Prima regola: sopravvivere
Il Tashkent City Team, squadra dell'Uzbekistan, partecipa al Tour de France, ha già fatto il Giro d'Italia, ma le sue atlete tendono a ritirarsi tutte e subito. Tranne una: Yanina Kuskova
Yanina ascolta le indicazioni del direttore sportivo, godendosi ancora un poco quell'ombra che, inevitabilmente, l'abbandonerà per il resto della giornata. S'avvia pochi minuti dopo per recarsi al foglio firma, posto in una piazza di Pescara a pochi passi dal mare. Lei soltanto, senza essere accompagnata da nessuna compagna di squadra con la quale scambiare battute per stemperare la tensione o farsi coraggio prima di affrontare l'ultima tappa del Giro Donne.
Non passa inosservata, con la sua maglia di campionessa nazionale dell'Uzbekistan e per i biondissimi capelli tinti d'azzurro verso le punte che finiscono per donargli tonalità verdastre, quasi volessero richiamare i colori della bandiera. Il giorno prima Yanina Kuskova ha superato la prova più dura che la corsa potesse riservarle. Quella in cui mettere piede a terra e salire in ammiraglia sarebbe stata la cosa più semplice da fare: scalare il Blockhaus, anticipandolo addirittura con una prima ascesa a Passo Lanciano.
Perfino Olga Zabelinskaya, la capitana che ha il doppio dei suoi anni (ovvero ventidue moltiplicati per due), ad un certo punto si è arresa, nonostante di tapponi e battaglie ne abbia vissute a iosa in una carriera che l'ha vista nascere russa di passaporto e di illustre genia (suo padre, per chi ancora non ne fosse a conoscenza, è il mitico Sergey Soukhourutchenkov). Per questo non poteva proprio mollare, a costo di dover passare le pene dell'inferno lungo tratti di strada in doppia cifra e con un caldo opprimente, come si conviene ad una giornata di metà luglio.
Prima regola: sopravvivere. Mantra semplicissimo e necessario. Le gambe che soffrono, il respiro che si fa affannoso ma il fatidico traguardo raggiunto, più di cinquanta minuto dopo che Neve Bradbury vi era vittoriosamente transitata. Ce la fa, Yanina, anche a raggiungere L' Aquila e a portare a compimento quel Giro Donne che è stato sogno e calvario al tempo stesso.
Yanina Kuskova, donna simbolo di una squadra ambiziosa
L'istantanea di Yanina Kuskova, ragazza che pure qualche vittoria (una, in particolare, a Porec in Croazia contro atlete di tutto rispetto merita di essere ricordata) ha saputo ottenerla, rimasta sola a sfangarla in un contesto dove ormai si vedono sempre più gli stessi torpedoni superaccessoriati che è possibile ammirare tra gli uomini e in cui veramente nulla viene lasciato al caso, è l'immagine di un paradosso chiamato Tashkent City Women Professional Cycling Team.
Squadra ambiziosa e che finisce per incarnare l'orgoglio di un'intera nazione (l'Uzbekistan, per l'appunto) che vorrebbe provare a farsi largo nel ciclismo che conta. Al Giro d'Italia, così come al Tour de France o al Giro di Svizzera è approdata senza trucco alcuno, per lo meno regolamenti alla mano: se riesci a racimolare un numero di punti sufficienti a far sì che la squadra possa guadagnarsi il diritto di partecipare alle più ambite corse a tappe in base al ranking dell'anno precedente, nulla c'è da eccepire. Nessuno potrà cacciarti dalla corsa senza un valido motivo, onde evitare giustificati ricorsi e conseguenze di carattere penale.
Yanina e Olga si sono date da fare, essendo le ragazze più in vista assieme a Nafosat Kozieva che, con i suoi ventisei anni, è una delle atlete più "esperte" della squadra, vincendo e piazzandosi spesso tanto nei vari campionati asiatici quanto in quelli nazionali e in gare (alcune di queste anche in territorio europeo, seppur di secondo o terz'ordine) per poter guadagnare punti necessari al raggiungimento dello scopo.
Il progetto di colmare la distanza tra sogni e realtà
Eppure fanno tenerezza quelle ragazze che, per quanto impegno mettano, finiscono per perdere le ruote del gruppo anche in gare che non avrebbero chissà quale difficoltà altimetrica. Probabilmente fa stringere il cuore vedere Asal Rizaeva o Mohinabonu Elmurodova, entrambe classe 2005, abbandonare prestissimo il sogno di poter portare a termine il Tour de France già sulle piattissime strade olandesi (Mohinabonu al Giro era riuscita a resistere fino alla sesta tappa).
Come pure pare assurdo pensare che in una corsa World Tour un'intera squadra possa concludere anzitempo la gara perché tutte le ragazze si sono ritirate o sono giunte fuori tempo massimo (mentre Olga Zabelinskaya finiva addirittura squalificata per traino). Eppure al Tour de Suisse è successo anche questo.
Soltanto in tre sono ripartite da Dordrecht (seconda tappa del Tour) per proseguire quel sogno che troppe volte si trasforma in un incubo. Per dimostrare che no, il Tashkent City non può essere soltanto questo, ovvero ragazze abbandonate alla malinconia del vento e di un gruppo che irrimediabilmente fugge senza di loro. Due delle tre si sono ritirate nella tappa di Liegi.
Solo Yanina è ancora lì, con la sua maglia di campionessa nazionale, dopo aver provato anche l'indescrivibile emozione dell'aver preso parte ai Giochi Olimpici di Parigi. E anche stavolta si ritrova a lottare da sola contro avversarie che non fanno alcuno sconto e contro montagne che le parranno invincibili giganti, ma resterà sempre quel motto a darle forza nel compiere una pedalata dopo l'altra. Prima regola: sopravvivere! Alimentando quei sogni che adesso appaiono ancora troppo grandi.