Un finale ancora tutto da scrivere
L'attacco di Pinot a Prat D'Albis rivela i limiti di Alaphilippe, che però resta in giallo. E intanto Simon Yates va a prendersi un'altra tappa in scioltezza
Il Tour de France entra nella terza settimana con una delle situazioni più intriganti che si sia vista recentemente nei grandi giri, in uno stato di incertezza che la Grande Boucle non vedeva da molto tempo: una corsa abituata ai padroni, agli sceriffi, che però una volta ogni 10 anni può vivere quel momento interlocutorio, tra un dominatore e l’altro. Non sono solo i 6 corridori in 2’15” nella classifica a rendere la situazione complessa e di difficile lettura, ma anche il modo in cui questi approdano alla fine di un Tour che deve ancora attraversare in toto le Alpi. Con una maglia gialla impronosticabile alla vigilia, che oggi, a seguito di una condotta di gara finalmente assennata da parte degli avversari, ha mostrato il suo lato più umano: Julian Alaphilippe ha dimostrato di poter essere sconfitto ed anche che se cederà di nuovo, difficilmente il suo sarà un crollo verticale. Con un’altra squadra, il favorito del Tour sarebbe ancora lui: ed invece va cercato tra Thibaut Pinot, in questo momento lo scalatore più in forma (ma lo sarà ancora nella terza settimana?), tra uno Steven Kruijswijk sornione e per questo temibilissimo, in attesa del suo giorno, ed una INEOS più umana del solito ma comunque in maggioranza numerica, tra un Egan Bernal tenace e intelligente come pochi ed un Geraint Thomas non in formato 2018, ma, comunque 2° in classifica anche grazie all’acume tattico dimostrato oggi. Senza dimenticare Emmanuel Buchmann che, nonostante i progressi dimostrati, è quello più distante e con i minori favori del pronostico per la vittoria finale, ma è comunque lì e almeno un podio finale, sul quale non sale un tedesco da 13 anni con Andreas Klöden, sembra alla sua portata.
Tutto questo dopo una tappa di montagna vera, finalmente: nessuna salita epica, nessun HC, semplicemente 185 km con 3 salite in serie nel finale. È bastato questo per “aprire” la corsa, cominciata con una fuga di nomi altisonanti e attivata dall’attacco dell’inesauribile Mikel Landa a 40 km dalla fine, che ha riavvicinato (ma non a sufficienza) il basco in classifica generale. Ed un vincitore di prestigio, ancora Simon Yates, il solo assieme ad Alaphilippe ad aver vinto almeno due tappe in questo Tour: la “modalità turistica” per l’inglese funziona bene, chissà se a questo punto si dimostrerà interessato anche alla maglia a pois viste anche le pessime condizioni del titolare Tim Wellens.
60 km prima della fuga definitiva, arrancano Wellens e altri
La partenza della Limoux-Foix Prat D’Albis lasciava presagire una tappa interessante: il gruppo ha lasciato l’Aude ed è entrato nella regione dell’Ariége senza che ancora una fuga si fosse formata. Tra gli interessati nelle fasi iniziali si rivelano diversi nomi, tra cui la maglia a pois Tim Wellens. Il primo GPM è dopo 60 km, ma le salite sono cominciate già prima dimostrando che le ultime due tappe hanno lasciato scorie a diversi corridori, sicché mentre tra il Col des Tougnes e l’altra salita verso Des Bordes i vari Simon Yates, Vincenzo Nibali e Thomas De Gendt si dimostrano particolarmente attivi nel cercare di portare via un’azione, dietro una trentina di corridori già perdono contatto, e non solo i velocisti ma anche il sofferente Tim Wellens e Greg Van Avermaet (CCC Team), tanto per citarne un paio. Una situazione che ha costretto l’intera Lotto Soudal con l’esclusione di De Gendt a mettersi a disposizione del suo capitano, per riportarlo dentro una volta che è partita la fuga.
