Il ciclismo di Pogačar e quello di Merckx: cuore da dilettanti
Dopo anni in cui questo sport è stato molto più reazionario e molto meno di pancia, Tadej è il simbolo di un ciclismo che si riavvicina a quello dell'epoca d'oro simboleggiata dal Cannibale
Qualche anno fa è andato in onda sulla RAI un programma\tributo, a cura di Auro Bulbarelli, dedicato a Eddy Merckx. Una puntata, anzi, due, vista la quantità di immagini, parole, ricordi e tutto il resto che il grande Eddy ispirava a tutti, su quel ciclismo già epico nel momento stesso in cui si correva, già leggendario ancor prima che i contendenti tagliassero il traguardo.
Un ciclismo ancora nel cuore e nell’immaginario di tutti gli appassionati, tanto che rimane, quel decennio, quello segnato da Merckx e i suoi contendenti, “il decennio d’oro” nella storia di questo magnifico sport.
Professionisti col cuore da dilettanti
Ebbene, durante quel programma, mentre Eddy scherzava con Gimondi e Adorni (ospiti insieme a Italo Zilioli) e mentre Bulbarelli mostrava video delle sue imprese e delle grandi sfide di quegli anni, non solo con i nostri italiani, ma anche e, spesso soprattutto, con gli spagnoli Fuente e Galdos, ecco… a un certo punto Eddy guarda Gimondi e, con quella eterna espressione da gattone che ha appena acchiappato il topo, dice una frase: “Eravamo professionisti, ma correvamo con il cuore da dilettanti”.
C’è tutto.
C’è tutto quel decennio, c’è tutta quella eterna sfida, c’è tutto quel rincorrere, da parte di Gimondi e degli altri, il fuoriclasse belga; c’è tutto quello che ha rappresentato quel decennio d’oro sognato e rincorso da molti appassionati, durante i decenni successivi.
Ecco, quella frase, quell’espressione di Merckx, mi è rimasta impressa, da allora, tanto che a volte mi capita di citare quelle parole, come fossero una sorta di preghiera laica in favore del ciclismo.
Preghiera che non sempre è stata ripetuta, soprattutto negli ultimi lustri, dove abbiamo assistito a un ciclismo molto più “reazionario” molto meno “di pancia”, come fa intuire quella semplice frase. Ripetiamola: “Eravamo professionisti, ma correvamo con il cuore da dilettanti!”.
Da Merckx a Pogačar: “Una gara degli juniores!”
Poi capita di rapportarsi al presente, che vuol dire l’attuale Tour de France, là dove un certo Tadej Pogačar sta facendo, e non solo da questo Tour, riempire le frasi e le parole degli appassionati di quel paragone che da cinquant’anni cerca un vero e proprio parallelo. Un paragone che ha un nome e cognome: Eddy Merckx.
Ecco, su quello che sono e saranno i risultati sportivi, di Pogačar (o di altri che stanno ben procedendo su quella strada) ci sarà modo di parlare e analizzare, soprattutto verso le fine carriera, ma per ora c’è una cosa, una frase, un pensiero, magari buttato lì anche per motivi diversi da quelli che abbiamo potuto leggere (o voluto, leggere). Una frase che Pogačar ha pronunciato ieri durante le interviste post tappa: “Oggi sembrava una gara degli juniores”.
Ecco… “sembrava una gara degli juniores”, detta dal più grande dei corridori odierni, mi è sembrata molto quel “eravamo professionisti ma correvamo con il cuore da dilettanti”.
C’è un fil-rouge che le unisce… o forse, vista la corsa che stiamo guardando e commentando… un fil-jaune.