Vince Bernal, perde (ancora) il Sistema Italia
Giornata ai limiti del grottesco al Giro, la tappa tagliata per maltempo secondo tradizione, le immagini chi le ha viste? (Anche questo un ritorno all'antico). A Cortina primo in solitaria un comunque grande Egan su Bardet e Caruso, Damiano ora secondo in classifica
Doveva essere uno dei giorni ciclisticamente più importanti del 2021, e invece siamo qui a non vedere l'ora di rimuoverlo dai nostri ricordi. Il che è un peccato perché Egan Bernal avrebbe meritato di essere onorato come si conviene a un grande campione che mette a segno una grande impresa su una grande montagna; e Damiano Caruso avrebbe meritato di essere seguito con palpitazione, metro dopo metro sulla salita e sulla discesa del Giau. E tutti gli altri protagonisti del Giro, grandi e piccoli, avrebbero meritato che noi sapessimo cosa stavano facendo e come.
E invece arriva il giorno in cui getti la spugna, guardi in faccia alla realtà, non sai più se resistere alla tentazione di gettare via il bambino con l'acqua sporca, ti guardi allo specchio (perché quando guardi l'Italia ti guardi allo specchio) e dici: "Vabbè". Col tono rassegnato di chi prende - una volta di più - coscienza dell'irrimediabilità dei mali di una nazione. Oggi, con tutto quello che è successo intorno e durante la tappa più attesa del Giro, c'è uno sconfitto palese: il Sistema Paese. Quello più volte evocato da premier presenti e passati.
Quello per cui non c'è mai un piano di riserva all'altezza, quello per cui non c'è mai una valutazione dei rischi serena e coerente, quello in cui i colli di bottiglia infrastrutturali sono talmente tanti e strategici dal farci perdere le speranze di poter, un giorno, essere all'altezza dei Paesi più avanzati. L'unico verso che dovrebbe, per decenza, essere ricordato e diffuso nel 700esimo anno di quel tizio che tanto scrisse e invano, è il solito di sempre: "Ahi serva Italia, di dolore ostello".
Che in tv non si sia potuto vedere quasi nulla della frazione odierna, perlomeno nulla dei momenti rilevanti, e che questa cosa sia rimasta uguale a 30 o 60 anni fa, fa male. C'era il maltempo, diranno, o con maggior congruenza "la torre di controllo non ha dato agli aerei il permesso di volare... c'era ghiaccio sulle ali". C'era insomma il solito problema di sempre, irrisolvibile, anche nell'epoca delle connessioni veloci. E dire che negli ultimi anni questo intoppo pareva abbastanza ripianato, invece ci ritroviamo con un salto all'indietro di qualche lustro. Ci dispiace dover criticare pesantemente la tv di stato, che produce televisivamente l'evento, anche perché la Rai è parte (e in qualche misura anche vittima) del problema, non è IL problema.
E va bene, che dire, che fare? Nulla: sopportiamo e sopporteremo, questo e il resto, come sempre facciamo e abbiamo fatto. Perché noi ci abbiamo la resilienza.
La 16esima tappa, Sacile-Cortina d'Ampezzo di 212 km, è diventata la Sacile-Cortina d'Ampezzo di 153 km, tagliati Fedaia e Pordoi per maltempo, confermato il Giau alla fine. Una frazione destinata a essere in ogni caso scenario di battaglia. Al km 15 Davide Formolo (UAE-Emirates) è stato il primo a proporre un tentativo credibile, si era appena sulle rampe della Crosetta e - benché Roccia sia stato presto ripreso - la sua attitudine si è propagata e abbiamo avuto un ritmo molto alto sin da subito. Tra i più attivi - oltre allo stesso Formolo - João Almeida (Deceuninck-Quick Step) e Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), il gruppo si è frantumato e davanti son rimasti in 25.
