La Montagna Madre e la metamorfosi del velocista belga
L'appuntamento con le salite fuggenti ci porta in Abruzzo, per parlare delle strade che si inerpicano sul massiccio della Maiella fino al Blockhaus, luogo di battesimo per un giovane Eddy Merckx
Negli annali del ciclismo è rimasta impressa una data - tra le tante - ed è il 1952, anno del primo traguardo sull'Alpe d'Huez, nonché primo arrivo in salita della Grande Boucle. Al netto di questa notizia, molti ignorano che al Giro d'Italia spopolavano da tempo gli arrivi in salita: se è vero che fino a tutti gli anni '20 il Giro - al contrario del Tour - non andava a cercare di proposito sfide impossibili in montagna, fatta eccezione per alcune apparizioni del Sestriere, bisogna comunque ricordare che la corsa non mancava di difficoltà altimetriche a causa dei numerosi scavalcamenti appenninici resi obbligati dalla conformazione del Bel Paese.
Ed è proprio in questa chiave che va interpretato il primo arrivo in salita della storia del Giro, ovvero la città di Chieti, che essendo collocata ad oltre 300 metri di altitudine costrinse gli organizzatori a far chiudere in salita una tappa della primissima edizione del Giro nel 1909. Non si trattava certo di una grande montagna, ma il traguardo era posto dopo quasi 5 km di salita, non esattamente un cavalcavia. L'evento si è ripetuto nel 1920, nel 1921 e nel 1923, prima che la corsa conoscesse nuovi orizzonti. Il primo arrivo in salita propriamente detto comparve al Giro proprio nel ‘52, in anticipo di alcune settimane rispetto al Tour e all'Alpe d'Huez. Si trattava della Napoli-Roccaraso che terminava nella località sciistica abruzzese dopo aver scalato il Valico del Macerone e quello di Rionero Sannitico, tutti ostacoli che facevano parte della Corsa Rosa fin dal 1909.
Quando negli anni ‘60 Torriani inizia a dare al Giro l’identità che tuttora gli spetta, infarcendola di nuove montagne sempre più dure, nonché di innumerevoli arrivi in quota (addirittura 6 nel 1962), non poteva certo dimenticarsi di Chieti e di Roccaraso cercando una nuova salita in grado di battere tutti i record. Così nel 1967, in cerca di fuochi di artificio per la 50a edizione della Corsa Rosa, il patron pesca dal cilindro un gigante posto a ridosso del mare, una salita lunghissima poco lontana da Chieti, destinata a segnare un solco nella storia del ciclismo: il Blockhaus.
In un Giro zeppo di salite (debuttavano pochi giorni dopo anche le Tre Cime di Lavaredo) compare alla 12a tappa un autentico tappone appenninico di 220 km, che oltre alle vecchie conoscenze (Macerone, Rionero Sannitico e Roccaraso) proponeva la Bocca di Valle e l'ultima infinita scalata che da circa 400 metri, passando da Petroro e Passo Lanciano, porta in cima ad una montagna che fino ad allora non aveva nome: Torriani preferì il termine tecnico con cui viene chiamato il fortino sabaudo in vetta ad un più generico Maiella, che non incuteva certo lo stesso timore. Torriani ignorava però forse che la Maiella è da secoli - se non millenni - una montagna sacra, un totem svettante a ridosso dell'Adriatico, una sorta di Olimpo per chi vi abitava nelle vicinanze; non a caso tra i vari soprannomi conta anche quello di Montagna Madre, nome degno di una divinità. E la dea Maiella stava per essere responsabile di uno degli eventi più mitologici della storia del ciclismo.
L'altimetria della Caserta-Blockhaus al Giro 1967 © www.ilciclismo.it
(L'arrivo, seppur ufficialmente segnato sulle altimetrie a 2005 metri, era leggermente più in basso, presso il Rifugio Bruno Pomilio, come intuibile dalle immagini d'epoca ancora reperibili nel magico mondo di Internet.)
