Colbrelli senza fiato, senza freni, senza fine!
Un maestoso Sonny resiste in salita alle bordate di Evenepoel e lo batte nella volata a due di Trento: è lui il nuovo Campione Europeo su strada. Cosnefroy a podio, Trentin quarto, una gara spettacolare dall'inizio alla fine
Una grande giornata di ciclismo azzurro, una grande giornata di Sonny Colbrelli, un trionfo di squadra, l'ennesimo, quattro di fila in quattro Europei consecutivi, un successo apicale per il bresciano, vittoria mai così importante, così meritata, così piena in una carriera in cui le soddisfazioni - che pure non son mancate - sono state spesso di numero inferiore ai rimpianti. Ma questo Sonny, questo Colbrelli versione 2021 è un parente arrabbiato dei Sonny degli anni '10, è volitivo e digrigna i denti come prima forse non faceva, li digrigna per lo sforzo ma anche per involontaria quanto veritiera intimidazione nei confronti degli avversari.
E oggi gli avversari si chiamavano Remco Evenepoel, Benoît Cosnefroy, Tadej Pogacar, Marc Hirshi, tanto per dirne alcuni. Ma certo c'erano anche alcuni amici, possiamo citare Diego Ulissi e il suo attacco che ha fatto entrare la corsa nella sua fase matura, possiamo citare Gianni Moscon e le sue incursioni nei gruppetti di testa, possiamo citare Matteo Trentin e il suo ruolo determinante nell'indirizzare la gara verso il sicuro porto azzurro. Tutte dinamiche che hanno condotto all'esito voluto, alla vittoria italiana, e dire che infilare la quarta in quattro anni diventava statisticamente improbabile, ma oggi la Nazionale di Davide Cassani era più forte pure della statistica. E sottolineiamo "Nazionale", con la maiuscola. E sottolineiamo "di Davide Cassani", perché ancora una volta il suo marchio è stato evidente, chiarissimo sulle mosse degli azzurri, esattamente come nei precedenti tre Europei dominati. Anche oggi puntuali e presenti, magari non strabordanti come a Glasgow, magari senza un capitano in stato di grazia come ad Alkmaar, oppure senza una punta perfettissima per il percorso come a Plouay, ma inesorabili dall'inizio alla fine, un grado di efficacia pari al 99% (l'1% lo concedi sempre a qualche possibile imprevisto), una capacità impressionante di correre per la vittoria.
E poi l'unione della squadra, questo è l'altro marchio di Cassani, che ha una capacità rara di far sposare un progetto ai ragazzi che di volta in volta coinvolge, e che fa in modo ogni volta che la maglia venga onorata dal primo all'ultimo metro. E questo è un fatto, a parte forse due o tre fisiologiche eccezioni, nella quindicina di volte che la Nazionale guidata dal romagnolo è stata impegnata in competizioni internazionali possiamo dire di aver visto i nostri fare sempre un figurone; perlomeno questo l'ha visto chi non si è fermato a guardare l'ordine d'arrivo ma ha voluto analizzare a fondo le prestazioni italiane. Diciamolo già ora, indipendentemente da come andranno i Mondiali di Leuven tra qualche giorno: con Cassani perdiamo un ct epocale. Buona fortuna al successore: ma veramente, ne avrà tanto bisogno.
Torniamo ancora un attimo a Colbrelli, la scorsa settimana aveva coltivato sogni mostruosamente proibiti sulle strade delle classiche più belle, quelle del Nord, dominando la scena però non tra Decane e Regine ma nel più terragno Benelux Tour: anche se non fa palmarès come un Fiandre, il giretto in questione è intanto una bella vittoria da vantare, ma soprattutto accendeva i riflettori sulla condizione eccellente del bresciano. Chissà se almeno lui si immaginava che sarebbe riuscito a gestire un finale al cardiopalma solo contro Remco Evenepoel, e che sarebbe riuscito a resistere ai fendenti che il belga gli menava con crudeltà sulla salita di Povo. Ma il citato Sonny 2021 non teme neanche tanto più la salita: dire che sia entrato finalmente nella giusta dimensione di vincente internazionale non è più un azzardo, anzi da oggi c'è quella maglia piena di stelle a confermare e ricordare a tutti il concetto. E onestamente è una dimensione che Colbrelli, a 31 anni e nel pieno della maturità, meritava di raggiungere.
E questa dimensione l'ha raggiunta, tra l'altro, nella gara forse più bella dell'anno, una sequela mai finita di attacchi, scontri a viso aperto, chiamate in causa dirette ai big della startlist, con una selezione accentuata già nella prima parte della corsa, segnata altimetricamente da tre salite impegnative (compreso mezzo Bondone) prima degli 8 giri di circuito previsti. Uno spettacolo degno di essere ricordato nel tempo.
