Vorrei ma (ancora) non posso
Fiandre assai generoso degli italiani che si mettono in luce nell'Università del ciclismo, ottimi segnali dalle nuove leve
Ronde van Vlaanderen 2012, primo anno con l'arrivo ad Oudenaarde: Boonen vince resistendo al forcing di Pozzato e Ballan e battendoli allo sprint. Era probabilmente da questa data che il ciclismo italiano non riusciva ad essere protagonista sui muri fiamminghi, come invece è stato nell'edizione appena trascorsa. Un mix di giovani talenti purissimi, corridori più esperti pronti al salto di qualità e veterani alle ultime recite di spessore, che ha fatto divertire non poco il pubblico italico davanti alla TV e (i pochi fan sfegatati che hanno organizzato la trasferta) sulle stradine delle Fiandre. Andiamo ad esaminare uno ad uno gli italiani che oggi han detto la loro in corsa.
Il neopro' Troia in fuga dal mattino
Pronti via e subito fuga buona, con varie seconde linee ed un corridore italiano: Oliviero Troia. Quest'ultimo è esponente dell'ultima generazione di corridori che sta muovendo i primi passi nel professionismo, generazione nella quale il ciclismo italiano riveste molte speranze soprattutto per le corse del nord.
Troia, passista veloce presente in seno all'UAE Team Emirates, ha fatto già vedere ottime cose nella passata stagione con il Team Colpack (da ricordare soprattutto un quarto posto pesantissimo alla Paris-Roubaix Espoirs vinta da Filippo Ganna) per esordire in stagione con la formazione World Tour emiratina, cogliendo già un secondo posto in una frazione del Tour de San Juan (battuto dopo una lunga fuga da un certo Maximiliano Richeze, di certo non l'ultimo arrivato).
Assieme allo stesso Ganna ed a Simone Consonni (in mostra pochi giorni fa alla Tre Giorni di La Panne) Troia compone un terzetto di giovanissimi prospetti per le corse del nord lanciati dalla formazione "figlia" della Lampre, dunque ancora in parte italiana (E che tutto ciò serva a far comprendere ai vari dirigenti l'importanza di un team World Tour italiano che faccia fare le prime importanti esperienze internazionali ai neoprofessionisti azzurri).
Moscon predestinato, il futuro è dalla sua
Tornando alla corsa odierna, i fuggitivi han retto in testa fino a quando la Quick Step non ha acceso la corsa sul Muur, portando via il drappello da cui ha preso il volo il vincitore Gilbert. In tale drappello era presente anche un altro esponente di questa "New Wave" del pedale azzurro: Gianni Moscon.
Il corridore Sky ha inizialmente lavorato per Luke Rowe; quindi, ormai esausto, ha provato a giocarsi le sue carte, rimediando un'incoraggiante top 15, che fa il paio alla grande prova alla Roubaix 2016, in cui prima di una caduta inopportuna era nel gruppo dei migliori al fianco del capitano Stannard. Presto Moscon potrebbe godere di maggiori libertà, vedendo dove sono i suoi reali limiti.
Trentin ed Oss in continuo sacrificio
Sperando che invece Moscon non continui ad aspettare il suo momento per lunghi anni, come due suoi illustri corregionali, appartenenti alla generazione appena precedente. Daniel Oss, scudiero di Van Avermaet in BMC, svolge in ogni circostanza (oggi compreso) un furioso lavoro che corrisponde allo sforzo di 3-4 omologhi delle sue squadre.
Sulla cresta dell'onda dalla Gent-Wevelgem del 2010, Oss ha sprecato le rare occasioni in cui (più per défaillance dei propri capitani che per fiducia da parte dei direttori sportivi) ha potuto far la sua corsa, sacrificando regolarmente ogni ambizione sull'altare del gioco di squadra.
Più libertà sono concesse dalla Quick Step a Matteo Trentin che, a fronte di una discreta fiducia in lui riposta dal team belga, si ritrova sempre in squadra con qualcuno più esperto, più in forma, più carismatico (leggasi Boonen o Gilbert, ma anche il cagnaccio Terpstra) o semplicemente "più belga" di lui.
