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Ciclisti di...versi - Léon Scieur

13.07.2020 10:15

Undicesimo appuntamento con la rubrica che abbina poesia e ciclismo eroico. Dopo le due puntate iniziali con i transalpini Lucien Petit-Breton e Louis Trousselier, l'arrivo in Italia con Giovanni Cuniolo e Carlo Galetti, il ritorno in Francia con Octave Lapize, il passaggio in Belgio con Philippe Thys, il nuovo sbarco Oltralpe con Gustave Garrigou, altri due protagonisti italiani come Giuseppe Azzini e Giovanni Gerbi e oggi il lussemburghese François Faber, oggi è il turno del belga Léon Scieur.

LÉON SCIEUR
Talento grezzo di gioventù,
nei giorni di grandi fatiche sognando
un’agognata, semplice
bicicletta.
Chi con dignità cresce
sventura assai meglio patisce
di tanti altri pur valorosi.
Tanto volli, ragazzo di Florennes
che la Doyenne e infin la Boucle
ti prendesti.
Pur se odio, intriso di veleno
a piegarti provò
pedalasti ancor, finché potesti
di potenza fautor
e umile di cuor.

Léon Scieur (Florennes 19 marzo 1888-7 ottobre 1969) fu uno dei più validi esponenti della grandeur del ciclismo belga a cavallo degli anni Dieci e Venti d’inizio Novecento. Nonostante fosse un grande appassionato di ciclismo e desiderasse quindi cimentarsi con le due ruote, non ebbe i mezzi per comprarsi una bicicletta in giovinezza e dovette attendere solamente i vent'anni per potersene finalmente permettere una, nel mentre lavorava presso una vetreria di Morialmé, in cui ebbe come collega il coetaneo Emile Masson, altro valido ciclista belga del tempo. Successivamente fu impegnato spesso in lavori nel villaggio di Châtelet, percorrendo così quotidianamente in bicicletta la distanza che lo separava da Florennes. Fu notato da Vincart, costruttore di biciclette, e ingaggiato nella sua squadra, con cui iniziò a prendere parte alle prime competizioni.

Atleta decisamente forte sul passo e coriaceo, particolarmente solerte nell'allenamento, prese parte nel 1911 e 1912 alla Liège-Bastogne-Liège, classificandosi in entrambi i casi nelle prime dieci posizioni, oltre a cogliere vari ottimi risultati in Belgio. La prima vittoria gli arrivò nell'ultima tappa del Giro del Belgio del 1913 mentre l’anno successivo fece il suo debutto al Tour de France, terminando quattordicesimo. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo obbligò allo stop forzato dell’attività, periodo in cui si guadagnò da vivere gestendo un garage e organizzando visite guidate. Al suo ritorno alle competizioni però si fece notare con l’ottimo Tour de France 1919 (vinto dal suo concittadino Firmin Lambot), in cui giunse quarto con vari piazzamenti in una durissima edizione conclusa da appena dieci corridori. Ormai già ultratrentenne per lui arrivò il tempo della maturità e nel 1920 colse la prima importantissima vittoria alla Liège-Bastogne-Liège dove, in una giornata particolarmente difficile, segnata dalla pioggia, precedette in una volata a due il forte connazionale Lucien Buysse. Al Tour de France, dominato da Philippe Thys, replicò il quarto posto dell’anno prima, ottenendo però la sua prima vittoria di tappa nella Grenoble-Gex.

Il 1921 fu per lui l’anno della consacrazione definitiva: dopo essere salito per la prima volta sul podio della Paris-Roubaix (terzo dietro i fratelli Henri e Francis Pélissier), si presentò al Tour de France con l’obiettivo dichiarato del successo e dopo mesi di intensi allenamenti: presa la testa della corsa alla seconda tappa, nella terza da Cherbourg a Brest (lunga ben 405 chilometri) si produsse in un grande assolo che gli permise di arrivare al traguardo con nove minuti di vantaggio sul francese Barthélémy. Forte di un cospicuo vantaggio in classifica, mantenne una condotta regolare, vincendo anche la decima frazione da Nizza a Grenoble e riuscendo a conquistare il successo finale con 18'36" sul connazionale Heusgem mentre Barthélémy e il resto dei concorrenti subirono distacchi superiori alle due ore.

Nonostante altri buoni risultati, specialmente nelle corse di un giorno, non riuscì più ad ottenere vittorie di un certo peso e nel 1923 fu vittima di un increscioso attentato sulle strade del Tour: nel crescere delle invidie nei confronti dei corridori belgi, che si erano aggiudicati ben sette edizioni consecutive della Grande Boucle, a Scieur venne offerta una borraccia contenente all'apparenza acqua. In realtà al suo interno era stato versato dell'arsenico e il belga fu costretto al ritiro in preda a dolori lancinanti, rischiando quindi anche la vita e venendo costretto ad una lunga degenza in ospedale. Ritiratosi dall'attività nel 1925, svolse poi numerosi mestieri con la dignità che l’aveva sempre contraddistinto: fu infatti meccanico, commerciante di carbone, fattorino ed anche autista di autobus. Morì nella sua Florennes il 7 ottobre 1969, all'età di 81 anni.

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