La cronaca della corsa. 179.2 km totali da Trento a Trento per il Campionato Europeo su strada professionisti, un tratto in linea di 73.4 km pieno di salite e una corsa che si è accesa immediatamente, già sulla salita di Cadine in partenza. Qui si sono mossi il belga Harm Vanhoucke, lo spagnolo Antonio Soto e i francesi Aurélien Paret-Peintre e Franck Bonnamour. Il gruppo ha subito iniziato a perdere pezzi (Sam Bennett e altri uomini più o meno veloci), qualcuno s'è poi temporaneamente salvato sulla successiva discesa, ma non sarebbe stata una giornata facile.
L'Italia è stata la prima nazionale a muoversi all'inseguimento della fuga, che a 150 dalla fine, ai piedi della seconda scalata di giornata, vedeva per i battistrada un vantaggio di 55"; Slovenia e Svizzera hanno dato una mano agli azzurri, poi sulla salita di Vigo Cavedine è partito un gruppo di contrattaccanti animato dagli spagnoli: David De La Cruz, Gorka Izagirre e Mikel Landa. Un'azione che si proponeva come importante, per cui non sono stati banali i nomi che hanno scelto di accodarsi: il francese Thibaut Pinot, lo svizzero Sébastien Reichenbach, l'italiano Andrea Bagioli, il tedesco Jonas Rapp, quindi anche l'austriaco Felix Grossschartner. Ai -142 questi rilanciatori hanno raggiunto i primi, e in cima alla salita, ai -139, il margine sul gruppo ammontava a 20", con l'Italia in controllo dietro. Dal gruppo, già selezionato, avevano perso contatto corridori come Mattia Cattaneo o il belga Philippe Gilbert.
I fuggitivi hanno guadagnato fino a 1'16", dopodiché con l'avvicinarsi al Bondone (scalata che sarebbe terminata a metà strada, a Candriai), il Portogallo ha preso le redini della corsa, tirando forte il plotone e riavvicinandolo sempre più nettamente ai primi. Sulla terza scalata di giornata altra selezione in gruppo, lo slovacco Peter Sagan ha salutato la compagnia con lo spagnolo Iván García Cortina e il belga Dylan Teuns, più avanti avrebbero vissuto momenti di difficoltà lo sloveno Matej Mohoric, l'olandese Bauke Mollema e pure Filippo Ganna, ma questi ultimi tre sarebbero tutti rientrati sulla successiva discesa.
La Francia ha messo a ferro e fuoco il Bondone, successivi attacchi di Pierre-Luc Périchon, Romain Bardet, Warren Barguil, lo scopo era far corsa dura a beneficio di Benoît Cosnefroy, il risultato è stato che pezzi da novanta come Remco Evenepoel, Gianni Moscon, Pavel Sivakov si sono mossi per rispondere alle sfuriate dei transalpini. Sulla discesa c'è stato ancor più rimescolio che in salita, l'avanguardia del gruppo ha raggiunto i fuggitivi formando un drappellone di 24 unità al comando della corsa, formazione con cui si è approdati al circuito di Trento, da ripetere 8 volte.
Al primo giro Diego Ulissi ha tirato sulla salita di Povo, ma ciò non è bastato a impedire al secondo gruppo di tornare sul primo a 98.5 km dal traguardo. A fine tornata, ai -93, sono partiti cinque uomini: il portoghese Nelson Oliveira, ancora Rapp e Barguil, il belga Stan Dewulf e lo spagnolo Roger Adrià. L'Italia, con Ganna, ha ripreso a tirare, quindi ai -89 (eravamo appena entrati nel secondo giro) lo svizzero Matteo Badilatti è scattato per portarsi sui battistrada, rilevando Rapp che nel frattempo veniva appiedato da un problema al cambio.
I nuovi battistrada avevano 18" quando Diego Ulissi, sul punto più duro della salita di Povo (ai -87.5), è improvvisamente partito, riaccendendo la corsa: da qui un profluvio di tentativi e contrattacchi. Il belga Victor Campenaerts si è mosso con Ulissi, e i due hanno raggiunto presto i fuggitivi, ma il gruppo era già a un passo e avrebbe chiuso a breve. Intanto l'Italia perdeva Ganna, staccatosi dopo il precedente lavoro.