Tutti si preparavano al festival degli scalatori e gonfiavano le attese soprattutto su Italo Zilioli, tre volte secondo nelle tre precedenti edizioni del Giro. Pochi giorni prima l'Etna aveva offerto il primo antipasto, ma gli uomini di classifica erano arrivati a Rifugio Sapienza senza grandi distacchi, una manciata di secondi dopo il vincitore di tappa Franco Bitossi. Il Blockhaus (scalato dal versante oggi riconosciuto come il più semplice, ma non all'epoca, perché ancora sterrato) sembrò inizialmente non offrire la selezione sperata, anche per l'attendismo dei principali protagonisti e la giornata storta di Gimondi. Schiavon poi ruppe la quiete e offrì proprio a Zilioli lo stimolo per provare la zampata: il piemontese fece il vuoto, salvo essere passato in tromba da un giovane Eddy Merckx, che lo staccò di 10" e si prese il primo successo in una corsa di tre settimane.
Il belga era fino a quel momento visto come un velocista, seppur completo e fortissimo, adatto a vincere le classiche più importanti del calendario. Proprio al Giro del ‘67 si presentava dopo il secondo successo alla Sanremo e il primo sigillo su Gand-Wevelgem e Freccia Vallone, nonché essere salito sul podio al Giro delle Fiandre e alla Liegi-Bastogne-Liegi. Nessuno se lo sarebbe però immaginato vincere lassù, dopo più di 20 km di impegnativa salita: la Gazzetta dello Sport addirittura titolò Il velocista belga vince in montagna. Così il povero Zilioli almeno per qualche giorno fu sbeffeggiato per essersi fatto battere da un velocista e la salita-colosso appena collaudata perse di credibilità. Una credibilità che sarebbe presto cresciuta, quando col passare dei mesi e degli anni fu sempre più chiaro che Merckx non era un velocista.
Già nei giorni successivi Merckx dimostrò di essere qualcosa di più, tant'è che in occasione dell'inedito arrivo alle Tre Cime di Lavaredo il belga fu secondo ad appena 4" da Gimondi, anche se la tappa non venne conteggiata in classifica per l'eccessiva influenza delle spinte offerte dagli spettatori. Il crollo avvenuto nell'ultima decisiva tappa di Tirano - teatro di una delle più straordinarie cavalcate di Gimondi, giunto quarto alle spalle dei fuggitivi del mattino dopo aver stroncato la concorrenza su due salite decisamente non tremende come Tonale e Aprica - non gli vietò di prendersi comunque un promettente 9° posto in classifica generale, che fu però interpretato come il segnale che Merckx non avesse effettivamente le doti di recupero adatte per puntare anche ai Grandi Giri.
Il belga spiegò la debacle con una bronchite e si scoprì velocemente che non si trattava di una scusa campata in aria: l'anno successivo si palesò come il più forte in salita fin dal circuito di Sanremo per poi scavare il solco definitivo in classifica nella tappa delle Tre Cime. Quando il Giro ‘68 si inoltrò nell’Appennino per le ultime decisive frazioni tra Monte Amiata, Rocca di Cambio e Blockhaus, nessuno fu in grado di ribaltare la situazione. Così il Blockhaus lo consacrò un anno dopo il primo successo al Giro, consegnandolo in maglia rosa alla tappa conclusiva di Napoli.
La favola del gigante abruzzese è appena nata e finisce per scandire tutta la carriera di Merckx, segnando un legame indissolubile con le apparizioni al Giro del Cannibale. È un mito dal sapore antico in cui Merckx e la montagna sono due divinità dal cui scontro nascono gioie e dolori, vittorie e sconfitte.
