"La base di atleti si sta allargando, stiamo lavorando bene"
Intervista al commissario tecnico della nazionale di ciclocross Daniele Pontoni che ci ha parlato delle sue responsabilità come CT, dei Mondiali di Hoogerheide e del movimento giovanile in crescita
Sono terminati da quasi una settimana i Mondiali di ciclocross di Hoogerheide, ma la stagione non è ancora finita. Prima che anche quest’emozionante inverno giunga al suo crepuscolo abbiamo intervistato il commissario tecnico della nazionale italiana Daniele Pontoni perché condividesse con noi un bilancio di quanto raccolto dall’Italia nel Campionato del Mondo, per parlare del movimento giovanile e dei due campioni italiani Silvia Persico e Filippo Fontana. C’è stato inoltre spazio anche per approfondire alcuni aspetti del calendario nazionale e dei suoi percorsi.
Lei ha vissuto da protagonista svariate rassegne iridate e si è anche laureato campione del mondo con i professionisti nel 1997, ultimo italiano a riuscirvi. Qual è la differenza tra essere atleta e CT a livello emotivo e nervoso prima di una gara così importante?
“Da atleta devi pensare solamente a te stesso, l’obiettivo è uno, unica è la cosa su cui devi concentrarti. Come tecnico, invece, devi badare a 10-15 crossisti diversi e assicurarti che tutto vada per il verso giusto. Si è responsabili dell’organizzazione, dello staff, quindi c’è più pressione”.
Ci racconti cosa le piace del suo lavoro di CT.
“Ciò che mi appassiona è poter dare qualcosa ai ragazzi, spronarli, motivarli a dare il meglio anche quando non sembra facile. Grazie all’esperienza accumulata sul campo nel passato posso dar loro molte indicazioni per guidarli nel modo giusto, insegnando loro quali sono le strade sbagliate da non seguire”.
Come valuta i risultati ottenuti dagli azzurri ai Campionati del Mondo di Hoogerheide? Quali erano gli obiettivi e le aspettative?
“L’obiettivo di cogliere una medaglia era alla portata e ovviamente con due quarti posti e il quinto nella team-relay ci siamo andati vicini. Quindi c’è da recriminare, soprattutto nel caso di Federica Venturelli a cui è sfuggita la medaglia di bronzo per appena pochi centimetri, però siamo comunque felici. Anche il passaggio di Pieterse alla categoria élite prima della tappa di Benidorm ha un po’ scombinato le carte; rispetto al 2022 Silvia Persico aveva due avversarie in più per il podio. Comunque c’è la consapevolezza di star lavorando bene, le medaglie colte in ben tre grandi eventi su quattro nelle ultime due stagioni, agli Europei e ai Mondiali, lo testimoniano. Ora ci sarà il cambio di categoria nel 2023-2024 e dato che si lavora di biennio in biennio arriveranno nuove sfide”.
Tra tutti gli atleti che hanno partecipato ai campionati nelle categorie giovanili e tra coloro che passeranno l'anno prossimo alla categoria juniores, quali sono quelli su cui ha maggior fiducia per il futuro?
“Ci sono Federica Venturelli e Valentina Corvi che sono molto competitive nelle loro categorie e anche Davide Toneatti, quarto all’Europeo di Namur tra gli under 23, si è comportato bene e dalla prossima stagione correrà nella categoria élite. Passeranno poi dagli allievi agli juniores svariati crossisti interessanti tra cui Elisa Ferri; il ricambio generazionale è ottimo. Inoltre alcuni primo anno juniores avranno nel 2023-2024 la possibilità di farsi valere in contesti di primo piano con un anno di esperienza in più alle spalle. Parlo, per esempio, di Nicholas Travella, Christian Fantini e Tommaso Bosio”.
Rimanendo in ambito azzurro, Silvia Persico sarà sempre più impegnata con il ciclismo su strada, il cambio di squadra ne è indicativo (è passata con la UAE Team ADQ, ndr). Continuerà ugualmente a concentrarsi sul ciclocross e in particolare sui Mondiali oppure i suoi appuntamenti invernali diventeranno sempre più sporadici?