Ulissi in questa fase era indiavolato, è ripartito ancora con Campenaerts e con Dewulf e Oliveira, ma dia dietro grossi movimenti con Gianni Moscon, lo svizzero Marc Hirschi e nientemeno che lo sloveno Tadej Pogacar. Anche quest'azione non ha avuto spazio, ai -79 il gruppo ha ripreso questi intercalati (attivo anche Sonny Colbrelli in questi frangenti) e ai -78 ha raggiunto pure i Ulissi e gli altri battistrada: mancavano a questo punto 6 giri alla conclusione.
La terza tornata è iniziata con un accenno di contropiede di Mohoric, ma i colpi grossi son venuti di nuovo sulla salita di Povo: Bardet ci ha provato ai -74.5, ancora Mohoric ha tentato ai -72, ma è stato Matteo Trentin ai -70 a promuovere una nuova importante fuga: dietro al trentino si sono mossi l'inesauribile Campenaerts, l'ucraino Mark Padun, il norvegese Markus Hoelgaard e, di nuovo, un Pogacar particolarmente centrato. Il quintetto (compostosi precisamente ai -69) ha guadagnato oltre mezzo minuto in pochi chilometri, 32" ai -66 al nuovo passaggio al traguardo, e ancora più su 35" ai -63, con la Francia chiamata a rifare gli straordinari dietro per non far prendere il largo all'azione.
La quarta scalata a Povo ha visto una nuova ondata di selezione in gruppo: la Francia ha tirato finché ha potuto, tanto forte, sacrificando Pinot e Barguil, e così facendo ha sbriciolato letteralmente il plotone. In cima, ai -61.5, Cosnefroy ha forzato e ha allungato con Hirschi ed Evenepoel. Lo svizzero ha addirittura mollato dopo poche pedalate, e gli altri due hanno chiuso rapidamente sui battistrada: Hirschi restava un passo dietro con Sivakov, Colbrelli e un altro belga, Ben Hermans; Bardet restava ancor più indietro (con Padun) e gli altri risultavano tutti dispersi.
Ai -61, mentre da dietro rientravano Evenepoel e Cosnefroy, Pogacar ha spinto a fondo allungando e chiamando la risposta di Remco. Trentin, Cosnefroy, Hoelgaard e Campenaerts si son rifatti sotto, poi è rientrato pure Sonny; qualche secondo più indietro c'erano sempre Sivakov, Hermans e Hirschi, i resti del gruppo erano a oltre mezzo minuto. I tre corridori intercalati son rientrati sui primi ai -55, a completare il plotoncino di 10 uomini che sarebbe andato a giocarsi il successo. In mezzo tra i primi e il gruppo restavano sempre Bardet e Padun, che però non sarebbero più riusciti a riavvicinarsi alla testa della corsa, anzi sarebbero stati raggiunti dal solitario João Almeida.
Al passaggio dei -4 giri (53 km alla conclusione) il vantaggio dei 10 ammontava a 34" sul terzetto Bardet-Padun-Almeida, a 51" sulla coppia Mollema-Dewulf, a 1'05" il tedesco Simon Geschke e a 1'22" il gruppo comprendente tra gli altri Ulissi e Moscon. Sul quinto Povo il ritmo sostenuto di Almeida ha fatto staccare Padun dal secondo gruppetto ai -50, intanto Campenaerts dopo tanto lavorare perdeva contatto dai primi, tirati da Hermans.
Ai -46 c'è stato un ricongiungimento degli inseguitori, Mollema e Dewulf hanno raggiunto Almeida e Bardet a cui si era accodato Campenaerts, poco più di mezzo minuto il ritardo di questo drappello, animato più che mai da Almeida e Mollema, rispetto ai battistrada che stavano vivendo un giro di assestamento dopo i fuochi d'artificio precedenti. Ai -43.5 Almeida, trovando poco soddisfacente l'andazzo nel secondo drappello, ha preso ed è partito da solo, dietro Campenaerts e Mollema si sono mandati a quel paese, il portoghese comunque ci credeva e non ci credeva, fatto sta che ai -42 s'è mezzo rialzato e l'hanno ripreso, mentre da dietro rientrava pure Geschke: cenni di cronaca secondari in un contesto in cui la corsa continuava a farsi tra i 9 al comando.
A 39 dal traguardo, al terz'ultimo passaggio sotto lo striscione, i battistrada avevano 48" di margine. Anche la sesta ascesa a Povo è stata percorsa ad andatura controllata, alle spalle del solito Ben Hermans: non era ancora tempo di riaccendere la miccia, e per i due azzurri, posizionati alla ruota del belga, non era certo una notizia negativa, avendo essi il pensiero di dover contenere eventuali attacchi di un Pogacar, un Evenepoel, un Hirschi...
