Il López di Schrödinger, colpevole e innocente insieme
In questi giorni Miguel Ángel è in gara alla Vuelta a San Juan, ma non con l'Astana: licenziato perché in odore di doping, il colombiano si è accasato al Team Medellín, e per l'UCI va bene così. A quando uno Statuto dei Lavoratori Ciclisti?
Finché non apriamo la scatola in cui si è cacciato, il gatto di Schrödinger è contemporaneamente vivo e morto. E il Miguel Ángel López dell'UCI è contemporaneamente colpevole e innocente, a seconda che lo si guardi dal punto di vista dell'Astana o del Team Medellín. Per il massimo organo mondiale del ciclismo, insomma, non c'è nulla di male se un corridore viene licenziato perché in odore di doping, e contemporaneamente non ha nulla da dire se un altro team lo mette sotto contratto e lo schiera ad una corsa del calendario internazionale, la Vuelta a San Juan in svolgimento proprio in questi giorni.
Ma come possono andare d'accordo le due cose? Delle due l'una: o il licenziamento della Astana era lecito, perché suffragato da un procedimento a carico del corridore, e allora non si comprende come quello stesso corridore abbia potuto accasarsi altrove; oppure è lecito l'ingaggio da parte del Medellín, e allora è difficile capire per quale logica la Astana abbia avuto mano libera nello strappare il contratto che la legava a López.
Si dirà: in tutto questo Aigle è spettatrice degli accordi a cui sono arrivate le parti in causa, non spettava all’ente presieduto da Lappartient intervenire. E però sarebbe forse utile che il governo del ciclismo dettasse delle linee guida cui attenersi in casi controversi come quello del colombiano. Stabilendo magari, una volta per tutte, che le semplici indiscrezioni, se non suffragate da atti della giustizia sportiva e/o ordinaria, non possano essere ragioni sufficienti per la rottura di un contratto. Perché si può anche comprendere l'imbarazzo dell'Astana a schierare López al via di una corsa, ma da lì a licenziarlo ce ne passa. Nel calcio, in questi casi, si mette il giocatore fuori rosa, non si fa carta straccia di un contratto, come insegna il recente caso Palomino.
E sempre nel calcio esiste anche la responsabilità oggettiva dei club per ogni comportamento dei propri tesserati, in virtù della quale se Cristiano Doni si vende le partite al calcioscommesse, l'Atalanta si ritrova con dei punti di penalizzazione in classifica, anche se la società non risulta coinvolta direttamente. Il sottointeso, infatti, è che un club sia responsabile della vigilanza dei propri dipendenti. Nel ciclismo, invece, una delle clausole contrattuali che va per la maggiore è quella che prevede il licenziamento immediato del corridore pizzicato all'antidoping e addirittura l'ingiunzione a risarcire il gruppo sportivo per il danno subito.
Il caso di López non rientra in questa fattispecie ma, se questi sono i rapporti di forza tra corridori e squadre, non ci si stupisce di come sia andata a finire la sua seconda esperienza alla corte di Vinokourov. Sono passati quasi 20 anni, in Italia, dal grande dibattito sull'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e, nel frattempo, dal concetto di licenziamento per giusta causa siamo passati a quello di contratto "a tutele crescenti". Nel ciclismo stiamo messi ancora peggio, evidentemente: siamo alle "tutele inesistenti".