Ancora una caduta per Bernal, nel giorno di Groenewegen
Finale di tappa movimentato anche nella prima tappa del Tour de Hongrie. Il colombiano della Ineos assaggia ancora una volta l'asfalto, all'apparenza senza conseguenze. Sprint vincente di Dylan, davanti a Bennett e Ewan
Fossimo nei vertici della Ineos Grenadiers, il prossimo ritiro di Egan Bernal lo organizzeremmo a Lourdes. Senza voler mancare di rispetto tanto ai devoti, quanto a chi sta male per davvero, vorremmo poter fare qualcosa per scacciare la maledizione che sembra non voler più mollare il fuoriclasse colombiano e che sta distruggendo la sua carriera. Dopo un Giro di Romandia corso tenacemente e senza inghippi, Eganito ha scelto il Tour de Hongrie come nuovo test per mettersi alla prova e alimentare il sogno di partecipare al prossimo Tour de France, un anno e mezzo dopo l’incidente in allenamento che poteva costargli la carriera. Lo si era visto anche in testa al gruppo a tirare, in alcune fasi della corsa, ma, a un paio di centinaia di metri dalla fiamma rossa dell’ultimo km, una caduta nella pancia del gruppo lo ha trascinato a terra. Dopo il colpo sull’asfalto, Bernal è stato travolto da alcuni colleghi. Per alcuni attimi, prima che la regia tornasse sui protagonisti della volata vinta poi da Groenewegen, si è intravista la sua sagoma a terra, sdraiata sul fianco sinistro. L’iniziale preoccupazione è stata sciolta dalle immagini successive, che hanno mostrato l’Águila de Zipaquirá in piedi, prossimo a risalire in sella e ad appropinquarsi al traguardo di Szentgotthárd, dove è stato accolto dall’applauso del pubblico. Molte contusionio, ma nulla di grave, almeno all’apparenza; ma lo spavento è stato enorme, in primis per lo stesso Egan.
La cronaca
Volata doveva essere e volata è stata, al termine dei 169 km in programma nella prima tappa del Giro di Ungheria, nel percorso disegnato dagli organizzatori intorno al centro abitato di Szentgotthárd, estremità occidentale dell’Ungheria, a due passi dal confine con l’Austria – come era facile intuire dal nome della località. Nessuna asperità o quasi, fatta eccezione per i due pedalabilissimi gran premi della montagna di terza categoria e per qualche pendenza qua e là. Pronti via e si è formata la fuga di giornata, composta dallo slovacco Matúš Štoček, dal belga Ward Vanhoof, dal francese Charles Planet e dai due magiari Zétény Szijártó e Balázs Rózsa. Massimo vantaggio appena inferiore ai 3’, con le squadre dei velocisti presenti in forze a controllare la corsa, senza alcuna difficoltà.
Gli attaccanti di giornata sono stati ripresi a circa 25 km dal traguardo. L’avvicinamento a Szentgotthárd ha visto faticare in particolare la Soudal-QuickStep, con il campione europeo Jakobsen più volte perso dai propri compagni, ma tutti i protagonisti più attesi hanno dovuto sgomitare per guadagnarsi le posizioni migliori. È stata proprio una spallata tra Bennett e Ewan, nell’avanguardia del plotone, a innescare la caduta: il folletto australiano, più leggero dell’irlandese, ha scodato dopo il contatto, costringendo i corridori che seguivano a un repentino cambio di direzione; una ventina di posizioni più indietro, sul margine destro della strada, qualcuno – forse Nys – ha perso il controllo, innescando la caduta; caduta che si è subito propagata al lato opposto della carreggiata, dove Bernal, ha perso il controllo della bicicletta, cadendo per primo e portando con sé diversi altri corridori, tra cui anche il compagno di squadra Plapp. Tutti sono riusciti, comunque, a portare la bici al traguardo; Bernal per ultimo, Plapp poco prima di lui.
Per primo, invece, è arrivato Dylan Groenewegen. L’olandese è stato bravo e deciso nell’accordarsi alla coppia Bora Van Poppel-Bennett, respingendo portato alla ruota più ambita da Bauhaus a sinistra e di nuovo da Ewan a destra (e poi dicono che, per fare il ciclista, conviene essere magri…). Il velocista della Jayco AlUla ha lanciato lo sprint qualche istante prima rispetto all’irlandese e, nonostante gli ultimi 250 metri fossero lievemente in salita, è riuscito a resistere al ritorno di Bennett, fulminandolo per pochi centimetri. 66a vittoria in carriera per Groene, la terza di questa stagione e la seconda al Tour de Hongrie, dopo quella conquistata l’anno scorso nella quarta tappa.
«È stato un finale spasmodico e stressante – ha dichiarato il quasi 30enne olandese dopo l’arrivo – con vento alle spalle, velocità molto alta e strade ampie. La squadra è stata molto brava nel momento in cui serviva: ero rimasto un po' chiuso ma poi sono riuscito a uscirne anche grazie al mio lead out. Ho preso la scia di Van Poppel, poi è stato uno sprint molto tirato tra me e Bennett e ho vinto io di un soffio. Forse sono rimasto al vento troppo presto – ha aggiunto Groenewegen – gli ultimi 300 metri tiravano un po' all'insù e solo in quel momento si riusciva a vedere lo striscione del traguardo. Era la prima corsa dopo un po' di tempo e sono molto contento del lavoro della mia squadra, i ragazzi sono stati molto bravi».
Bennett e Ewan hanno completato il podio di giornata, davanti a Bauhaus e a Hodeg, buon quinto. Deluso di giornata Fabio Jakobsen, solo settimo e mai in sintonia con la squadra. Già domani, nei 175 km da Zalaegerszeg a Keszthely, potrà cercare di rifarsi.
Tour de Hongrie, 1a tappa – Ordine di arrivo