Una volta scollinati ai -34, tutti i nove al comando si sono rimessi a tirare a turno, sono transitati al penultimo passaggio ai -26 con 1'45" sul gruppetto Almeida, e sul settimo Povo, quando tutti aspettavamo una svolta, è stato Sivakov a dare la stura ai -22.5: sul russo c'era Colbrelli in marcatura, ma da quelle parti c'era pure Remco che non aspettava altro che un invito all'azione: detto fatto, Evenepoel è partito in contropiede, secco, fortissimo. Cosnefroy, in agguato alle sue spalle, non ha mancato la presa. Colbrelli, eccellente, è saltato dalla ruota di Sivakov a quella del trenino che andava a partire.
Meno pronto è stato Pogacar, che ha preso 5 metri di buco, con lui anche Hirschi: che dici, chiudiamo? Ci hanno provato, ma davanti c'era una bestia, davanti c'era Evenepoel. Il fiammingo ha rilanciato in maniera ossessiva, continua, martellante. Ha chiesto un cambio a Cosnefroy che gli ha risposto qualcosa del tipo "ma che, sei matto?", già stava morendo per tenergli la ruota... allora Remco ha insistito da solo, ha bestemmiato in due o tre lingue, ha allargato da solo il margine sugli inseguitori, i quali metro dopo metro si infiacchivano vieppiù: ai -20.5 Pogacar e Hirschi hanno subìto il rientro di Sivakov, ai -17.5 si son riagganciati pure Hoelgaard, Hermans e Trentin, e intanto il distacco da Remco-Sonny-Benoît aumentava: 35" all'ultimo passaggio ai -13.
Se Colbrelli ogni tanto dava un cambio a Evenepoel, Cosnefroy se ne guardava bene, e aveva tutte le ragioni del mondo: la sua benzina stava miseramente finendo, e a 12 km dalla fine, sulle prime docili rampe della salita di Povo, si è staccato di colpo sul solito trenare del belga. Colbrelli, impassibile. Ai 10.5 Evenepoel ha scatenato l'inferno, si è alzato sui pedali aumentando il ritmo fino all'asfissia di Sonny, che però per questa volta l'ha scampata. Ai 9.4 altra botta di Remco, altra reazione di livello di Sonny. E la fine della salita era lì, ai -9, davanti agli occhi del bresciano: impresa riuscita, l'azzurro scollinava col belga, l'ostacolo principale era superato e la vista era sulla volata a due, sulla carta favorevole all'italiano.
Un altro urlaccio del ragazzo ha spinto Colbrelli a tornare a dare qualche cambio dopo la fine della discesa (ma del resto fin lì Sonny stava ancora boccheggiando). Nell'ultimo chilometro poi il bresciano ha lasciato spazio all'avversario, prego gestisca lei, è rimasto lì alla ruota di Remco fino all'ultima curva ai 300 metri, lì ha cambiato passo, ha anticipato all'esterno chiudendo (correttamente) la traiettoria a Evenepoel nella svolta a destra, e si è ritrovato in testa all'inizio dei 250 metri di rettilineo finale. Qui è partita la sua vera volata, con la quale ha stroncato le speranze del belga di potersela giocare.
Primo, nettamente, urlando di gioia e liberazione, vincitore della corsa forse più bella dell'anno, Campione Europeo su strada 2021: tutto questo per Sonny Colbrelli all'apice della carriera. Secondo e ingrugnito parecchio Evenepoel, terzo a 1'30" Cosnefroy per un bronzo meritato per la Francia; a 1'44" è arrivato il gruppetto, che se ci avesse creduto un po' di più avrebbe potuto contendere il podio a Benoît. Qui Trentin, esultando e aizzando la folla di casa (sua), ha vinto nettamente la volata del quarto posto davanti a Pogacar, Hirschi e Hoelgaard, con Hermans cronometrato a 1'46" e Sivakov a 1'49". A 5'41" Campenaerts ha anticipato gli altri prendendosi in solitaria un simbolico decimo posto. Ulissi ha chiuso al 15esimo posto a 6', Moscon al 30esimo e penultimo a 9'21" (con lui Vanhoucke, ultimo).
Un ordine d'arrivo di gran lusso per una corsa che continua a essere territorio di caccia italiano. Così come il medagliere di questi Europei trentini, dominato dagli azzurri con 4 ori, 3 argenti e 1 bronzo, davanti al Belgio (2-2-1), alla Svizzera (2-0-0), alla Germania (1-4-1), all'Olanda (1-1-3), alla Francia (1-0-5), alla Russia e alla Danimarca (1-0-0), alla Norvegia (0-2-0), all'Ungheria (0-1-0), alla Spagna e alla Lituania (0-0-1).