In fuga per rivincita: con Nibali anche Quintana, Bardet e Dan Martin
La più decisa salita del Col de Montsegur, di 2° categoria, permette finalmente il formarsi di una fuga, sotto la spinta di Damiano Caruso e proprio di Nibali. Viene fuori un gruppo nutrito di 28 corridori, molti abbastanza titolati: Patrick Konrad (Bora Hansgrohe), Romain Bardet e Tony Gallopin (AG2R La Mondiale), Vincenzo Nibali, Damiano Caruso e Jan Tratnik (Bahrain-Merida), Rudy Molard e Sébastien Reichenbach (Groupama-FDJ), Nairo Quintana, Andrey Amador e Marc Soler (Movistar), Pello Bilbao, Omar Fraile e Alexey Lutsenko (Astana), Michael Woods (EF Education First), Simon Yates (Mitchelton-Scott), Simon Geschke (CCC), Julien Bernard, Giulio Ciccone e Bauke Mollema (Trek-Segafredo), Dan Martin (UAE Team Emirates), Lennard Kämna e Nicolas Roche (Sunweb), Jesús Herrada (Cofidis), Ilnur Zakarin (Katusha-Alpecin), Roman Kreuziger (Dimension Data), Guillaume Martin (Wanty-Gobert) e Amaël Moinard (Arkéa-Samsic) ai quali se ne aggiungono altri 8 nella discesa successiva, ossia Mathias Fränk (AG2R La Mondiale), Romain Sicard (Total Direct Énergie), Pierre-Luc Périchon e Anthony Perez (Cofidis), Nils Politt (Katusha-Alpecin), Maxime Bouet (Arkéa-Samsic), Amund Grøndahl Jansen (Jumbo-Visma) e Michael Matthews (Sunweb), interessato al traguardo volante che vincerà a Trascon-Sur-Ariége. Solo 3 squadre non sono nella fuga: Lotto Soudal, che senza De Gendt espone la pois al rischio di avvicendamento, la Ineos e la Deceuinck-Quick Step, che comincia a tirare coi suoi passisti mantenendo la fuga almeno in pianura a distanza di controllo. Sul primo GPM vince Michael Woods, ma sprintano anche Vincenzo Nibali e Bardet, lasciando trasparire l’intenzione di dare un nuovo stimolo al loro Tour.
Nibali si arrende già al Port de Lers
La prima delle tre salite di 1° categoria di giornata, il Port de Lers, è il punto più alto della corsa e rivela subito chi sta bene e chi non sta bene. Non sta bene ad esempio Enric Mas (Deceuninck), il quale dopo aver perso terreno ieri sul Tourmalet va in crisi mentre il gruppo è tirato da Elia Viviani(!). Finirà malissimo, 158° a 31’29” dal vincitore. Ma anche dalla fuga non mancano le sorprese: il cambio di passo necessario operato da Simon Yates contribuisce a selezionare il gruppetto, che in fondo alla salita risulterà quasi dimezzato. A sorprendere è la qualità dei defezionanti: Vincenzo Nibali si arrende quasi subito ed è in compagnia di Zakarin, Konrad e Mollema. Anche Nairo Quintana sembra destinato a desistere, ma dopo un momento di appannamento riesce comunque a rientrare. Più brillante Romain Bardet, che stavolta va a punteggio pieno sul GPM. Avevamo detto Viviani in testa: e difatti il vantaggio della fuga in questa fase sale esponenzialmente, toccando un massimo di 5’.
Mur de Péguère: terreno propizio per Landa
La seconda salita di giornata è la più dura del lotto: coi suoi tre km finali in doppia cifra, il Mur de Péguère offre un buon trampolino di lancio per chi vuole tentare qualcosa da lontano e rompere l’equilibrio in gruppo. Davanti, la situazione della fuga si delinea più chiaramente, con Simon Geschke che attacca ai piedi del muro e guadagna 40”, finché Simon Yates non parte alla sua caccia andando quasi a riprenderlo a fine salita. Dietro, Quintana, Bardet, Lutsenko e Reichenbach fanno da primi inseguitori, con Dan e Guillaume Martin, Gallopin, Kreuziger, Woods e Kämna non molto distanti.
In gruppo, con Alaphilippe presto isolato, i primi movimenti sono degli Astana, che con Fraile e Bilbao a bagnomaria lasciano prevedere un attacco di Jakob Fuglsang. Ma ad anticiparlo, a 40 km dal termine, è Mikel Landa: il danese prova a mettersi alla ruota del basco, il quale però lo stacca di potenza, arrivando a scollinare con 2’10” di ritardo su Geschke e mezzo minuto di vantaggio sul gruppo maglia gialla, forte di una quindicina di unità tra i migliori e comandato dal già visto trenino della Jumbo-Visma coi vagoncini Bennett e De Plus, unici ad essere in 3 assieme alla INEOS, rimasta col solo Wout Poels a disposizione. Cede definitivamente invece Adam Yates, che arriverà al traguardo con 24’30” abbandonando definitivamente ogni speranza di classifica.
I Movistar lanciano Landa verso la rimonta
A differenza di Quintana, Landa è un capitano che non sa bluffare e quando parte così, va solo agevolato al meglio. Ottima cosa per la Movistar che deve rimediare dalla figuraccia di ieri: una grande giornata per Andrey Amador e Marc Soler, bravissimi, specialmente il costaricano con le sue doti in una discesa resa insidiosa da nebbia e pioggia, a far arrivare Landa ai piedi della salita finale con un vantaggio sul gruppo maglia gialla che sfiora il minuto e a ridosso del ricompattato gruppo che insegue Geschke e Yates, i quali collaborano simbioticamente arrivando a cumulare 1’30” su di essi.
