Italia.
Continuiamo dunque così, facciamoci del male, letteralmente: sepolto dalla psicosi da doping ed i suoi derivati, una parte del ciclismo cerca credibilità soprattutto quando non serve. E intanto, nella stessa dannata corsa, un'altra parte ha un corridore con una positività conclamata a un broncodilatatore in attesa di giudizio che gareggia (legittimamente) senza farsi tutti questi problemi. Ma un po' di equilibrio tra cieca disciplina e faccia tosta in questo sport si riuscirà mai a trovare?