Gira una volta - Mira
Situata a pochi chilometri dalla laguna veneta (difatti ha un’altezza di appena 6 metri sul livello del mare), Mira è una città di circa 38500 abitanti della provincia di Venezia (da cui dista una decina di chilometri), attraversata dal Naviglio del Brenta, ovvero il ramo più antico del noto fiume. Anticamente la località era denominata Cazoxana o Cazzozana, per via della sua posizione intermedia tra boschi e pascoli e solo successivamente venne adottato il toponimo di Mira, per il quale sono state avanzate due ipotesi: una prima facente riferimento al termine latino mira stante ad indicare una torre d’avvistamento a presidio del territorio; la seconda invece sembra rimandare alla città licia di Myra, in cui visse e morì San Nicola.
La zona fu abitata già in epoca romana, per lo più da barcaioli e pescatori, data anche la presenza di un porticciolo. Fu però soprattutto in epoca medievale che un vero e proprio paese cominciò a prendere forma, in un’area dov'era sorta già anche l’abbazia benedettina di Sant'Ilario. Dopo esser stato possedimento di Ezzelino da Romano e della famiglia Da Carrara, il centro fu costantemente teatro delle lotte e dispute territoriali tra Venezia e Padova, vivendo il periodo di maggior splendore di pari passo con quello della Serenissima. Importante fu, in questo senso, la costruzione di numerose e celebri ville nel territorio. Il comune di Mira, che oggi si presenta sparso in varie frazioni, nacque nel 1868 grazie all'unione di Mira Vecchia con i due comuni di Oriago e Gambarare.
Nel corso del Novecento il territorio fu contrassegnato anche da un fiorente sviluppo industriale, sia dal punto di vista chimico che con la nascita di varie camicerie. Dal punto di vista architettonico, come anticipato, nel corso dell'819 (sul territorio dell’attuale località di Dogaletto) sorgeva l’abbazia benedettina di Sant'Ilario che, dopo secoli di prosperità, venne definitivamente abbandonata nel XV secolo ed oggi ne restano solo pochissimi resti. Tra le chiese situate nel territorio comunale vanno menzionate quella di Santa Maria Assunta, di San Giovanni Battista, di San Nicolò Vescovo e di Santa Maria Maddalena. Numerose sono invece le ville venete e i palazzi presenti nel comune: tra le più note Villa Venier Contarini, Villa Corbelli, Villa Valier, Villa Foscari, Villa Seriman.
Una veduta di Mira © Comune di Mira[/caption]
Il 1° giugno 1989 si disputò la Mantova-Mira di 148 chilometri, dodicesima tappa del Giro d'Italia, giunto alla sua edizione numero settantadue. Fu il classico piattone per velocisti, che ebbero una delle ultime possibilità di giocarsi il successo prima delle tappe alpine. La Corsa Rosa, partita con i successi di Jean-Paul van Poppel a Catania e di Acacio da Silva sull'Etna, vide poi Silvano Contini conquistare la maglia rosa al termine della cronometro a squadre tra Villafranca Tirrena e Messina, riuscendo a conservarla per cinque giorni. Successivamente le tappe del Gran Sasso e di Gubbio, conquistate rispettivamente dai danesi John Carlsen e Bjarne Riis, portarono in rosa Erik Breukink e poi nuovamente da Silva, prima che l’olandese s’impossessasse nuovamente del primato al termine della cronometro da Pesaro a Riccione, vinta dal polacco Lech Piasecki.
La tappa partì con andatura velocissima e non fu facile riuscire a portare via un gruppetto di fuggitivi (tra i più attivi vi furono Luigi Bielli e Danilo Gioia) mentre il traguardo Intergiro di Este vide prevalere Giovanni Fidanza. Nei chilometri successivi vi furono altri tentativi da parte di coloro che avevano l’intenzione di anticipare lo sprint (uno degli ultimi a provarci fu il forte passista francese Francis Moreau) ma alla fine il ritorno del gruppo, deciso a portare la gara verso il prevedibile epilogo in volata, ebbe la meglio. L'ultimo chilometro fu particolarmente convulso, con vari sbandamenti e cadute e negli ultimi 200 metri ad uscire davanti a tutti fu la sagoma di un ragazzo lucchese di 22 anni, già arrivato due volte secondo alle spalle del già celebre svizzero Urs Freuler nel corso di quella edizione: il suo nome è Mario Cipollini e quella ottenuta nella cittadina veneta fu la prima di ben 42 tappe vinte che ne fanno il plurivittorioso di tutti i tempi nella corsa rosa.
Alle sue spalle terminarono lo spagnolo José Rodríguez, l’olandese Van Poppel, Silvio Martinello, Adriano Baffi, Paolo Rosola e Stefano Allocchio. A calamitare l’attenzione delle telecamere furono però anche le due rovinose cadute verificatesi negli ultimi 500 metri: a farne le spese, tra gli altri, furono Bruno Leali (che si ruppe la clavicola), Dimitri Konyshev (allora neoprofessionista) e soprattutto Rolf Sørensen: il danese, nella caduta, andò ad urtare violentemente i piedini di una transenna, provocandosi una profonda ferita che gli fece perdere molto sangue. Per lui ci fu il ricovero in ospedale con trauma cranico e ben quaranta punti di sutura in testa.
Erik Breukink mantenne la maglia rosa anche sulle Tre Cime di Lavaredo (dove trionfò il colombiano Lucho Herrera), salvo poi cederla a Laurent Fignon sul traguardo di Corvara in Badia, teatro di una splendida impresa di Flavio Giupponi. Il fuoriclasse transalpino dovette guardarsi proprio dagli assalti dell’italiano ma riuscì a consolidare il primato, vincendo la ventesima tappa a La Spezia e sfruttando anche la cronometro conclusiva da Prato a Firenze (vinta ancora da Piasecki). Dopo la beffa del 1984 Fignon riuscì così finalmente ad aggiudicarsi per la prima e unica volta in carriera il Giro d'Italia, precedendo di 1'15" Giupponi e di 2'46" il vincitore uscente Andrew Hampsten.