Nessuno riesce a tenere Landa a salita cominciata: il contributo di Quintana al basco si limita a fornirgli “l’ultima ruota” per aiutarlo nell’aggancio ai meno 9. Nel giro di un km Landa ha già staccato tutti, Bardet compreso: ultimo a cedere, a sorpresa, il talentuoso 22enne Lennard Kämna, che fa piacere vedere così pimpante al Tour de France considerando che a questo punto della stagione, un anno fa, era al termine di una preoccupante “pausa di riflessione” durata 5 mesi. Landa comincia così la sua sfida a distanza con Yates, il quale nel frattempo aveva staccato Geschke senza troppi problemi
Pinot attacca, Alaphilippe risponde
La corsa nel gruppo maglia gialla continuava a essere fin troppo attendista e prudente. Astana e Jumbo-Visma si alternavano a tenere le fila del gruppetto, temendo che Landa potesse rientrare in classifica e facendo anche il gioco di Alaphilippe. La musica cambia con l’ascesa finale a Prat d’Albis, dove la Groupama gioca le sue carte rimanenti: David Gaudu si mette in testa a scremare il gruppo, mietendo come vittima anche Rigoberto Urán che giungerà al traguardo con 2’58” di ritardo da Simon Yates. Ai meno 6 si sposta Gaudu e parte l’attacco rabbioso e atteso di Thibaut Pinot: è il momento giusto per il vincitore del Tourmalet, perché sa di poter contare sullo slancio di Reichenbach, atteso e preservato per questo momento. Quando si sposta il campione svizzero, alla ruota di Pinot sono rimasti in 3: Egan Bernal (Ineos), Emmanuel Buchmann (Bora Hansgrohe), e a sorpresa, la maglia gialla.
Alaphilippe finito, Pinot toglie tutti di ruota e raggiunge Landa
Ma stavolta la maglia gialla ha chiesto troppo alle sue gambe: tempo un chilometro e alla prima accelerazione di Pinot si stacca di netto. Cosa che gasa tantissimo il rivale transalpino, il quale si protrae in una serie di rilanci allo scopo di guadagnare più terreno possibile anche sugli altri rivali e staccare di ruota i restanti. Il più bel Pinot di sempre in salita ai -4 fa fuori Buchmann; più dura per lui sbarazzarsi di Bernal, che nonostante la giovane età corre da atleta maturo manifestando una tenacia fuori dal comune; soccombe ai -3, e non è lontano neanche Landa il quale comincia a raschiare anch’egli il fondo del barile, non essendo più in grado di raggiungere Yates ormai tranquillo di ottenere il suo secondo successo personale al Tour. Il ricongiungimento di Pinot con Landa avverrà a poco più di un km e mezzo dalla fine. Nel frattempo, Alaphilippe prova a mantenersi dignitosamente con Kruijswijk e Thomas: resiste ad un primo attacco dell’olandese, ma cede a quello del gallese ai -2, andando da solo verso il traguardo.
Fabio Aru arriva a 4’45”
Simon Yates vince dunque a Prat D’Albis con 33” di vantaggio su Thibaut Pinot e Mikel Landa. Si difendono bene Emmanuel Buchmann ed Egan Bernal, che giungono appaiati a 51”; nella top ten di tappa c’è spazio per un lodevole sesto posto di Kämna ad 1’03”, dopo aver tenuto a lungo anche Buchmann e Bernal. Ad 1’22” arriva Geraint Thomas, in compagnia di Kruijswijk e di Alejandro Valverde (Movistar); 1’30” il distacco di Richie Porte (Trek-Segafredo), 1’49” quello della maglia gialla Alaphilippe, che comunque precede Fuglsang giunto ad 1’54”. Alla fine distacchi non enormi, che però danno l’idea che nella terza settimana si può erodere, e di molto.
La nuova generale alla 15° tappa vede ancora Julian Alaphilippe in maglia gialla; Thomas e Kruijswijk si avvicinano rispettivamente ad 1’35” ed 1’47”, Pinot salta su al quarto posto ad 1’50” ai danni di Bernal (2’02”) e Buchmann (2’14”). Salto in avanti anche per Mikel Landa, ora settimo a 4’54”, saltino per Valverde ottavo a 5’00”; il tutto ai danni di Fuglsang (5’27”) e di Urán (5’33”). Richie Porte ha ancora la top ten nel mirino a 6’30”. Il miglior italiano in classifica è sempre Fabio Aru: luci e ombre anche oggi per il sardo, che è rimasto coi migliori per tutto il Péguère salvo poi cedere nettamente sulla salita finale, giungendo a 4’45”. Aru è comunque salito in classifica, giungendo al 17esimo posto a 14’15”.