Fariba e le ragazze fuggite da Oriente
Si è svolto a Aigle, col patrocinio dell'UCI, il campionato nazionale femminile afgano, dominato dalle sorelle Hashimi nella cui traiettoria c'è tanta Italia
Le due ragazze con la maglia fucsia, il caschetto bianco e la bicicletta gialla si tengono strette e si abbracciano a lungo.
Tutte e due piangono. Una singhiozza vistosamente e poi si asciuga le lacrime con una bandiera nera, rossa e verde, quella dell’Afghanistan.
Di sicuro non è la prima volta che si abbracciano.
Del resto sono sorelle e chissà quante volte le loro gioie ed i loro dolori hanno trovato epilogo in questo gesto, antico come il genere umano.
“Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”.
Lo ha scritto la poetessa Alda Merini e le due ragazze sono lì in mezzo alla strada a dimostrarlo.
Di nome si chiamano Fariba e Yulduz, di cognome fanno Hashimi, la prima ha 19 anni e la seconda 21.
Vengono dall’Afghanistan, hanno lo status di rifugiate politiche e vivono sotto protezione in Italia.
Fariba ha appena vinto il campionato nazionale afgano femminile su strada e Yulduz è arrivata seconda, cedendo nello sprint allo spunto più veloce della sorella sul traguardo di Aigle, in Svizzera, la cittadina dove l’UCI ha fissato la sua sede e dove è stata organizzata la competizione pensando ad un percorso di 57 chilometri suddiviso in due giri di un circuito di 28,5 chilometri.
Le sorelle Hashimi hanno staccato le altre in salita, accumulando un vantaggio di cinque minuti sulle immediate inseguitrici Zara Rezahyee, terza al traguardo, e Nooria Mohammadi, giunta al quarto posto a completare il poker della Valcar-Travel & Service, squadra per la quale sono tutte tesserate.
Al sesto posto c’è l'olimpionica Masomah Alizada.
"È stata più di una competizione oggi", ha dichiarato alla stampa qualche metro dopo il traguardo. “Spero che abbia inviato un messaggio sui diritti delle donne in Afghanistan e che il mondo si svegli. Spero che le donne riavranno i loro diritti. Stiamo cercando di cambiare le cose".
L’UCI ha ospitato la corsa e contribuito alla sua organizzazione: “È molto importante per l'UCI difendere i membri della famiglia ciclistica globale che sono privati della libertà di vivere la propria passione e perseguire i propri sogni”, ha detto il presidente dell'UCI David Lappartient. “In questa prospettiva, dopo la sua iniziativa di aiutare la comunità ciclistica afgana partecipando all'evacuazione dei suoi membri la cui integrità fisica era minacciata, l'UCI ha deciso, eccezionalmente, di garantire, in collaborazione con i suoi partner, la continuità delle attività sportive dell'Afghanistan Cycling Federation organizzando quest'anno i suoi campionati nazionali di ciclismo su strada femminile”.
Alla partenza di Aigle, ieri mattina, si sono presentate in 49 provenienti da tutto il mondo ma soprattutto dall’Italia, il paese che ha dato rifugio alla maggior parte di loro dopo la fuga dal paese governato dai talebani.
In tante infatti oggi vivono e pedalano in Abruzzo dopo essere arrivate a L’Aquila grazie alla Israel-Premier Tech di Sylvan Adams e alla Farnese Vini di Valentino Sciotti.
Anche Fariba e Yulduz Hashimi hanno trovato in Italia accoglienza ed attenzione umana e tecnica per iniziativa di Road to Equality, l’associazione benefica fondata da Alessandra Cappellotto, già Campionessa del Mondo su strada nel 1997 a San Sebastián.
Alessandra Cappellotto è lì con loro e quando l’abbraccio tra le due sorelle si scioglie lei le riporta alla realtà con parole gentili e una carezza sulle guance.
“Ho vinto per i diritti delle donne afgane” dice ai giornalisti anche Fariba Hashimi prima di alzare al cielo la bicicletta gialla e salire sul podio ad indossare la maglia tricolore afgana, con i colori nero, rosso e verde.
E mentre il pubblico applaude lei, Fariba Hashimi, campionessa afgana di ciclismo su strada 2022, tiene in mano un mazzo di fiori gialli e guarda lontano, apparentemente estraniata, lo sguardo assorto.
Forse sta pensando alle strade del World Tour su cui pedalerà dal prossimo anno (è stata ingaggiata proprio dalla Israel), o forse un pensiero vola al passato, alle strade dell’Afghanistan dove tutte le ragazze che hanno partecipato alla corsa di Aigle hanno fatto le prime pedalate in sella a biciclette un po’ arrangiate nei dintorni di Kabul, ad Herat o nella valle del Bamyan, terra grigia bruciata dai venti gelidi che soffiano in inverno dall’Hindukush.
QUESTO VELO (di Bahar Saeed – poetessa afgana)
Questo velo non può nascondermi.
Sono Sole. Brillo attraverso la tela della tenda.
Non può eclissare la mia luce, nemmeno il buio più oscuro.
L’uomo pio non mi indurrebbe a velarmi
se non fosse così devotamente, così devotamente, fragile.
O popolo della Terra del Cammino!
Ditemi, come fanno a sviarvi i miei capelli?
Non vedo alcun senso nella saggezza che vendete
oh, siete voi che mi avete fatto il torto, perché dovrei essere io a bruciare nell’inferno?
Mi rifiuto di essere castigata, di abbassare la testa
piegarmi per il bene delle vostre deboli gambe
Uomini di Dio! Distogliete i vostri occhi dal mio viso.
Andate e nascondete la debolezza del vostro essere
velate, velate la vostra fede che appassisce.