Ciò che puoi decidere
Un intoppo dietro l'altro, le vicissitudini che nell'ultimo anno hanno portato Audrey Cordon-Ragot sull'orlo del ritiro. Ma non il covid, non un ictus né la chiusura della squadra hanno appiedato la francese!
Sul traguardo di Cuevas de Almanzora, alla conclusione della neonata Women Cycling Pro Costa de Almería, il sorriso di Arianna Fidanza ha inevitabilmente monopolizzato la scena. Cosa più che comprensibile, se si pensa che l'atleta bergamasca è riuscita a interrompere già nella prima corsa stagionale con la nuova maglia della Ceratizit un digiuno durato ben quattro anni. Ancor di più se si pensa che è riuscita a battere un'atleta del calibro di Emma Norsgaard.
Alle loro spalle è spuntata la maglia di campionessa francese di Audrey Cordon-Ragot e, per certi versi, non ci si deve sorprendere più di tanto. In primis di vederla col tricolore addosso, dal momento che, nonostante quello ottenuto nella scorsa estate sia stato soltanto il suo secondo titolo francese in linea, a casa grazie alle cronometro di maglie di quel tipo ne possiede una buona collezione. In secondo luogo perché un'atleta coriacea come lei non ha di certo paura di gettarsi anche nella mischia quando l'occasione lo richiede. Di sicuro mancherà molto ad una come Elisa Longo Borghini che l'ha avuta come compagna e gregaria fidata per ben nove stagioni e da cui le strade si sono separate per la prima volta proprio per la volontà di Audrey di vivere una nuova avventura agonistica prima di una serena conclusione di carriera.
Il libero arbitrio è una di quelle cose che regola continuamente le nostre azioni nel quotidiano ma, purtroppo o per fortuna, non è l'unico motore degli eventi. Audrey, che per diverse stagioni è passata dall'essere atleta promettente a pedina solida e fidata, forte soprattutto sul passo e capace anche di una buona tenuta sulle salite non troppo lunghe, l'ha imparato benissimo a proprie spese nell'ultimo anno. Se dovesse mettersi a descrivere il suo 2022 probabilmente ne ricaverebbe materiale per scrivere un romanzo o forse mettere in piedi una fiction televisiva e questo proprio per il fatto di non poter avere il pieno controllo degli eventi.
Nella passata primavera, come successo a molti colleghi e colleghe, oltre che a milioni di persone su questo pianeta, Audrey Cordon ha contratto il Covid, col risultato che il virus ha fatto sentire pesantemente i suoi effetti per svariate settimane. Un'atleta determinata come lei si è trovata di colpo spaesata e depressa dalla difficoltà nel finire le corse, con le attese classiche compromesse, al punto da mettere seriamente in dubbio la sua permanenza in gruppo.
Le cose andavano così male che per giorni, come da lei dichiarato in un'intervista rilasciata all'Équipe, si ritrovava addirittura a piangere sulla sua bicicletta per l'impossibilità di riuscire a svolgere il suo mestiere in maniera adeguata. Sono servite batoste, molta pazienza e alla fine l'inizio dell'estate, con i campionati nazionali francesi, le avevano finalmente dato le risposte che attendeva: prima nella prova a cronometro (per la sesta volta), poi nella gara in linea, al termine della quale le lacrime sono toccate a Gladys Verhulst, da lei battuta dopo una generosissima prova.
Il filo degli eventi pareva così riannodato nella maniera giusta, tanto più che tra agosto e l'inizio di settembre per lei sono arrivate l'ottima affermazione nella Postnord Vårgårda (prova una volta inserita anche nella vecchia Coppa del Mondo), il quarto posto nella cronometro europea di Berlino e il successo nella cronometro conclusiva del Simac Ladies Tour nei Paesi Bassi. I presupposti per disputare un buon campionato del mondo in Australia c'erano tutti quindi ma un giorno un fatto nuovo ed imprevisto ha turbato la sua serenità: Audrey non si è sentita bene, con frequenti giramenti di capo e una diffusa situazione di malessere mai provata, che l'ha portata anche a vomitare. Si è recata in ospedale per un controllo ma le è stato detto che nulla di strano era emerso.
Su richiesta della Federazione Ciclistica francese però nei giorni successivi si è recata in una nuova struttura per sottoporsi ad ulteriori controlli e lì ha ricevuto la diagnosi che mai si sarebbe aspettata di ascoltare: Audrey aveva avuto un ictus. Seppur anomalo nel suo insorgere ma sempre un ictus. Niente mondiali di Wollongong per lei ma soprattutto il fondato timore che la sua carriera potesse essersi conclusa proprio con quella vittoria in terra olandese, senza che potesse programmarlo.
Superato il comprensibile spaesamento di quei giorni, Audrey Cordon si è sottoposta ad un'operazione che le ha permesso d'individuare il problema e di risolverlo, con la possibilità di tornare in bicicletta dopo alcune settimane. Per lei, letteralmente rivitalizzata dalla notizia, altro non c'era da fare se non tornare a pensare agli allenamenti in vista della nuova stagione, da vivere con la nuova casacca della B&B Hotels, formazione transalpina che aveva deciso di allargare la sua équipe anche al femminile dopo varie stagioni in cui si era fatta notare con il team maschile.
Improvvisamente però la situazione ha assunto una piega tutt'altro che rassicurante: risposte che non arrivavano più, incertezze, infine l'epilogo: gli sponsor non potevano più garantire il loro sostegno, ergo la squadra è stata costretta a chiudere, con la formazione femminile che quindi ha visto la propria avventura finire ancor prima di cominciare.
Sarebbe potuto essere un ennesimo colpo durissimo alle ambizioni di una donna già fortemente provata dagli eventi dei mesi passati ma fortunatamente è spuntato per lei l'ennesimo raggio di sole: il neonato Zaaf Cycling Team, nuova formazione spagnola di cui sono entrate a far parte anche le nostre Debora Silvestri ed Emanuela Zanetti, ha deciso che un'atleta come lei, forte ed esperta, potesse essere ciò che poteva fare al caso di una squadra sufficientemente ambiziosa e così per Audrey si sono spalancate le porte della sedicesima stagione consecutiva tra le Élite.
A leggere le sue parole in una delle ultime interviste parrebbe assolutamente serena, in quanto per lei il mestiere di ciclista durerà ancora per due anni al massimo, prima di dedicarsi ad altro. Ad Audrey Cordon però premeva fortemente questo: essere lei a decidere quando smettere, senza essere costretta a farlo per via di eventi infausti e inaspettati. Sulle strade spagnole la sua proverbiale verve è tornata a palesarsi fin da subito, come quell'adrenalina che deriva dal gettarsi con coraggio nella mischia di uno sprint. Perché quando sei tu a poter decidere tutto assume un sapore diverso. Esattamente come la vita.