L'altimetria della Scanno - Silvi Marina al Giro 1969 © www.ilciclismo.it
Nel '69 debuttò un nuovo versante, quello tremendo di Roccamorice, percorso anche nelle ultime due apparizioni del 2017 e nel 2022, prevedendo però di transitare a Fonte Tettone con un GPM e riscendere a Pretoro per raggiungere il traguardo di Silvi Marina. Una soluzione che a Merckx non porta particolare fortuna: deve concedere per pochi secondi la maglia rosa a Schiavon e, subito dopo averla ripresa nelle due tappe sanmarinesi, viene squalificato a Savona, fatto arcinoto. Si rifarà nel giro di qualche settimana stravincendo il Tour de France.
L'altimetria della Francavilla al Mare - Blockhaus al Giro 1972 © www.ilciclismo.it
Dopo aver ripercorso il versante di Roccamorice in transito verso il traguardo di Francavilla a Mare nel ‘70, la salita è esclusa dal percorso nel ’71. Quando ricompare nel '72 al quarto giorno come traguardo della prima semitappa, Merckx deve confrontarsi con Josè Manuel Fuente, indomito scalatore spagnolo che arriva in Italia fresco della vittoria alla Vuelta. Fuente sguinzaglia i compagni di squadra già a Pretoro e ben presto attacca in prima persona: nonostante l'arrivo fosse addirittura più in basso, in località Fonte Tettone, presso l'Hotel Mammarosa, e la semitappa cortissima (48 km) Fuente arrivò da solo con addirittura 1'35" sul connazionale Lasa e 2'36" sul gruppetto di Merckx, giunto 5°. Merckx ribaltò tutto pochi giorni dopo nella frazione silana di Catanzaro, arrivando al traguardo insieme a Gösta Pettersson con 4'13" di vantaggio sugli inseguitori. Pochi mesi dopo Eddy Merckx avrà a che fare con l'altra nemesi iberica, che risponde al nome di Luis Ocaña (ne abbiamo parlato qua).
L'altimetria della Alba Adriatica - Lanciano al Giro 1973 © www.ilciclismo.it
Il Blockhaus compare un'ultima volta nel ‘73, nuovamente scalato da Roccamorice in transito per Lanciano. Merckx decide di inserire nel proprio palmares anche la Vuelta, dopo la quale si presenta al Giro, di nuovo sfidato da Fuente che invece ha saltato la corsa di casa per puntare tutto sulla Corsa Rosa. Ma lo spagnolo ha fatto male i conti e dopo essere stato battuto dal Cannibale in una volata a due ad Aosta, deve abbandonare la classifica dopo essere crollato sul San Fermo verso il Lago di Iseo ed aver abdicato in preda ai crampi anche sul Carpegna. Proprio salendo sul Blockhaus lo spagnolo cerca il riscatto: riesce a scollinare da solo ma il vantaggio è troppo esiguo e viene raggiunto da Panizza e, ovviamente, Merckx, che lo ribatte in volata. Il successo nel tappone dolomitico di Auronzo di Cadore gli vale soltanto un 9° posto in classifica, mentre Merckx conquista il suo quarto Giro d'Italia.
Il Blockhaus scompare dai radar per un decennio e ricompare solo come traguardo nel 1984 (vittoria di Argentin) e transito nel 1992, anno del debutto del versante di Lettomanoppello. Serve il terzo millennio per dare nuovo lustro alla montagna, riportata in auge dal traguardo a Passo Lanciano del 2006 e soprattutto dall'arrivo in vetta nel 2009, quando per colpa delle troppe nevicate fallì la sfida di arrivare in fondo alla strada, oltre quota 2000 metri. Sono seguiti i transiti a Passo Lanciano della Tirreno (celebre la cavalcata di Contador verso il traguardo di Guardiagrele) e altri due arrivi del Giro.
La montagna resta immobile, gettando la sua ombra sulla città di Chieti e attendendo di volta in volta nuovi sfidanti. Continua ad incutere timore, talvolta stroncando i sogni di gloria di chi ci si confronta, altre volte consegnando i suoi eroi alla maglia rosa finale (Basso nel 2006, Hindley nel 2022). Ma una cosa è certa: senza Eddy Merckx ai nastri di partenza, il Blockhaus non è più la stessa cosa.