La classica delle gambe morte
Le pagelle: Roglic sbaglia i tempi, Bernal podio prezioso. Ciccone battagliero, Nibali svuotato
Bauke Mollema - 10
È un'autentica impresa, quella realizzata nel romantico scenario lombardo dal trentatreenne di Groningen. Un'impresa frutto di gambe, di coraggio e astuzia, con cui Bauke Mollema ha saputo primeggiare in un contesto di alto livello in cui, invero, non lo si poteva meramente catalogare, alla vigilia, sotto la voce "sorprese". Già in top ten nella risalente edizione del 2012 (la penultima con arrivo a Lecco, chiuse settimo), l'olandese è corridore che ha già dimostrato, al netto di appuntamenti con la vittoria non troppo consueti (12 successi prima d'oggi in altrettante stagioni da professionista), di digerire percorsi esigenti per altimetrie e chilometraggio.
Impresa di gambe, si diceva, quelle che lo hanno supportato nella spinta di 18.5 chilometri, durante i quali ha mostrato solo rari segni di cedimento (caratteristiche le sue fasi di azione "a stantuffo" quando è in difficoltà). Impresa di coraggio, mostrato con l'azione su uno snodo fondamentale della corsa, ma con ancora abbondanti insidie davanti. E, infine, capolavoro d'astuzia, denotata dalla scelta di attaccare un drappello ancora discretamente nutrito, ma quasi del tutto epurato dall'assistenza dei gregari, e di puntare quindi le proprie carte su una manovra che avrebbe potuto (e dovuto) generare il fatale rimpallo di responsabilità nell'organizzazione di un dispendioso inseguimento.
Uno tra gli elementi caratterizzanti il Giro di Lombardia, lo si ripete spesso, è rappresentato dalle scarse energie rimaste nei serbatoi dei corridoi al termine di annate ciclistiche fisiologicamente impegnative. I settantacinque giorni di corsa del 2019 di Bauke Mollema, è bene ricordarlo, hanno previsto l'accoppiata Giro-Tour (con la Corsa rosa chiusa al quinto posto) e, nella seconda parte, la rude esperienza del mondiale di Harrogate, altro aspetto che vale ad attribuirgli il massimo dei voti.
Alejandro Valverde - 8
Si parlerà di "maledizione del Lombardia" per il murciano, ed è effettivamente difficile smentire questo approccio nell'analisi del rapporto tra corsa e corridore, che sarebbe dovuto essere idilliaco. Come valutare, dunque, la terza piazza d'onore di Alejandro Valverde in nove partecipazioni alla "Classica delle foglie morte"? La combinazione tra il dato anagrafico e una condizione buona, ma comprensibilmente non eccelsa, non può che spingere a un voto alto. Costretto a esporsi in prima persona dopo aver beneficiato del forcing di Rubén Fernandez (voto 7 per un gregario ancora senza contratto ma autore di un rimarchevole finale di stagione), l'impressione è che Valverde abbia tentato uno scatto pur consapevole di non essere supportato da tante energie, ma propositivo nel cercare l'alleanza di qualche avversario che avrebbe potuto accompagnarlo nei 20 chilometri conclusivi. Rientrato nei ranghi e "infilzato" dalla stoccata di Mollema, ha poi provato a sorprendere, dopo il San Fermo, con un tentativo all'apparenza più incisivo rispetto a quello di Roglic e, una volta rintuzzato anche questo attacco, ha comunque trovato le forze per vincere il ristrettissimo sprint per il secondo posto. Alla soglia dei 40 anni, appena dismessa la maglia di campione del mondo, appare difficile fare di più. Eterno.
Egan Bernal - 7.5
La sua esperienza al Giro di Lombardia è un crescendo. Tre edizioni, tre modi diversi di sorprendere. Nel 2017, ragazzino in una squadra professional, alla prima monumento, già capace di battagliare con coloro che di lì a poco avrebbe battuto in altri, prestigiosi contesti. Nel 2018, con la discesa da Sormano che rimane ancora negli occhi per la superba follia. Nel 2019, infine, perché con una forma tutt'altro che smagliante ha saputo conquistare il podio puntandoci deciso già dal momento in cui sceglie di muovere la squadra da lontano. "Non voglio prendere dieci chili e sfinirmi questo inverno per smaltirli", aveva dichiarato qualche giorno fa. Utilizzare queste corse come buon presupposto per la prossima stagione, divertirsi e raccogliere il massimo possibile, consapevole di una condizione fisiologicamente precaria. Propositi che dimostrano grande responsabilità, dedizione e mentalità da campione. Unica riserva: le energie spese a Oropa potevano essere risparmiate in vista dell'odierno appuntamento?
Jakob Fuglsang - 7
Ripete il quarto posto del 2010. In mezzo, una carriera in cui forse con maggior convinzione avrebbe dovuto puntare alle corse di un giorno. Il Tour sfortunato, durato due settimane, non alleggerisce una stagione in cui ha corso tanto, andando sempre forte. Inevitabile che paghi anche lui il serbatoio semivuoto, dunque, e il controllo tattico imposto dall'azione di Mollema (da cui invero non ha neppure provato convintamente a svincolarsi) ma sopperisce con grandi doti di fondo che gli valgono un altro piazzamento nei piani alti, dopo i podi di Strade Bianche, Amstel e Freccia Vallone e la vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi. L'impressione, al termine di questo 2019, è che il conto tra il danese e il Lombardia sia lungi dall'essere chiuso.
