Bond Almand sulle Ande mentre percorre la Pan-Am © Bond Almand
Cicloturismo

Pan-American Highway: Bond Almand conquista il record mondiale

22.000 chilometri, 76 giorni, e una lezione di resilienza: il viaggio di un ventenne americano in bici attraverso le Americhe

19.11.2024 19:30

È stata un’impresa tanto fisica quanto mentale quella di Bond Almand, il giovane ciclista statunitense che ha stabilito un nuovo record di velocità sulla Pan-American Highway. Da Prudhoe Bay, in Alaska, a Ushuaia, in Argentina, ha percorso quasi 22.000 chilometri in meno di 100 giorni. Un viaggio epico, tutto documentato sul suo blog, che è stato non solo una prova di resistenza fisica, ma anche un percorso di scoperta interiore. Nell'impresa, il ragazzo ha affrontato guasti meccanici, condizioni climatiche estreme e ostacoli emotivi, trovando nell’aspra bellezza dei paesaggi attraversati e nella ricchezza delle culture incontrate la forza per andare avanti.

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Il sogno della Pan-Am

Nonostante i suoi 20 anni, Bond Almand ha dimostrato una volontà di ferro e una maturità eccezionale. Percorrere la Pan-American Highway era un sogno che coltivava da quando era bambino, quando gli sembrava niente più che una splendida avventura. Durante il primo anno di college, quando ha intensificato gli allenamenti e le corse di 100 miglia sono diventate routine, però, ha iniziato a pensare in grande. Così, è riuscito a ottenere dall’Università di Dartmouth, dove studia politiche di governance sul cambiamento climatico, una borsa di studio da 5.000 dollari. Nella domanda, senza troppa convinzione ma con il giusto slancio, aveva scritto: "record mondiale".

Da quel momento, Almand si è destreggiato tra impegni universitari e allenamenti di 40-70 ore settimanali, riuscendo perfino a mantenere una vita sociale e a trovarsi una fidanzata. Eppure, sapeva che la Panamericana avrebbe richiesto uno sforzo ancora maggiore, sia fisico che mentale. Già durante il liceo si era impegnato a stabilire un record sul Double SCAR, un trail di 144 miglia nel Great Smoky Mountains National Park. Il primo tentativo, a soli 17 anni, si era concluso con una frattura da stress dopo 100 miglia. Invece di scoraggiarlo, l’incidente lo aveva motivato ancora di più, insegnandogli che ogni fallimento può essere un trampolino di rilancio.

Dall’Alaska al Texas in controvento

Mentre Almand lascia Prudhoe Bay, il 31 agosto, il sole di fine estate gli scalda la schiena e l’aria è fresca e frizzante: sembra che niente possa fermarlo. Si sente in forma e ha la mente lucida, e le prime settimane scorrono via lisce, mentre attraversa le Montagne Rocciose occidentali tra paesaggi mozzafiato e con una progressione straordinaria, che gli permette di stabilire un FKT (Fastest Known Time) dal confine settentrionale degli Stati Uniti a quello meridionale.

Poco prima di varcare il confine tra Canada e Stati Uniti, un amico gli scrive per informarlo che qualcuno ha appena segnato un nuovo FKT dal Canada al Messico. Almand, però, pedala con una media di 220 miglia al giorno (circa 354 km) e sembra pronto a battere quel record quasi senza accorgersene. Quando raggiunge il confine meridionale del Colorado, la sua media è salita a oltre 230 miglia giornaliere (circa 370 km). Tuttavia, arrivato in Texas, l’euforia cede il passo alla stanchezza.

Dopo 23 giorni in sella alla bici, il ventenne si trova ora a fare i conti con il caldo torrido e i venti contrari, provenienti da sud e sud-ovest, che sollevano nubi di polvere e sabbia obbligandolo a rallentare fino a 10 miglia orarie. Il paesaggio texano è spoglio, secco, monotono. I pensieri sull’impatto del cambiamento climatico, alimentati dalla desolazione intorno a lui, lo incupiscono. E quella che doveva essere una tappa di due giorni verso il confine con il Messico si trasforma in un’agonia di tre giorni.

