Pogačar, la ricreazione è finita! Contro Jonas ti conviene fare il succhiaruote
La scoppola psicologica patita a Le Lioran ha fatto male, ma Tadej è ancora favorito e padrone del proprio destino: a patto di rinnegare il suo modo di correre e limitarsi a seguire Vingegaard
Pogačar é così forte che è l'unico al mondo a potersi permettere di vincere anche correndo con ignoranza: attaccando sempre e comunque, anche quando non è necessario e, anzi, il buon senso suggerirebbe prudenza. Perché magari la maglia - gialla o rosa che sia - è già blindata, e perché c'è sempre un nuovo e ambizioso traguardo da raggiungere e per il quale converrebbe risparmiarsi.
Tutto questo Tadej lo sa bene, ma semplicemente lo ignora. E allora scatta e rilancia, provando a mettere nel sacco i velocisti a Fossano e a mandare tutti a gambe all'aria sulle strade bianche, toscane o francesi che siano, a decine e decine di chilometri dall'arrivo. E di nuovo, facendo il diavolo a quattro sul Massiccio Centrale, da una distanza - 35 km - che per lui è ordinaria amministrazione, ma che fino a qualche anno fa sarebbe sembrata abissale, per i canoni a cui ci eravamo abituati nel primo scorcio di millennio.
Pogačar si alza sui pedali e fa il vuoto, a volte senza nemmeno bisogno di scattare ma, semplicemente, cambiando passo, sempre pronto a elargire spettacolo a piene mani, regalare borracce ad ogni bimbo adorante nel raggio di chilometri, e a dispensare occhialini e magliette, baci ed abbracci ai colleghi rivali, ma mai nemici.
Tutto questo, Taddeo lo fa con una leggerezza e una spontaneità tali che sembra quasi non fare fatica, e proprio per questo piace a tutti: corridori, tecnici, giornalisti, tifosi, mamme, nonne e zie.
E puntualmente nella favola di Pogačar fa irruzione Vingegaard
E però… Però poi capita che sulla sua strada, puntualmente, ad un certo punto della stagione si palesi lui, Jonas. E che tutta la leggerezza, la spensieratezza e - appunto - l'ignoranza (ciclistica, beninteso) profuse fino a quel momento gli presentino improvvisamente il conto. Perché quando c'è di mezzo Vingegaard non ci si può più permettere di scherzare: Tadej ne aveva avuto una prima, clamorosa e dolorosa dimostrazione due anni fa sul Granon, in una giornata che ha cambiato la storia del confronto tra i due.
Anche dodici mesi fa, in fondo, la cotta dello sloveno nella terza settimana potrebbe essere dipesa in parte dall'atteggiamento spavaldo tenuto nelle prime due, e non solo alla preparazione raffazzonata dopo l'infortunio alla Liegi. E quest'anno rischia di andare in onda il remake del remake, un film già visto, insomma, per quanto assolutamente esaltante per noi spettatori: anche se Tadej è nella forma della vita e Jonas, invece, è reduce a sua volta da un infortunio in cui poteva anche lasciarcela, la vita.
Già, perché la sberla che il Re Pescatore gli ha rifilato sul traguardo di Le Lioran, rimontandolo negli ultimi 17 km e sverniciandolo poi in volata, è di quelle che bruciano: per adesso solo nel morale, certo, data la classifica sostanzialmente invariata e un vantaggio sul bicampione uscente del Tour ancora superiore al minuto, ma tutte le certezze accumulate fin qui da Pogačar in una stagione senza contraddittorio rischiano di sgretolarsi improvvisamente.
Tadej ripensi alle crisi già vissute e agisca di conseguenza
Poi, certo, proprio quel tesoretto di un minuto e 14 secondi fa sì che Tadej sia ancora da considerarsi il favorito numero uno di questa Boucle, perché tra lui e Jonas la differenza in salita e a cronometro è sempre stata minima, al netto delle giornate di crisi. E però, appunto, quelle giornate finora sono sempre toccate a Pogačar e a lui soltanto: sul già citato Granon nel 2022, nella crono di Combloux e poi definitivamente sul Col de la Loze nel 2023.
Dopodiché, visto quanto accadutogli appena tre mesi fa ai Paesi Baschi, nessuno ad oggi potrebbe mettere la mano sul fuoco nemmeno sulla tenuta di Vingegaard da qui a Nizza, ma che dopo il Massiccio Centrale l'inerzia di questo Tour sia cambiata è evidente, e forse è davvero giunto il momento, per Tadej, di mettere la testa a posto.
E cioè di fare, una buona volta, ciò di cui alle Strade Bianche, al Catalogna, alla Liegi e al Giro non ha mai avuto bisogno: stare a ruota, correre di rimessa e curare solo il posteriore di Jonas, senza preoccuparsi delle rilevazioni testicologiche di Evenepoel. Accontentarsi, insomma, di gestire un vantaggio che - ripetiamo - rimane comunque importante.
Anche perché quello che ancora attende Pogačar, da qui a dieci giorni, è un appuntamento con la storia: quell'accoppiata Giro-Tour che "ora o mai più", dato l'allineamento di pianeti venuto a delinearsi, tra forma propria e disgrazie altrui. Ma ce la farà, Taddeo, a correre contro la sua propria natura, rinnegare sé stesso e trasformarsi nel succhiaruote di Jonas?
A questo link la risposta di Marco Grassi al presente Artiglio.