Il quartetto azzurro a Parigi 2024 © CONI
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È stato bello ed è finito. Ora un obbligo: guardare avanti e ricostruire

Sconfitto dall'Australia, il quartetto maschile dell'Inseguimento a squadre non difenderà il titolo a Parigi 2024: un ciclo sta per chiudersi, ma c'è ancora un bronzo da conquistare. Sensazionale Olanda nella Velocità a squadre

06.08.2024 20:42

Si chiude ufficialmente il quadriennio (che poi è stato un triennio) del regno azzurro nell'Inseguimento a squadre. È stato bello, bellissimo, ma è arrivato chi ha mandato in pensione i nostri. Quando domani assisteremo alla finale per il bronzo tra Italia e Danimarca sarà un po' come essere in villeggiatura in un posto che un tempo risplendeva, frequentatissimo da tanta bella gente, tutta vita, ma che oggi è passato di moda, e a prima vista ha quel tono rétro che fa tanta malinconia, che fa tanto autunno: i font delle insegne che sanno d'antiquato ma di cui percepisci la modernità che fu; gli arredi urbani dignitosi ma a cui mancano i dettagli che dicono “oggi”; gli edifici che li riconosci a prima vista, vennero costruiti per essere innovativi e ora sono solo modernariato architettonico.

Italia e Danimarca tre anni fa si giocavano il titolo olimpico, ma questo lo sappiamo tutti. Domani si disputeranno un bronzo importante, certo, ma vuoi mettere il confronto con quello che è stato… Tre anni fa gli azzurri segnavano con 3'42"032 un record destinato a caratterizzare un intero quadriennio olimpico (sì, triennio, l'abbiamo già detto). Oggi l'Australia prende a sassate quel tempo, abbassa il limite a un sensazionale 3'40"730, minaccia la barriera psicologica dei 3'40" nella finale di domani, e tutto questo lo fa in una sfida con i campioni uscenti, brutalizzando questi ultimi: più passaggio di consegne di così…

Il quartetto azzurro non è riuscito a ripetere il tempo di Tokyo, e questo significa che non si è migliorato rispetto ai precedenti Giochi. Quelli che erano tre baldi giovani e un giovanissimo, in Giappone, ora sono un baldo giovane e tre corridori tra l'esperto e l'espertissimo, se badiamo all'anagrafe. Non diciamo che siano vecchi, ma diciamo che non è per niente scontato che la crescita che c'è tra i 20 e i 24 anni tu la possa replicare tra i 24 e i 28. È fisiologico insomma che i progressi rallentino; ed è possibile che non ce ne siano proprio, come nel nostro caso.

Se l'Italia è rimasta al 2021, tanto sul piano della formazione (identica: Ganna-Lamon-Milan-Consonni) quanto su quello dei tempi (grossomodo. Pignolando: un po' peggio), altri nel mondo hanno fatto gli stessi balzi in avanti che abbiamo fatto noi nel quadriennio precedente. Nulla di male, tutto di normale. I cicli nascono, crescono, sfondano il muro del suono, poi prendono la parte discendente della sinusoide, poi finiscono. Quello azzurro non si è ancora concluso, ma l'impressione è che ci sia un “quasi”, da qualche parte, che aleggia nell'ambiente azzurro.

Certo il quartetto andrà ripensato. Anche per una questione di stimoli: dopo un traguardo grandissimo (Tokyo 2021 lo fu eccome!) non è facile tenere la tensione a quel livello. Le distrazioni della strada (che poi sarebbe il lavoro principale di tre dei quattro) sono potenti e ancor più lo saranno ora che si chiude il ciclo olimpico. Ganna ha delle classiche da provare a vincere. Milan ha l'obiettivo di diventare lo sprinter numero uno al mondo, e Consonni gli dovrà tirare molte di quelle volate. Continueranno a impegnarsi, loro tre, come hanno fatto in questi lunghi anni, tra Montichiari e il mondo?

Quello di cui possiamo essere certi è che il prossimo quadriennio sarà di transizione per questa specialità che ci ha regalato momenti indimenticabili in questi ultimi due lustri. Un crescendo meraviglioso, fino a un certo punto; poi si è andati di mantenimento, ma non è bastato per confermarsi sul tetto delle Olimpiadi.

Certo, un Ganna non lo trovi tutti i giorni e manco tutti i decenni, se dobbiamo dirla tutta. Bisognerà tenere Milan legato al progetto azzurro, potenzialmente potrebbe essere lui il trait d'union tra il trionfo giapponese di inizio decennio e uno sperabile ritorno in auge dell'Italia all'inizio del prossimo. Di mezzo ci sarà tanto lavoro, provare nuovi vagoni del treno (Manlio Moro già scalpita ma finora è stato - anche qui fisiologicamente - sottoutilizzato), oliare da zero tutti i meccanismi. Ma per quello Marco Villa sarà la consueta garanzia.

