Nibali, Aru e un sogno di colore rosso
Il siciliano e il sardo si presentano alla Vuelta a España con il desiderio di vincere. L'analisi di pregi e punti deboli dei due italiani
È il terzo ed ultimo grande giro stagionale, la Vuelta a España. E tale posizionamento lo occupa indubbiamente in alcune voci come storia, seguito del pubblico locale e non, varietà di percorsi. Tuttavia, nelle ultime stagioni, la prova spagnola si è fatta piacevolmente notare non tanto per la qualità dei tracciati disegnati (c.d. rampe di garage) quanto piuttosto per il livello dei partecipanti, sempre molto elevato. Anche l'edizione 2017 non si esime da questa incoraggiante tendenza: molti sono infatti i nomi che si dirigono alla volta di Nìmes con ambizioni importanti.
Due di essi sono italiani; i quali sono stati capaci di conquistare la maglia roja, rispettivamente nel 2010 e nel 2015. A lungo compagni di squadra, da quest'anno avversari. La prima sfida diretta si sarebbe dovuta registrare al Giro d'Italia, ma l'assenza per infortunio del più giovane ha mandato all'aria le aspettative. Caratterialmente molto simili fra loro, per altro. Entrambi (apparentemente) timidi in pubblico e poco istrioni; ed entrambi ferocemente determinati a voler ottenere il massimo dal punto di vista agonistico.
Stiamo parlando, ovviamente, di Vincenzo Nibali e Fabio Aru.
Vincenzo Nibali e la voglia di rivincita
La sua ultima esibizione in Spagna si è chiusa con ignominia, con l'espulsione causa traino nella seconda tappa del 2015. Vincenzo Nibali ha pagato pesantemente, soprattutto a livello di immagine, quella mossa azzardata ed inopportuna. La forma con cui era pronto ad affrontare la sfida iberica era presumibilmente più che valida, se non altro per il trittico di vittorie autunnale (Bernocchi-Tre Valli Varesine-Lombardia) ottenuto in seguito.
Quest'anno il messinese ha vissuto una primavera decisamente abulica, per poi salire di condizione al vittorioso Tour of Croatia, antipasto dell'obiettivo principale. Nel Giro d'Italia la splendida giornata di Bormio ha rappresentato l'apice di una prova in cui, nel restante arco delle tre settimane, ha trovato validi avversari più in palla di lui. Riuscendo comunque a finire terzo a soli 40" da Dumoulin, Nibali ha racimolato il suo nono podio in un grande giro, come un certo Fausto Coppi. In Italia, davanti a lui rimangono i soli Felice Gimondi con dodici e Gino Bartali con dieci.
Dopo un mese di pausa, il siciliano torna ad attaccare un numero sulla schiena al Campionato in linea dove mostra, date le premesse, un bel colpo di pedale in supporto di Sonny Colbrelli. Quindi altro mese senza corse, ma dedicato al tradizionale ritiro sul Passo San Pellegrino, prima del rientro al Tour de Pologne dove si mostra in buona forma, pur non lottando per il successo finale.
Al secondo grande giro Nibali si presenta quindi con una forma più che accettabile e con un morale, stando alle sue parole, particolarmente elevato. Rispetto alla quasi totalità degli avversari, l'azzurro si presenta senza le scorie del Tour de France nelle gambe. In aggiunta, il percorso non dispiace affatto; vi è la possibilità di smuovere le acque dalla distanza, come accaduto ad esempio nella scorsa edizione. La giornata più difficile, sulla carta, pare quella destinata alla lunga cronometro pianeggiante di Logroño; qui, in confronto a Froome, si dovrà giocare in difesa.
Rispetto al britannico, molto probabilmente il suo principale rivale per il titolo, il messinese appare attorniato da un gruppo meno performante (ma, va detto, più rodato attorno al "capo). La Bahrain Merida, già non eccellente al Giro d'Italia, presenta, anche a causa degli infortuni di tre uomini chiave come Izagirre, Navardauskas e Siutsou, alcune debolezze. I soli Pellizotti e Visconti dovranno effettuare delle prestazioni monstre per sopperire alle carenze, permettendo al capitano di lottare per il traguardo finale.