“Silvia deve ancora programmare il suo prossimo inverno, ma sarà sicuramente simile a quello appena terminato. Il Mondiale sarà ancora una volta il suo obiettivo principale, soprattutto alla luce del fatto che si svolgerà su un percorso a lei adattissimo come Tabor. Per ulteriori dettagli bisogna aspettare di vedere come andrà l’intensa stagione stradale. I contatti tra Federazione e UAE Team ADQ sono buoni, non ho ancora sentito la responsabile della squadra ma lo farò molto presto”.
Filippo Fontana in questo 2022-2023 ha compiuto il proprio destino vincendo il tricolore e imponendosi come migliore crossista italiano, tuttavia ha svolto poche gare in Belgio. In futuro gareggerà maggiormente nelle Fiandre o prediligerà concentrarsi su altre discipline trascorrendo l'inverno in Italia?
“Fontana ha intenzione di aumentare in futuro il proprio investimento di tempo nel ciclocross, ma è ancora presto per dire quale sarà il suo programma per il 2023-2024 che verrà deciso in accordo con la sua squadra. La Federazione ne è estranea”.
A livello giovanile, dagli esordienti agli juniores, i numeri dei praticanti italiani sono in crescita rispetto ad una decina di anni fa?
“Sicuramente. I numeri sono notevolmente aumentati rispetto a dieci anni fa, basti dire che al campionato italiano ci sono stati ben 600 partecipanti in queste categorie, più della metà del totale: la base di atleti si sta allargando”.
La multidisciplina rappresenta secondo lei un modello vincente per risollevare le sorti dell'Italia a livello ciclistico oltreché ciclocrossistico?
“Come dimostrato recentemente in altre nazioni da celebri crossisti, la multidisciplina, se fatta con criterio, risulta fondamentale nella crescita a tutto tondo di un ciclista. Attualmente in Italia viene praticata moltissimo tra i giovani e ciò è un bene, però dalle categorie UCI in poi i numeri di coloro che continuano ad alternare discipline diverse diminuiscono drasticamente. Il nostro problema non è economico ma di mentalità, in altri paesi ci sono team che investono tempo in questo e ci credono e infatti i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Team manager e federazione devono cambiare passo se vogliamo imitare i modelli stranieri”.
Quest'anno il calendario italiano ha visto al proprio interno diverse gare internazionali, più che in passato. Già un punto d'arrivo o si può crescere ulteriormente in futuro?
“Questo è un punto di partenza, tanto che il prossimo anno le gare internazionali in territorio italiano aumenteranno ulteriormente di numero. Il bando per l’organizzazione di prove di cross nazionali termina il 20 marzo, ma ci sono già moltissime richieste”.
Spesso in Italia si vedono percorsi molto diversi rispetto a quelli belgi. Si può migliorare anche sotto questo aspetto oppure ci sono delle motivazioni strutturali a impedirlo?
“Il disegno dei vari tracciati dipende principalmente dal luogo in cui si svolgono le prove. In circuiti come Faè di Oderzo è complicato inventarsi qualcosa, mentre a Vittorio Veneto, per esempio, si può rischiare di più e inserire nel percorso anche contropendenze, tratti in salita e segmenti tecnici in discesa. Poi chiaramente i partecipanti fanno tutta la differenza del mondo”.
Negli ultimi tempi, soprattutto in Coppa del Mondo, hanno trovato sempre più spazio percorsi veloci e scorrevoli che favoriscono l'indecisione fino all'ultimo giro a discapito del contenuto tecnico; qual è la sua opinione in proposito?
“Personalmente apprezzo maggiormente i percorsi in cui le medie orarie sono più lente, però alcuni di questi facenti parte della Coppa sono a sé stanti, ad esempio Vermiglio e Zonhoven. La linea attuale dettata dalla società che organizza la CDM, Flanders Classic, è di portare all’interno del circuito internazionale sempre più percorsi veloci con l’obiettivo di generare indecisione sul nome del vincitore fino all’ultimo giro”.
In che cosa è cambiato maggiormente il ciclocross degli ultimi anni rispetto ai suoi tempi?
“Adesso la dote più importante per primeggiare nel ciclocross è sicuramente la potenza. Anche i tracciati sono pensati per atleti potenti e rispetto al passato difettano di difficoltà tecniche. Al momento prevale nettamente l’aspetto fisico tra i tanti requisiti necessari per imporsi in questa disciplina”.