C'è del Macho in Danimarca
Mathieu Van Der Poel vince il suo secondo titolo Mondiale di Ciclocross a Bogense divertendo con la sua classe. Sul podio un irriducibile Van Aert ed uno sfortunato Toon Aerts
Tutto è compiuto, l’attesa è finita. Un attesa durata 3 lunghi anni, nei quali abbiamo goduto di tutto il talento di Mathieu Van Der Poel, e di come lentamente rendeva i suoi avversari sempre più piccoli, fino ad arrivare all’estremo di questa stagione, nella quale ha perso finora soltanto due gare. Mathieu Van Der Poel è campione del mondo e bissa il titolo conseguito a Tabor nel 2015, quando lui e Wout Van Aert confermarono di essere già, nonostante la giovane età, i migliori al mondo, sbattendolo in faccia ai vari Van Der Haar, Pauwels e compagnia cantante, che allora videro tramontare la loro era.
Per un paio d’anni, il primato ha sorriso giustamente al belga, che si dimostrava più continuo e completo del suo rivale; ma quando, dall’anno scorso, Van Der Poel ha acquisito maturità ed integrità fisica, non c’è stata quasi più storia. In quel “quasi” rientra il mondiale di Valkenburg, un vero caso eccezionale, col quale Van Aert ha prolungato di un anno la sua egemonia. Un’altra sconfitta per Mathieu sarebbe stata profondamente ingiusta, e al contempo una vittoria troppo facile avrebbe chiuso sottotono questa edizione del Mondiale; in realtà a Bogense ci siamo divertiti più di quanto aspettavamo, e questo grazie ai due campioni, che hanno ancora una volta confermato, qualora ce ne fosse bisogno, di essere tali.
Da una parte, Wout ha dato tutto: ha resistito, ha risposto agli attacchi, si è spremuto a costo di compromettere anche l’argento, baciato poi dalla fortuna in questo. Dall’altra Mathieu, su un percorso che sembrava disegnato sulle sue caratteristiche, non ha battuto gli avversari sul piano fisico, ma su quello tecnico, passando a velocità folle su tratti dove per gli altri, allo stesso ritmo, era impossibile non scivolare.
L’iride di Van Der Poel chiude un ciclo di ricerca: il neo-campione del mondo ora può ritenersi “soddisfatto” per aver ristabilito lo status quo. Ora, una volta chiusa la stagione con quel che resta di Superprestige e DVV Trofee, si potrà con maggiore serenità al corridore del futuro: il 2020 sarà l’anno delle Olimpiadi su MTB, ma poi anche la strada vorrà la sua parte, ed un fenomeno così limitato al ciclocross è come un Ferrari che sgomma nel giardino di casa. Lo attendiamo, e lo desideriamo intensamente, tirandogli le orecchie per l’eccesso di perfezionismo per il quale ha deciso di non esordire già quest’anno alla Parigi-Roubaix.
Due giri per prendere le misure, in evidenza l’ispanico Orts
Partono in 58 per il mondiale élite di Bogense. Le condizioni meteo sono più favorevoli rispetto alla prova femminile, e il terreno risulta più asciutto, sebbene il freddo si faccia sentire. Al ritmo di 28 km/h al giro, i migliori occupano le prime posizioni nel corso dei primi due giri, con Toon Aerts in evidenza alla fine del primo giro nel tentativo di allungare, subito stoppato da un attento Van Der Poel La testa del gruppo è tutto un fiorire di azzurro e arancione, ma nel mezzo spicca una maglia giallorossa: è Felipe Orts, il quale si renderà protagonista di una gara di alto livello. Poi tutti i migliori, ossia i vari Michael Vanthourenhout, Corné Van Kessel, Lars Van Der Haar, Laurens Sweeck, mentre Quinten Hermans e Tim Merlier perdono terreno dopo un giro. Non male anche la partenza di Gioele Bertolini: il valtellinese recupera tante posizioni in partenza e si ritrova a guidare l’inseguimento alla testa coi vari Neuwenhuis, Boros, Adams, Wouters, senza però che ci sia mai neanche una parvenza di aggancio.
