Quando il ciclismo diventa Reality: Backstage Pass
L'Orica GreenEDGE in 4 anni è riuscita a raccontare il ciclismo dall'interno, grazie ad un videomaker. Per la gioia dei fan, ma anche degli atleti coinvolti
Ci si è spesso chiesti come rendere il prodotto-ciclismo appetibile a una fetta di pubblico più larga, magari portandolo alla gente su canali più comuni a ciò che di solito viene proposto dai media, televisione e internet in primis. E negli ultimi 20 anni il tema più comune è quello del reality, che altro non è che la replica di scene di vita reale in un programma televisivo. In altri sport questi esperimenti sono stati fatti, anche in Italia (l’esempio lampante è quello di Campioni, che ha goduto di una breve ma intensa popolarità, complice l’attaccamento verso il calcio degli italiani).
Ma si tratta di trasmissioni che comunque scimmiottano una realtà conosciuta, senza mantenerne intatta l’integrità sentimentale: "Campioni" non era altro che una riproposizione della vita della squadra di provincia, ma con evidenti inflazioni dovute alle logiche televisive.
In un mondo itinerante e poco noto come quello del ciclismo, tali logiche sono poco replicabili con successo, e nessuno ci ha provato, giustamente. D’altro lato, tornando al discorso dell’appetibilità, e del collegamento tifosi-atleti, in molti, compresi noi, hanno provato ad avvicinarsi con diari di bordo, testimonianze video, scenette di qualche tipo, ma l’impressione è sempre stata che le telecamere non riuscissero a perforare quell’odioso muro di rigidità che i corridori innalzano quando sono in attività, benché chi più, chi molto meno, abbiano nel loro animo qualcosa da trasmettere che va oltre il semplice gesto tecnico.
Un progetto parallelo alla nascita del team
Devono essersi fatti certi ragionamenti Shane Bannan e Matthew White, quando stavano mettendo in piedi l’Orica-GreenEDGE, se hanno pensato di contattare Dan Jones, videomaker con esperienze pregresse di ciclismo e youtube e un documentario alle spalle, Detour de France, nel quale seguiva il comico televisivo inglese Micky Flanagan nella sua personale scoperta del Tour de France e dei francesi. In pratica, Jones aveva già seguito sia l’aspetto sportivo che quello più ludico, e aveva interesse nel coniugare le due cose.
La proposta che viene fatta dalla neonata squadra australiana è dunque la seguente: coinvolgere team e atleti in piccoli documentari riguardanti la loro vita alle corse, dalla partenza all’arrivo, e montarli come se fosse una trasmissione di Dmax , ma molto, molto più reale, perché concerne a fatti realmente accaduti e testimoniati; nasce così Backstage Pass.
La Sanremo di Gerrans dà subito popolarità
Mettersi così a nudo non è assolutamente facile per un team ciclistico: bisogna avere una grande serenità al proprio interno ed essere scarichi da grandi pressioni. Insomma, una Sky o un’Astana avremmo molta difficoltà ad immaginarcele seguite tutti i giorni dalle telecamere. Diversamente, Backstage Pass è nato con l’Orica, questo ha aiutato staff e corridori ad abituarsi all’idea di dedicare parte del loro tempo alla trasmissione. I primi risultati si sono visti già alla Milano-Sanremo 2012, vinta a sorpresa da Simon Gerrans: la reazione ad una vittoria così importante di un team ciclistico era un elemento raro, quasi nuovo, e il video ebbe una larga diffusione. Riguardando quel video, si possono notare tutti i limiti di un progetto ancora da affinare: corridori non anglofoni timidi e poco coinvolti, ma soprattutto un Matthew White ancora non avvezzo a essere ripreso e dunque sboccato all’inverosimile.
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Non solo gare: gli esilaranti spin-off di Backstage Pass
Ma col tempo la magia si è affinata, anche grazie alle idee collaterali di Jones: era evidente che se tutto si fosse limitato alle corse, alla lunga il risultato sarebbe stato stantìo. Ha coinvolto i corridori in un paio di miniserie, come Bike riders Can’t Cook, esperimenti di cucina di tutto il mondo (esilarante la puntata nella quale Fumiyuki Beppu insegna a Baden Cooke la preparazione del sushi a suon di cinquedita); Sunrise to Sunset nella quale corridori, tecnici e meccanici raccontano la loro giornata-tipo.
E non finisce qua: i ragazzi si sono fatti prendere la mano con OGEROCKS, flash-mob canori di Call Me Maybe e sopratuttto You Shook me All Night Long, omaggio alla band australiana per eccellenza, gli AC/DC. E per non farsi mancare niente, hanno lanciato anche una sfida anche al Team Sky, #SKYvOGE, a suon di competizioni ridicole (braccio di ferro, sasso/carta/forbice, adirrittura a chi riesce a fare più velocemente la spesa!).
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3 anni e mezzo di testimonianze di successi e vita di tutti i giorni
Con quasi 400 video realizzati alle spalle, va a finire che Backstage Pass è diventato un pezzo della vita sportiva degli atleti dell’Orica GreenEDGE, al quale nessuno può esimersi, ma soprattutto nessuno vuole esimersi. Dopo episodi importanti, come il Tour de France 2015 (una camera montata addosso al meccanico di squadra testimoniò la disastrosa caduta della terza tappa) o La Parigi-Roubaix di quest’anno vinta da un incredulo Matthew Hayman, la prova del fuoco è stata il Giro d’Italia 2016, nel quale l’Orica, per la prima volta nella sua storia, è stata in corsa per una vittoria in un GT, fino all’ultimo tra l’altro. E qui torniamo al discorso del reality applicato al ciclismo: i 9 atleti al via del Giro sono personaggi ben delineati, i loro tratti vengono evidenziati di volta in volta nelle puntate e nei contenuti speciali (divertentissimo il nuovo spin-off lanciato durante il Giro, #PlanetOGE: una rappresentazione delle tappe di pianura e delle tappe di montagna fatte coi lego, nelle quali protagonisti sono Nibali e Greipel, rappresentati da uno squalo e da un gorilla) e diventano comuni per lo spettatore: un anonimo gregario come Luka Mezgec diventa il musone della comitiva, Sven Tuft l’orso buono, e così via. Quel muro di rigidità di cui parlavamo nel principio scompare, e tutto appare più umano, più reale.
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Come vedere un altro Giro d'Italia
Se dal punto di vista del team Backstage Pass è ciò che alleggerisce le tensioni della vita da atleti, per gli spettatori diventa un modo tutto nuovo di seguire il ciclismo. L’ultimo Giro d’Italia può essere visto da tutta un’altra ottica, all’interno del bus e dell’ammiraglia. Si ha l'idea di un team eterogeneo ma molto unito nel quale anche i non anglofoni sono perfettamente integrati: il capitano, Esteban Chaves, che la Orica ha preso con sè e rilanciato quando sembrava a un passo dal ritiro, si è sdebitato guadagnandosi la fiducia dei compagni anche grazie alle piccole cose, ad esempio parlando ormai perfettamente l’inglese, e in una delle ultime tappe dispensa dediche disegnate a tutti i compagni; l’ambiente resta guascone, tant’è che il cattivissimo White fa firmare autografi a Caleb Ewan convincendo una tifosa poco informata che si tratti di Chaves (e chissà se mai lo scoprirà, guardando Backstage Pass!); per la drammatica ventesima tappa, quella della “sconfitta” e dei genitori di Chaves in Europa, Jones monta un filmato commovente il giusto, con Life in Technicolor dei Coldplay come sottofondo che sarà anche iper-inflazionato, ma funziona sempre.
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