Primož Roglič, qui in maglia Red Bull-BORA-hansgrohe © Joerg Mitter
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Roglič: "Il Giro d'Italia 2016 la svolta della carriera. All'inizio non volevo essere pagato"

Il corridore sloveno si è raccontato in una lunga intervista, parlando anche del famoso Tour de France 2020

23.10.2024 11:20

Il 2024 sta ormai volgendo al termine e uno dei protagonisti della stagione, dominata in lungo e in largo dalla classe di Tadej Pogačar, è stato senza dubbio Primož Roglič, vincitore della Vuelta a España. Lo sloveno si è raccontato in un interessante intervista pubblicate sul canale ‘YouTube’ di Kristjan Vreček, ex mountain biker, nella puntata n° 19 di ‘Zasliševalnica’. Tra i temi toccati anche gli inizi all'Adria Mobil. 

Primož Roglič ha vinto la sua quarta Vuelta a España © Twitter La Vuelta
Primož Roglič ha vinto la sua quarta Vuelta a España © Twitter La Vuelta

Roglič: “All'Adria Mobil non volevo essere pagato”

Prima di arrivare all'Adria Mobil non sognavo nemmeno di correre e non conoscevo nessuno del ciclismo su strada. Prima potevo solo guardare le gare in TV, dove trasmettevano il Tour de France e gare simili, così potevo vedere un po' com'era il ciclismo professionistico. Sembrava pazzesco e ho pensato che era qualcosa che avrei potuto fare anch'io, anche se si trattava di gare a tappe”.

Il mio primo stipendio è stato di 300 euro, perché io dissi a Bogdan Fink (direttore sportivo dell'Adria Mobil al tempo, n.d.r.) che non avevo bisogno di soldi, mi serviva solo una bicicletta per avere l'opportunità di provarla e vedere se era una cosa che mi poteva piacere. Bogdan mi disse ‘No, dobbiamo darti qualcosa’. E questo è tutto, quello è stato l'inizio. La firma con la LottoNL-Jumbo? All'epoca non avevo dubbi perché non sapevo davvero nulla. Se non sai e non ti preoccupi di ciò che ti aspetta, fallo e vai, poi semplicemente superi le sfide che ti si presentano davanti”.

Roglič: “Tour de France 2020? Ho ottenuto il massimo”

Poi un commento anche sulla svolta della sua carriera e sul Tour de France 2020: Credo che il punto di svolta sia stato il mio primo Grande Giro, il mio primo Giro d'Italia nel 2016, quando sono arrivato secondo nel prologo ad Apeldoorn, proprio dietro a Tom Domoulin. È stato allora che ho capito che avrei potuto fare anche una cronometro e ho sentito che forse avrei potuto fare qualcosa in più. Tour 2020? Non ci penso nemmeno a cambiare qualcosa, non ho nemmeno l'amaro in bocca per quello che è successo. È stato il massimo che potessi ottenere e va bene così”.

Infine la chiosa sulla sua famiglia e sul consiglio ai giovani talenti: Passiamo molto tempo separati, io mi alleno in alta quota per 11 settimane, poi ci sono le gare e i Grandi Giri, quindi si parla di mesi e mesi. Ma loro mi danno l'opportunità di vivere il mio sogno, di fare quello che mi piace e che mi fa divertire. Per questo sono molto grato a loro. Ai giovani di oggi consiglio di perseverare in quello che si sono prefissati, senza guardare tanto al risultato in sé, perché il risultato è solo una conseguenza. Non è mio desiderio che tutti i bambini siano ciclisti o atleti di punta, ma soprattutto che siano felici, che ridano e siano ottimisti, che combattano e siano ogni giorno più vicini a ciò che gli piace”.

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Fabio Barera
Amante del ciclismo grazie alla passione che mi ha trasmesso il nonno. Aspirante giornalista a cui piace raccontare storie di sport