Dal canto suo Nibali potrà tornare a testarsi contro Froome; i due, è risaputo, non si amano affatto. In questa stagione non hanno ancora avuto la possibilità di sfidarsi e l'ultima volta che si sono trovati faccia a faccia per il medesimo obiettivo (Tour 2015), a spuntarla fu il britannico. Il messinese punta a portarsi a casa la seconda affermazione nella ronda spagnola; ed impedire la storica doppietta al keniano bianco è, statene certi, un ulteriore incentivo.
Fabio Aru e l'assenza di pressione
La Vuelta è la corsa che lo ha fatto entrare nel club dei vincitori dei grandi giri. Era il 2015 e, dopo il secondo posto al Giro d'Italia, si presentava in compagnia di Nibali (e Landa) per un trio sulla carta di valore assoluto. Partito prematuramente, come detto in precedenza, il siciliano e uscito di classifica il basco, tocca al più giovane del trio portare il peso della leadership; e Fabio Aru vi riesce nel migliore dei modi, con la grande azione di squadra nella penultima frazione che manda in crisi il quasi vincitore Dumoulin.
Due anni dopo, dunque, l'azzurro torna a prender pare all'appuntamento iberico. Sin da inizio stagione era un suo obiettivo, ma l'idea era di arrivarci con un percorso decisamente diverso. Se l'accoppiata iniziale Oman-Abu Dhabi aveva lasciato intravedere una forma già soddisfacente, il primo spartiacque giunge, sottoforma di malanno, alla Tirreno-Adriatico, dove il villacidrese è costretto al ritiro.
Il punto di svolta della stagione arriva nei primi giorni di aprile, durante il ritiro di Sierra Nevada. In discesa, in un tratto che verrà affrontato dal senso opposto alla Vuelta nella quindicesima tappa, il sardo cade facendosi male al ginocchio; il timore iniziale trova seguito dagli esami effettuati al ritorno in Italia. La botta al ginocchio gli impedisce di affrontare il Giro numero 100, che salpa proprio dalla sua Sardegna.
Il programma viene dunque modificato per causa di forza maggiore, e la preparazione viene focalizzata sul Tour de France. Dopo un più che incoraggiante Dauphiné, ecco la splendida prestazione al Campionato nazionale letteralmente dominato. Si arriva così alla Grande Boucle, ed è storia recente, con la vittoria di La Planche des Belles Filles e la maglia gialla indossata per due giorni, prima del calo dovuto alla bronchite.
La terza esibizione nella gara spagnola arriva dunque con un Aru motivato e conscio di poter competere anche nel palcoscenico più atteso. Dei tre grandi giri, l'appuntamento iberico è quello che più si addice alle caratteristiche del sardo; come per Nibali, il giorno in cui doversi difendere è quello della cronometro di 40.2 km. Ma la pronunciata pendenza di molte delle ascese in programma, come si è visto sia nel 2014 che nel 2015, non gli è certo nemica. Anzi.
Il principale dubbio sulle possibilità del ventisettenne di conquistare l'ambito titolo risiede nella sua preparazione. Per la prima volta, Aru si presenta ad un grande giro senza aver effettuato un ritiro in altura specifico; in aggiunta, ma questo non è certo un elemento determinante, la cronosquadre di Nìmes sarà la sua prima sfida dopo la conclusione del Tour. Ritrovare subito il colpo di pedale giusto sarà fondamentale, dato che le prime salite arrivano già alla terza giornata.
Con il tema del futuro contratto messo, per bocca dello stesso Aru, in secondo piano per affrontare al meglio la prova, il sardo potrà contare su un'interessante formazione al suo fianco. Pur essendo l'unico italiano e nonostante l'assenza del ds Giuseppe Martinelli, il vincitore del 2015 è ben supportato dall'Astana Pro Team. Bilbao, Chernetskii, Hansen, Sánchez e soprattutto López sono un pacchetto su cui poter fare affidamento anche sui terreni più impervi.