Parigi 2024, il primo turno dell'Inseguimento a squadre maschile

Jonathan Milan, Filippo Ganna, Francesco Lamon, Simone Consonni © FCI
Jonathan Milan, Filippo Ganna, Francesco Lamon, Simone Consonni © FCI

Dopo le qualifiche di ieri, oggi al velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines tornavano in scena i quartetti impegnati nel primo turno dell'Inseguimento a squadre maschile. Quattro batterie, a fronteggiarsi quinta-ottava, sesta-settima, seconda-terza e prima-quarta delle qualifiche. Le prime due gare erano utili per tirar fuori dei tempi potenzialmente proiettabili alla finalina per il bronzo. Tra Nuova Zelanda-Belgio e Francia-Canada il risultato migliore l'hanno conseguito gli oceanici con 3'43"776.

Dopodiché è stato il turno di Gran Bretagna-Danimarca, seconda e terza delle qualifiche. Ethan Hayter, Oliver Wood, Charlie Tanfield e Ethan Vernon sono partiti meglio, ma al chilometro e mezzo è passata avanti la Danimarca, arrivata poi ad avere un secondo di margine ai 2750 metri. Il finale è stato però di nuovo tutto di marca UK, e la progressione di Hayter e compagni è valsa il sorpasso a un giro dal termine e, tanto per gradire, un tempo di 3'42"151, a un decimo e due dal primato dell'Italia a Tokyo (3'42"032).

Quindi è stata la volta della sfida più attesa, i campioni uscenti dell'Italia (quarti ieri in 3'44"351) contro quelli che si annunciavano - sin dai sussurri della vigilia - come i migliori di questa edizione, gli australiani, vecchie pellacce della specialità. A podio nelle ultime tre edizioni dei Giochi (bronzo nel 2021, argento nel 2016 e nel 2012), due ori datati: uno nel 1984, uno nel 2004 (e già questo parrebbe un segnale…). Sam Welsford e Kelland O'Brien c'erano già a Tokyo (Welsford pure a Rio), per il resto sono subentrati Oliver Bleddyn, 22 anni, e Conor Leahy, 25. Indubbiamente hanno portato brio al quartetto aussie.

La gara non c'è stata. L'Australia si è messa a comandare sin dal primo dei 16 giri previsti, l'Italia è stata più o meno all'altezza degli avversari per meno di un chilometro; ai mille metri gli oceanici avevano già un secondo di margine; alla fine del terzo chilometro, il secondo erano diventati due. Un momento di fugace revanche azzurra all'inizio del quarto chilometro, durata lo spazio di un giro (in cui si è scesi a 1e7), ma poi l'inerzia ha ripreso la strada degli antipodi e lo scontro s'è determinato come impari, definitivamente.

Così impari che gli australiani hanno chiuso col nuovo primato mondiale, 3'40"730. Un secondo e tre decimi grattati via dal tempo azzurro che fu. I quattro di Villa hanno fissato un 3'43"205 che quantomeno concederà loro un'ultima passerella di gran valore, la sfida per il bronzo con la Danimarca (il cui tempo nella sfida con la GBR è stato di 3'42"803, pure questo migliore di quello italiano. Ma non conta, domani ce la si gioca a tutto campo).

Le finali le vedremo domani a partire dalle 18.04. L'Italia gareggerà intorno alle 18.23.

Velocità a squadre: olandesi sensazionali, record da urlo

Tra un turno e l'altro degli Inseguimenti a squadre si è completato il torneo della Velocità a squadre maschile dei Giochi di Parigi 2024. Favoriti d'obbligo gli olandesi Roy van den Berg, Harrie Lavreysen e Jeffrey Hoogland, i quali, tanto per chiarire le intenzioni dopo essere stati gli ovvi dominatori delle qualifiche ieri, già nel primo turno hanno fatto un boom, unificando col tempo di 41"191 i nuovi record mondiale e olimpico. Entrambi li detenevano loro, 41"225 siglato nella rassegna iridata di Berlino nel 2020, 41"279 fissato appena ieri in qualifica.

Gli arancioni hanno spazzato via in batteria il Canada, e si sono ritrovati ad affrontare poi per l'oro il terzetto britannico formato da Ed Lowe, Hamish Turnbull e Jack Carlin. Inutile dire che i tre colossi oranje s'erano tenuti il meglio per la finale, e qui hanno abbattuto l'ennesimo muro, quello dei 41 secondi, scendendo fino a 40"949. Nulla hanno potuto i brit, distanziati di quasi un secondo (che in questa specialità poco non è).

Secondo titolo olimpico di fila per Hoogland-Lavreysen-Van den Berg, a cui sono sempre da aggiungere cinque Mondiali vinti nelle ultime sei edizioni e - si parva licet - pure cinque degli ultimi sei Europei. Un dominio galattico per i Paesi Bassi.

La Gran Bretagna si deve giocoforza accontentare dell'argento ma lo sapeva in partenza che ci voleva un miracolo per spodestare Jeffrey-Harrie-Roy. Bronzo all'Australia che ha regalato un dispiacere ai padroni di casa: 41"597 il tempo degli oceanici, 41"993 per la Francia.

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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!