Oggi Trentin era presente nell'azione di squadra del Muur, dovendo però per tutta la gara stoppare (ottimamente tra l'altro) ogni tentativo di rimonte su Gilbert. Il trentino classe '89 è rimasto sulle ruote di Vanmarcke prima, di Sagan poi, e dopo la caduta dell'Oude Kwaremont ancora su Van Avermaet, finché le gambe glielo hanno concesso, dimostrando anche un'ottima attitudine a correre al di sopra del proprio livello. L'impressione è che al momento del definitivo salto di qualità Trentin potrebbe addirittura divenire il finalizzatore della formazione più forte per questo tipo di corse e togliendosi immense soddisfazioni.
Colbrelli, Bettiol e Felline, buona la prima
Stessa generazione, ma ben più anni di professionismo alle spalle, per Fabio Felline. Da sempre classificato come "liegista", il piemontese dopo i buoni risultati ottenuti ad inizio stagione (quarto alla Omloop Het Nieuwsblad) ha deciso di seguire tutta la campagna del pavé, sfoderando la miglior prestazione nel giorno più importante.
Nella fase di stallo successiva al Koppenberg, Felline ha avuto via libera dal capitano Degenkolb, non nella miglior giornata, sferrando attacchi in serie e contribuendo al raggiungimento del gruppo Boonen-Moscon-Trentin. Un fisiologico calo nel finale (dovuto anche ad una condotta di gara garibaldina) nulla toglie alla grande performance di un atleta che adesso potrà ampliare il proprio raggio d'azione in primavera.
Da segnare bene anche il nome di un altro che si credeva liegista e non pavearo. Parliamo di Alberto Bettiol, ventitreenne della Cannondale-Drapac; il toscano ha infilato delle prestazioni di tutto rispetto a cominciare dal decimo posto ad Harelbeke. L'ex Mastromarco è rimasto nel vivo della corsa fino alle battute finali, bagnando il debutto a Oudenaarde e dintorni con un ventiquattresimo posto. Se ai primi assaggi di pietre si comporta così, non vediamo l'ora di ammirarlo con maggiore esperienza.
Primo Fiandre anche per Sonny Colbrelli, che esordisce nel World Tour dopo una costante crescita nel mondo delle Professional italiane. A lungo protagonista in gara, Colbrelli ha forse perso l'attimo in un paio di occasioni, riuscendo però a rimontare con caparbietà e sofferenza (non dimentichiamo la caduta della vigilia e le conseguenti abrasioni). Un decimo posto finale che deve far sorridere il corridore del Bahrain Merida, che nei prossimi anni potrà tornare facendo tesoro del bagaglio di esperienza che porta con se dopo la gara odierna.
Modolo miglior italiano, e poi...
Passiamo quindi al finale: Gilbert, uscito dal drappello scattato ai -95 km, ha vinto la corsa, approfittando (anche) della caduta che ha messo fuori gioco Sagan e rallentato Van Avermaet, secondo davanti Terpstra e Van Baarle. Poco distante il drappello del quinto posto, ottenuto allo sprint da Kristoff su un altro azzurro: Sacha Modolo.
Questi, compagno di Troia alla UAE, si è trovato nel gruppetto con Boonen e Gilbert, e da lì ha iniziato una paziente gara di rimessa, attenta e di carattere, che lo ha portato ad ottenere un piazzamento da favola. Favola nella quale Modolo è rimasto anche nel dopo gara, con dichiarazioni emozionate: «Per me vale come una vittoria». Siamo contenti, Sacha, ma ci auguriamo che arrivi anche presto una vittoria pesante "vera"! Concludiamo questa panoramica con il nostro più esperto corridore da nord in attività.
E poi c'è Pippo
Più che un corridore ormai possiamo considerarlo uno showman, capace di apparizioni da protagonista al Processo alla Tappa sulle strade del Giro in Maggio (trasmissione che, a parer nostro, in futuro potrebbe condurre) e di album fotografici degni di modelli professionisti. Alla vigilia, l'ultima prodezza: «Se vinco il Fiandre me lo tatuo in fronte».
Il nome forse è anche superfluo, ma: "Signore e signori: stiamo parlando di Filippo Pozzato!" Ultimamente a tutto questo tran tran mediatico non era abbinato un ciclismo a tali livelli (ma l'asticella era posta davvero in alto), tuttavia oggi Pippo Nazionale ha davvero messo tutti a tacere, con un'ottima prestazione, in linea con gli altri corridori italiani, che lo ha portato ad un grande ottavo posto. Grande Pippo, ci hai provato, il tatuaggio lo meriti tutto!