Bond Almand con un trovatello sulla strada da Querétaro a Sahagun, Messico © Bond Almand
Bond Almand con un trovatello sulla strada da Querétaro a Sahagun, Messico © Bond Almand

Il momento più brutto arriva quando un cane curioso corre in strada verso Almand, e un’autocisterna in arrivo dalla direzione opposta lo investe, uccidendolo sul colpo. Non è colpa sua, ma Bond si sente comunque responsabile: se non fosse passato lui, il cane non avrebbe attraversato la strada. Questo dispiacere, unito alle condizioni ambientali, rende le successive otto ore praticamente insopportabili. Nonostante stia per stabilire un nuovo FKT dal Canada al Messico, il ragazzo non riesce a esserne felice e continua a pedalare con le lacrime agli occhi e il cuore pesante.

Sulle strade del Messico

Nonostante le difficoltà affrontate in Texas, con l’ingresso in Messico, Almand riesce a ritrovare l’entusiasmo. "La vera sfida inizia ora", scrive sul suo blog, riferendosi alle 9.500 miglia rimanenti. “Il riscaldamento è finito. Inizia la vera prova della Panamericana”, e infatti, dopo due giorni di relativa tranquillità nel Messico settentrionale, il ciclista si trova ad affrontare le insidie delle strade che collegano le grandi città dell’entroterra, come San Luis Potosí, Querétaro e Città del Messico, le più pericolose di tutto il viaggio. Pianificando il percorso, aveva scelto di passare per le alture dell’interno invece che sulla costa del Golfo, seguendo le raccomandazioni del Dipartimento di Stato americano per evitare zone a rischio di attività dei cartelli della droga. Ma col senno di poi, forse sarebbe stato meno rischioso di affrontare il caos delle autostrade.

Una sosta durante la tappa da Cosamaloapan a Cárdenas, Messico © Bond Almand
Una sosta durante la tappa da Cosamaloapan a Cárdenas, Messico © Bond Almand

Un giorno, un tir gli passa così vicino da sfiorarlo con il rimorchio. Poco dopo, nel tentativo di evitare un altro mezzo, il ragazzo si schianta contro un camion parcheggiato, rompendo il cerchione anteriore della bici e cadendo rovinosamente. Gli incidenti sono all’ordine del giorno: qui Almand ha il suo primo attacco di panico, davanti al corpo di un pedone appena investito. Ogni volta che sale sulla bici, l’ansia lo assale, ma nonostante tutto continua a pedalare, trovando conforto nei messaggi di supporto di amici e familiari sui social e su Strava. 

Attraversando paesaggi segnati dall’impatto umano – dai giacimenti petroliferi del Texas alle immense aree agricole industriali – Almand riflette sull’equilibrio tra progresso e sostenibilità, maturando una consapevolezza che arricchisce il significato del suo viaggio e della sua esperienza di studente.

“Quel ragazzo che ama andare in bici”

La mattina del 15 novembre, Bond Almand raggiuge Ushuaia, in Argentina, il punto di arrivo della Pan American Highway. Ad accoglierlo ci sono suo padre e la matrigna. È esausto, sporco, affamato e dimagrito, ma ha appena conquistato un record mondiale: 13.595 miglia (circa 21.876 km) percorse in 76 giorni. Eppure, Almand non cerca la gloria. Anzi, sembra non aver ancora completamente processato la sua avventura: ha avuto tanto tempo per pensare, ma mentre pedalava i pensieri sembravano semplicemente svanire. C’erano solo il ritmo del respiro e la strada sotto le ruote. Tornato alla sua routine, a Bond non sembra dispiacere di essere di nuovo uno studente come tanti: "Non voglio essere ricordato solo come ‘il tizio del record mondiale’. Voglio che mi si conosca come ‘quel ragazzo che ama andare in bici’", ha dichiarato a Betsy Welch di Velo.

Naturalmente, il pensiero di pedalare verso nuovi orizzonti e misurarsi con nuove sfide non ha abbandonato Bon Almand. Per lui, però, il segreto del successo è semplicemente trovare un significato in ciò che si fa: "Se ci credi davvero, le grandi cose possono arrivare. Ma la bellezza sta nel farlo per te stesso: che ci avessi messo 80 o 600 giorni, sarei stato felice comunque."

Giorno 23: Bond Almand raggiunge il confine con il Messico © Bond Almand
Giorno 23: Bond Almand raggiunge il confine con il Messico © Bond Almand
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