Un supergruppo composto dai citati Almeida, Formolo e Brambilla, e da Geoffrey Bouchard (AG2R Citroën), Louis Vervaeke (Alpecin-Fenix), Natnael Tesfatsion (Androni-Sidermec), Gorka Izagirre (Astana-Premier Tech), Jan Tratnik (Bahrain-Victorious), Giovanni Visconti e Samuele Zoccarato (Bardiani-CSF), Matteo Fabbro e Felix Grossschartner (Bora-Hansgrohe), Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa), Jan Hirt (Intermarché-Wanty), Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), Koen Bouwman (Jumbo-Visma), Harm Vanhoucke (Lotto Soudal), Antonio Pedrero, Einer Rubio e Davide Villella (Movistar), Tanel Kangert (BikeExchange), Nicolas Roche (DSM), Vincenzo Nibali e Amanuel Ghebreigzabhier (Trek), e Diego Ulissi (UAE). Nomi importanti, gente vicina in classifica (Martin a 7'50", Almeida a 8'32", Formolo a 9'52", lo stesso Nibali a 14'25"), comunque possibili punti di riferimento in avanscoperta per eventuali contrattacchi di capitani. Insomma situazione promettentissima.
Il drappellone ha percorso la Crosetta perdendo per strada il solo Tesfatsion; al Gpm Bouchard si è preso il bottino pieno davanti a Nibali, rilanciando così nella classifica della maglia azzurra. A 2'15" è transitato Tesfatsion, raggiunto strada facendo da Kililan Frankiny (Qhubeka Assos); a 2'51" il gruppo maglia rosa. Mancavano a quel punto 128 km alla conclusione. La discesa non arrivava subito, ma quando ci si è giunti (dopo qualche chilometro di altopiano) il gruppeto dei primi si è selezionato e sono riusciti ad avvantaggiarsi in sei: Almeida, Formolo, Nibali, Ghebreigzabhier, Pedrero e Izagirre. Martin e gli altri a 30", la maglia rosa a 3'30" ai -105. Sebbene dietro tirasse la Ineos Grenadiers, gli attaccanti hanno continuato a guadagnare fino a un massimo di quasi 6', distanza su cui i sei si sono stabilizzati.
Martin e tutti gli altri intercalati invece non hanno mai smesso di perdere terreno dai battistrada. Se da un lato il contrattacco dei sei forniva maggiori garanzie di riuscita all'azione, dall'altro l'azione stessa è risultata un po' impoverita di contenuti da leggere in chiave tattica: meno uomini davanti, meno variabili da coniugare per lo sviluppo della corsa. Non bastasse, il gruppo, una volta messo sull'infinito falsopiano verso il Giau, ha via via eroso il gap: ine(o)sorabili come sempre, Filippo Ganna e Salvatore Puccio hanno martellato un ritmo che ha permesso al plotone di raggiungere abbassare drasticamente il fistacco dai primi a 4'30".
Come non bastasse, arrivati ai -50 la EF Education-Nippo è andata lì davanti a dare man forte agli Ineos; il risultato è che rispetto agli uomini al comando s'è rosicchiato un altro minuto nel giro di 15 km, e nel frattempo sono stati ripresi i corridori intercalati una volta che si è raggiunto il percorso originario, da Agordo in avanti. Intanto i 6 erano rimasti in 5, dato che ai -36 Ghebreigzabhier, dopo aver dato tutto per contribuire alla causa di Nibali, si è sfilato su un tratto di salita (il Colle Santa Lucia) che precedeva ancora l'approccio al Giau. È in questa fase che dal gruppo è giunta la notizia della difficoltà di Remco Evenepoel (Deceuninck).
Il quintetto al comando ha continuato a perdere sempre più vistosamente, Alberto Bettiol in particolare picchiava forte, e se ne rendeva conto, malinconicamente, Remco: staccato ai -33, presto andato in crisi totale, più vicino al ritiro che altro. Sulla breve discesa posta prima del Giau, ai -30 Antonio Pedrero ha aumentato il ritmo davanti, del resto non rimaneva che 1'45" agli attaccanti. Izagirre è stato il primo a rispondere alla sollecitazione del connazionale, ma ha preso grandi rischi sfiorando un paio di automobili parcheggiate a bordo strada e rimediando una foratura nella contestuale escursione sull'erba. Almeida dal canto suo ha pagato leggermente dazio rispetto a Formolo e Nibali, che all'inizio del Giau, ai -27, si sono messi sulle piste di Pedrero. Il gruppo a quel punto era lontano 1'50", e giungeva notizia di un guaio meccanico per Aleksandr Vlasov (Astana), a cui era finita la mantellina nella ruota.