Van Aert respinge il primo attacco
Al terzo giro, Mathieu decide che è il caso di mettere il naso fuori e saggiare la volontà degli avversari. Si mette a fare l’andatura, e sulla contropendenza che caratterizza il circuito passa a una velocità folle: troppo per Toon Aerts, il quale appena dietro di lui, scivola creando il buco. Così Van Der Poel si trova al comando senza neanche forzare, con Aerts, Van Der Haar, Van Aert e Vanthourenhout a guidare l’inseguimento. È il campione del mondo in carica a capire che deve dare qualcosa in più, e subito: così va in caccia da solo, mentre Van Der Poel non rallenta assolutamente, mandando in crisi Toon Aerts che fa fatica a tenere il ritmo anche degli altri rivali. Wout Van Aert in questa occasione registrerà il giro più veloce in assoluto (5’32”) arrivando ad agganciare Van Der Poel alla fine del giro: un piccolo successo, considerando che in questa stagione mai gli era riuscito di rispondere a un attacco del rivale.
L’attacco decisivo sulla contropendenza
Respinti e riappallati tutti gli altri, che in due giri arrivano già ad accusare un ritardo di 20”, il duello Van Der Poel e Van Aert si prende ancora una volta, tutta la scena. Ma Mathieu non è disposto a rischiare e attacca come sa fare: ancora sulla contropendenza, ancora un passaggio che sa di inumano. Wout prova a stargli dietro, quasi ci riesce, ma alla fine scivola e perde ritmo e terreno. Game Over: Mathieu piazza un altro giro ad alti ritmi, per poi amministrare il margine cumulato e chiudere definitivamente le ostilità a metà gara e da lì in poi, è soltanto passerella. E la gara sembra quasi finita del tutto, giacché Toon Aerts, ripresosi dalla crisi iniziale, prende un passo superiore rispetto agli altri inseguitori e va ad assicurarsi il podio. Sembra finita, ma per fortuna non lo sarà affatto.
Van Aert va in crisi, ma la sorte lo guida
Se Aerts è tornato davvero brillante, Van Aert è definitivamente fuori giri e non riesce più a recuperare. E sebbene Van Der Poel fosse riuscito a scavare un margine di più di mezzo minuto, questo non risulterà sufficiente a Van Aert a conservare l’argento. Le tornate sono ben 12, e giro dopo giro, Aerts rosicchia secondi, fino ad arrivare adosso a Van Aert nel corso del penultimo. Con le ultime energie rimaste, l’ormai ex-campione del mondo cerca di restare più vicino possibile ad Aerts, lasciando 20, 30 metri: a questo punto solo un errore del rivale può permettergli l’argento. E contro ogni attesa, questo avviene, proprio all’ultimo: Aerts cade nell’ultima discesina prevista, Wout trova le energie extra ed inverte la situazione, garantendosi quel margine di sicurezza necessario a conquistare l’argento, a 16”. Un deluso Aerts, comunque per la prima volta podio al mondiale, è terzo a 25”.
Bertolini bene, ma non basta
Distanze notevoli per tutti gli altri, considerata la velocità del circuito: Vanthourenhout è quarto a 50”, staccando all’ultimo giro Laurens Sweeck, quinto ad 1’01”. Lars Van Der Haar è sesto ad 1’10”. Finale in rimonta per Quinten Hermans, settimo ad 1’24”, e Marcel Meisen, primo dei non-Benelux, ottavo ad 1’29”, che sorpassa Jens Adams (1’31”) e Gianni Vermeersch (1’33”). Calano nel finale Felipe Orts, 12esimo, Corné Van Kessel, addirittura 17esimo, e Gioele Bertolini, 16esimo alla fine dopo aver assaporato fino agli ultimi due giri la possibilità di una top-ten: una gara sopra la media considerando il resto della stagione, che però non riabilita un’annata davvero avara di soddisfazioni per il valtellinese, il quale immaginavamo capace di avvicinarsi più rapidamente ai vertici del ciclismo mondiale alla sua seconda stagione da élite. La spedizione azzurra si chiude senza medaglie, con molte prestazioni sottotono e due bei exploit: quello comunque abbastanza auspicabile di Jakob Dorigoni e quello più sorprendente di Silvia Persico, entrambi under 23 e vicini fino alla fine ad una medaglia. Negli ultimi anni c’è stata l’apertura degli azzurri all’internazionalità, vedere la sempre più frequente presenza di atleti di ogni categoria in Belgio, e degli organizzatori (specie quelli del Giro Cross) a percorsi più convincenti, ma evidentemente ancora non basta: c’è una crisi da sanare che per fortuna non è solo italiana, speriamo prima o poi di vedere la fine di quest’era bicolore.