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Giro d'Italia, sullo Zoncolan svaniscono definitivamente le speranze di classifica per Fabio Aru
Sullo Zoncolan sventola bandiera bianca. E, purtroppo, a segnalare la resa è il campione italiano Fabio Aru, costretto agli straordinari per non andare alla deriva. La condizione del corridore sardo è lontana anni luce da quella vista nei primi 10 giorni del Tour dello scorso anno o da quella del Giro di tre anni fa. Ora il portacolori della UAE Team Emirates è 13° in classifica generale e accusa un ritardo dal leader della corsa, Simon Yates, di 5'33", un distacco troppo ampio per poter pensare ancora alla conquista della maglia rosa.
Ultimi 6 km tra smorfie, andatura scomposta e un passo troppo lento
Sono 143 i secondi di ritardo accusati da Aru nei confronti del vincitore della tappa dello Zoncolan, Chris Froome, 137 quelli subiti dalla maglia rosa Yates. L'azzurro si è staccato dal gruppetto dei migliori quando mancavano ancora 6 km al traguardo dei 1730 metri del Kaiser. Questo significa che il campione sardo ha preso un passivo di quasi 24 secondi a km da Froome e di 23 secondi a km dalla maglia rosa.
Insomma, il leader della UAE Team Emirates non va o quantomeno non ha nelle gambe la forza per poter restare con i grandi big della generale in questo Giro. Il cambio di ritmo imposto da un immenso Wout Poels, gregario extralusso di Chris Froome, ha mandato in tilt il corridore sardo che è rimasto agganciato alla coda del gruppo fino allo striscione dei meno 6 km dal traguardo. Da lì il calvario con le sue solite smorfie, l'incedere scomposto sulla bici e un continuo tentativo di rilanciare l'andatura reso vano dal cronometro che, inesorabile, registrava un ritardo che si dilatava.
Il trend è chiaro: sempre in affanno da inizio Giro
D'altronde sin dall'inizio il campione azzurro ha dimostrato di non avere il passo dei migliori: nella cronometro di Gerusalemme, piena di saliscendi ma comunque in un terreno poco amato dal nativo di Villacidro, Aru ha preso 50" da Dumoulin e 30 da Yates. I primi dubbi sono arrivati con la tappa dell'Etna vinta da Chaves quando Aru non arrivò assieme alla coppia della Mitchelton-Scott, salvandosi, per quanto arrancando, rimanendo nel gruppetto dei migliori a 26" dal duo di testa. Dopo l'innocua Montevergine di Mercogliano, dove è rimasto senza problemi nel drappello della maglia rosa, la tappa con arrivo a Campo Imperatore ha lanciato il primo vero allarme sulle sue condizioni: 1'14" di ritardo da Yates, Pinot e Chaves, poco meno da Pozzovivo, Carapaz e Formolo.
La mancanza di brillantezza si palesa ancora nella frazione con arrivo a Osimo, con il sardo che si stacca nello strappo conclusivo arrivando a 21" di ritardo dalla maglia rosa e a 19" da Dumoulin, comunque davanti a un Froome apparso veramente in difficoltà. Il confronto con il britannico della Sky è impietoso se si confronta l'evidente cambiamento nel giro di 72 ore: il britannico passa dallo status di grande sconfitto della prima metà del Giro a mina vagante della Corsa Rosa, pronto a far saltare il banco nell'ultima settimana grazie anche alla forza della squadra. Aru, invece, prosegue la sua parabola discendente continuando ad accusare ritardi pesanti non soltanto dalla maglia rosa Yates ma anche, a turno, da Froome, Pozzovivo, Pinot e altri big della top ten di questo Giro.
Sullo Zoncolan il crollo, ora nuovi obiettivi cercansi
I risultati dei giorni precedenti non facevano sperare nulla di buono per la tappa odierna e l'ordine d'arrivo sullo Zoncolan è la perfetta trasposizione delle preoccupazioni della vigilia: 17° posto finale a 2'23" dal vincitore Chris Froome. Un risultato che mette con le spalle al muro il sardo, giunto dietro ai vari Reichenbach, Bilbao, Konrad, Betancur, Oomen e O'Connor, atleti che il miglior Fabio Aru avrebbe staccato in una salita come quella di oggi.
Meglio uscire definitivamente di classifica, dimenticare il sogno rosa e mettere nel mirino una delle grandi tappe di montagna rimaste tra domani e sabato prossimo. Prima, però, serve ritrovare gamba e motivazioni: il tempo e le opportunità, fra Sappada, Prato Nevoso, Bardonecchia e Cervinia, di certo non mancano per cercare di aggiustare un Giro che finora è stato ben al di sotto della sufficienza.
Meno competitivo rispetto al passato?
Ma il Fabio Aru di oggi è solo un lontano parente da quello che abbiamo apprezzato in passato e ora tutti si chiedono cosa abbia sbagliato nella preparazione per la Corsa Rosa. C'è già chi critica il suo avvicinamento al Giro: troppo poche le corse fatte in questa stagione con Tirreno-Adriatico e Tour of the Alps come gare di rilievo in vista della Corsa Rosa. Difficile sapere concretamente cosa stia mancando al ventisettenne che ha a disposizione anche una squadra di livello con corridori non certo mediocri.
La sensazione è che il sardo sembri nettamente meno competitivo rispetto al passato e di certo nei grandi giri cui ha partecipato non sono mancati gli avversari di livello nel confronto col parterre di questa edizione della Corsa Rosa. Nel Giro del 2015 ha chiuso al secondo posto a meno di 2' da Contador; nella Vuelta dello stesso anno, l'unica corsa di tre settimane da lui vinta fino a questo momento, ha avuto la meglio su avversari di primo piano come Rodríguez, Majka, Quintana, Chaves, Dumoulin e Valverde.
Nel 2016 ha chiuso il Tour al 13° posto senza alcun acuto e crollando nell'ultima tappa di salita, patendo la giornataccia bagnata di Morzine. Nel 2017 la prima metà della Grande Boucle, con Aru per due giorni in giallo e splendido vincitore a La Planche des Belles Filles, ci aveva illuso in un suo rilancio nelle grandi corse a tappe. Ma l'ultima settimana fu quasi fallimentare per il sardo, uscito dalla zona podio dopo la frazione con arrivo a Serre Chevalier e con il quinto posto finale dal sapore beffardo. La scorsa annata non si è poi chiusa al meglio per il campione italiano alla Vuelta visto il deludente 13° posto a oltre un quarto d'ora di ritardo dal vincitore Chris Froome. E l'andamento di questo Giro, di certo, non è incoraggiante.