Davide e Vincenzo ci hanno messo un mezzo chilometro di salita per raggiungere Pedrero, quindi ai -26 Formolo ha forzato direttamente e ha staccato gli altri due; Almeida era più distante e mostrava di digerire a fatica le pendenze più ostiche. Lo Squalo si è poi staccato anche dallo spagnolo e si è disposto ad aspettare Giulio Ciccone per dargli se possibile una mano.
Hugh Carthy aveva comunque intenzioni serie, e dopo Tejay Van Garderen e Alberto Bettiol, la EF si è giocata Simon Carr, e di colpo la Ineos Grenadiers si è volatilizata intorno a Bernal: con la maglia rosa è rimasto il solo preziosissimo Daniel Martínez; e gli altri (pochissimi) erano gli stessi Carthy e Carr e poi Romain Bardet (DSM), Giulio Ciccone (Trek), Damiano Caruso (Bahrain) e un Simon Yates (BikeExchange) che non pareva avere la faccia dei giorni migliori; Vlasov restava un passo più indietro dopo il problema meccanico.
A 7 km dalla vetta Pedrero ha raggiunto Formolo, ai -6 l'ha staccato; in quel momento il gruppetto maglia rosa raggiungeva Izagirre, pronto ad aiutare Vlasov a chiudere il gap; Yates perdeva contatto, pur restando lì per lì nelle vicinanze del drappello buono. Venivano ripresi nel frattempo Nibali e poi Formolo, destinati però a sparire presto dalla scena. E quando Carr ha finito il proprio lavoro, Martínez ha dato una strappata, e sullo slancio Bernal ha pensato bene di chiudere definitivamente la partita, piazzando lì una progressione a 4.5 km dalla vetta, 22 dal traguardo.
Il colpo di Bernal aveva tutta l'aria di poter essere risolutore: Carthy ha risposto al colombiano, ma era l'unica cartuccia che aveva. Al secondo affondo di Egan, il britannico ha dovuto incassare la botta. Saltellando la maglia rosa ha raggiunto e staccato prima Almeida e infine, ai -21, Pedrero: a 2.5 km dalla vetta del Giau il dominatore del Giro 2021 era solo al comando della corsa.
Tanto ha pagato il fuorigiri Carthy che è stato superato da Caruso e Bardet, e il siciliano è risultato alla lunga essere l'uomo migliore dopo Bernal: al Gpm Damiano ha scollinato a circa 45" dal colombiano, mentre Bardet ha pagato un mezzo minuto in più. In discesa ovviamente Eganito è venuto giù con maggior cautela rispetto a chi lo seguiva, in particolare Romain ha pennellato meglio di Caruso e l'ha raggiunto; i due hanno poi tagliato il traguardo insieme a 27" dal vincitore, il francese per secondo. A 1'18" Giulio Ciccone ha preceduto di 1" Carthy e di 3" Almeida; Vlasov è arrivato solo a 2'11", a 2'31 ecco Izagirre, a 2'33" Formolo con Tobias Foss (Jumbo); fuori dai 10 Simon Yates, 11esimo a 2'37", seguito da Pedrero a 2'51" e Martínez a 3'13".
La generale è sempre più Bernalcentrica, ma come al solito cambia il secondo classificato: al momento la piazza d'onore è occupata da Damiano Caruso a 2'24" dalla maglia rosa, e si spera che il ragusano abbia decorrenza superiore ai suoi predecessori; sale al terzo posto Carthy a 3'40", Vlasov resta quarto ma il suo gap cresce fino a 4'18", Yates perde tre posizioni e ora è quinto a 4'20", con un margine limitato su Ciccone sesto a 4'31". Scala la classifica Bardet, ora settimo a 5'02", poi abbiamo Martínez all'ottavo posto a 7'17", Foss al nono a 8'20" e Almeida che a 10'01" fa il grande ingresso in top ten: quella top ten da cui Remco è stato espulso pesantissimamente.
Domani si riposa, mercoledì si riparte con la difficile Canazei-Sega di Ala; avremo tempo e modo di parlarne.