Primoz Roglic - 5.5
Difficile attribuirgli una bocciatura pesante nel giorno del suo miglior risultato di sempre in una monumento, ma l'impressione, al netto di gambe che non sono apparse superbe, è che abbia peccato nella gestione dello scenario tattico. Bravissimi i compagni del Team Jumbo-Visma (voto 8) a presidiare il gruppo fino al Civiglio, ma lo spostamento in avanti del baricentro della corsa, con la reintroduzione del San Fermo, non implicava necessariamente uno showdown finale sui tre km dell'ultima erta di giornata. L'azione di Mollema, a quel punto della corsa, non permetteva ulteriori tentennamenti. Ragionare sull'attacco dell'olandese, valutando eventuali collaborazioni, si è quindi rivelato deleterio, specie in considerazione del fatto che il percorso di avvicinamento di Primoz alla Classica delle foglie morte è stato condito dalle vittorie del Giro dell'Emilia e della Tre Valli Varesine che gli hanno attribuito, giocoforza, i galloni di primo favorito. Sfumata l'occasione di accendere la miccia, che lo scatto di Mollema avrebbe potuto rappresentare, ha visto il margine dell'olandese crescere progressivamente, prima di svincolarsi dall'impasse generale provando ad aggrapparsi alle sue doti di cronoman. Ma le energie erano già al lumicino e il San Fermo gli ha fatalmente presentato il conto.
Jack Haig - 7.5
Il buon voto a questo ragazzone australiano si spiega sommando il suo sesto posto di giornata, miglior risultato di sempre in una Classica monumento, ai podi conquistati al Gran Premio di Plouay e a Monteveglio e all'attivissima presenza nel finale del GP Montreal. Congiungendo queste prestazioni nelle prove in linea con le grandi capacità mostrate, soprattutto con ruoli di assistenza, nei Grandi Giri, emerge il ritratto di un gran bel corridore, i cui margini paiono ancora ampi e il cui futuro interessante.
Pierre Latour - 6
Meriterebbe di più per il nono posto, anche nel suo caso miglior risultato di sempre in una monumento (era già giunto decimo al Lombardia nel 2016, giovanissimo). Ma quando un corridore porta con sé dalla Vuelta a España la condizione mostrata tra il Giro dell'Emilia e la corsa odierna, non ci si può esentare dal muovergli la riserva di una certa dispersività dello sforzo. L'attacco portato da Mollema ha ricordato, al netto della differenza dei contesti, quello condotto da Ciccone al Giro dell'Emilia, che aveva trovato proprio in Latour un compagno di viaggio. Preso in castagna dall'azione dell'olandese, oggi, si è impegnato in prima persona con un primo faticosissimo forcing seguito da un tentativo di contrattacco in solitaria, poi pagato sul San Fermo. Oltre alla gamba sarebbero serviti l'"occhio", la scelta di tempo e un maggior senso tattico.
Vincenzo Nibali - 5
L'impressione destata da Vincenzo al Giro dell'Emilia preoccupava, perché faceva emergere un corridore fermo allo stato di forma, in crescita ma vistosamente incompleto, delle corse canadesi. Neppure la condivisibile e responsabile "esenzione" da Harrogate ha aiutato il siciliano, che si è presentato al via del Lombardia potendo contare solo sulla perfetta aderenza a una corsa che si sposa perfettamente con le sue caratteristiche e in cui già l'anno scorso ha dimostrato di poter raccogliere più di ciò che la "nuda gamba" avrebbe permesso. Niente miracoli quest'anno, e la lampadina che si spegne all'inizio del Civiglio (in concomitanza con un contatto fortuito con un avversario) appare come la metafora della fatidica conclusione della sua esperienza in Bahrain-Merida.
Fuggitivi di giornata: Fausto Masnada, Davide Ballerini, Enrico Barbin, Cesare Benedetti, Rémi Cavagna, Petr Rikunov, Tom Skujins e Marco Marcato - 7
Veramente notevole il ritmo imposto e l'alta velocità generata nelle prime ore di corsa. Lo stop che il gruppo ha dato al vantaggio del tentativo è il miglior segnale della qualità racchiusa in quel drappello di attaccanti. Menzione particolare per Fausto Masnada che chiude una grande stagione con la soddisfazione di passare per primo sul mitico Ghisallo.
Giovanni Visconti - 6.5
Primo italiano all'arrivo (diciassettesimo) in un'edizione del Giro di Lombardia che non vede il tricolore in top ten (non accdeva dal 1990). Il siciliano, bravo a ritrovare integrità fisica e condizione dopo un bruttissimo infortunio rimediato al Giro d'Austria, è anche il primo corridore Professional giunto al traguardo, segno del valore aggiunto che un atleta del suo spessore può rappresentare per una compagine di "seconda categoria".
Giulio Ciccone - 6.5
Attivissimo sulla salita di Sormano, dimostra un'incredibile tenacia nel raschiare le poche energie residue dopo una stagione oltremodo dispendiosa e prova a condurre un gruppetto di attaccanti in discesa. Il tentativo, preludio di quello più efficace poi portato dal compagno di squadra, non ha fortuna, Ciccone resiste coi migliori prima di alzare bandiera bianca sul Civiglio. Il piglio dell'abruzzese e le sue caratteristiche tecniche invogliano a rivederlo, in futuro, su queste strade.
Diego Ulissi - 4
Che il pacchetto tecnico del toscano presenti qualche limite è questione a cui ci siamo già rassegnati. Al netto di eventuali problemi fisici di cui non si è a conoscenza, è davvero un peccato che i limiti di cui si è detto emergano proprio al principio delle fasi calde della corsa e lontano dal suo snodo cruciale.