Dario Cataldo ospite a SmartCycling: «Basta puntare il dito verso i corridori!»
Alle prese con il lungo e difficile recupero dopo la caduta dello scorso marzo in Catalogna, il corridore della Trek-Segafredo ha voluto dire la sua sulle polemiche che hanno accompagnato - come ormai consuetudine - il Giro d'Italia
Dopo il terribile incidente di cui è stato vittima nel finale della prima tappa della Volta a Catalunya, Dario Cataldo inizia a rivedere la luce in fondo al tunnel: come ci ha raccontato nel corso dell'ultima puntata di SmartCycling, il corridore abruzzese ha ripreso da qualche giorno le uscite in bicicletta, al termine di un lungo periodo di riabilitazione al centro di fisioterapia di Fabrizio Borra, a Forlì. Una data per il ritorno alle corse ancora non c'è, ma la via intrapresa sembra essere quella giusta.
La frustrazione per l'impossibilità di partecipare all'ultimo Giro d'Italia, che partiva dall'Abruzzo, è stata grande. Proprio sulla Corsa Rosa si è concetrata la seconda parte dell'intervista, con particolare attenzione sulle polemiche che hanno, come sempre, accompagnato le tre settimane di Giro. «Più che perdere tempo a fare polemiche, lo investirei per analizzare ciò che accade nelle tappe», spiega Cataldo. «Ci sono tante fasi che possono apparire noiose, ma che, se osservate con attenzione e spiegate, possono essere molto interessanti. Non c'è comunque nessun obbligo di proporre la diretta integrale per ogni tappa».
A infiammare il dibattito, nelle scorse settimane, è stato soprattutto il taglio della tappa di Crans Montana. Un dibattito che non è piaciuto a Cataldo, perché superficiale e volto esclusivamente a puntare il dito contro i corridori: «L'accusa continua verso i corridori mi ha dato molto fastidio, come mi ha dato fastidio vedere che venivano intervistati solo i 2-3 corridori che non erano d'accordo con quella decisione. Non sono mai state spiegate le motivazioni per cui si arriva a un certo tipo di compromesso», spiega Cataldo, tirando un po' le orecchie all'Associazione dei Ciclisti Professionisti, al netto di un lavoro e un'attenzione ritenute più che valide dal l'esperto corridore della Trek-Segafredo. «Ci sono tante altre condizioni più pericolose, su cui i corridori pongono l'attenzione e, se lo fanno, è perché c'è una motivazione valida. Quando ci troviamo in una situazione più pericolosa del normale e lo facciamo presente, veniamo sempre criticati, veniamo additati come gli sfaticati. Il problema è di chi non capisce una decisione, non di chi la prende».
In chiusura, oltre al pronostico per il prossimo Tour de France, Cataldo ha esposto la propria visione sul ciclismo attuale, molto cambiato rispetto a quando ha iniziato a correre, e sui giovani: «Adesso c'è un livello di stress e di esasperazione nel ciclismo che prima non c'era. In generale, i corridori più giovani sono meno propensi all'ascolto, ma più bravi a guidare la bici, perché già abituati dalle categorie giovanili, e più disposti a dare battaglia dall'inizio delle corse».