Il giorno che il ciclismo scoprì il VAR
Il vincitore del Mondiale under 23, Nils Eekhoff, viene declassato a favore dell'azzurro Samuele Battistella, per traino a 120 km dall'arrivo. Facciamo chiarezza su una decisione senza precedenti
Premessa: di fronte a quello che è accaduto oggi ad Harrogate, gli entusiasmi nazionalistici passano un attimo in secondo piano. Onore a Samuele Battistella, che restituisce l'iride all'Italia dopo ben 17 anni correndo una gara incredibile, ma il titolo è conseguito al termine di una situazione di gara falsata che non si deve più ripetere. Falsata da qualunque punto di vista la sia voglia vedere: il vincitore sul campo è stato l'olandese Nils Eekhoff, classe 1998, in procinto di diventare professionista alla Sunweb dopo tre anni nel team development. E se si considera corretta la scelta della giuria, allora non si può non evidenziare che il buon Eekhoff, al posto di essere sul traguardo di Harrogate a giocarsi l'oro, doveva essere nel camper della sua squadra a farsi la doccia, e a tifare per i suoi compagni. È andata diversamente, e anche il ciclismo, subito dopo il calcio, comincia a trovarsi faccia a faccia con le lacune del suo regolamento per ciò che concerne il VAR: e per la prima volta in assoluto, un campione del mondo è stato squalificato.
Perché Eekhoff è stato squalificato
I fatti: a 129 km dall'arrivo, con la pioggia che cade ed il gruppo lanciato a tutta con la fuga che cerca insistentemente di prendere il largo, una caduta a centro gruppo coinvolge una decina di corridori. Tra tutti Eekhoff è colui che subisce le conseguenze peggiori: finisce su un automobile parcheggiata e batte la spalla destra sul marciapiedi, la bicicletta necessita di aiuto meccanico e deve aspettare l'ammiraglia. Più di un minuto viene perso da Eekhoff, prima di ripartire. Lo rivediamo dopo 5' o poco più: nonostante il gruppo sia a 60 km/h, Eekhoff è già nella scia delle ammiraglie. Verrà seguito nei chilometri successivi nel suo rientro in gruppo: tra un attacchino alla borraccia e un po' di retro macchina, Eekhoff riesce nel giro di 3-4 km a guadagnare la coda del gruppo, senza far niente che risulti fuori dall'ordinario per un corridore caduto e rientrante. E difatti nessuno trova niente da ridire.
Tutti dimenticano, la gara (molto bella) prosegue, e alla fine emette un verdetto a favore proprio di quell'olandese, rientrato così velocemente da una caduta rovinosa. Sembra tutto pronto per avviare la cerimonia protocollare, quando si apprende che la vittoria è sotto investigazione: l'ipotesi che ci sia un legame con la caduta è talmente remota che per prima cosa si pensa a fatti accaduti in volata. Ma la volata è assolutamente regolare. Intanto, un Eekhoff scuro in volto si avvicina alla cabina di regia del VAR, e pian piano arrivano conferme che si indaghi sui fatti successivi alla caduta. Ma le immagini diffuse sono tutt'altro che convincenti: e allora perché tanta insistenza? Sembra che i dati GPS sulla velocità raccolti sulla bici di Eekhoff poco dopo la caduta siano incompatibili con quelli di un corridore che fa tutto da solo: insomma, scia prolungata e/o traino. E tali informazioni sarebbero anche supportate da filmati extra-rispetto a quanto visto in TV.
Ma c'è un problema: l'UCI non può usare le informazioni del GPS per squalificare Eekhoff, né può usare video esclusivi per la squalifica senza prima averli visionati in presenza del corridore. Non è regolamentare. E allora bisognerà aspettare ben 40 minuti, arrovellandosi su tutte le possibili infrazioni commesse, prima di veder salire Battistella sul podio mondiale a indossare l'iride ed Eekhoff andar via in lacrime. Ufficialmente, Eekhoff sarà squalificato, assieme a Alexander Konychev e Andreas Stokbro, per traino prolungato.
Inevitabile farsi qualche domanda. È così necessario un tale corto circuito logico, seminando tanta confusione nelle teste degli spettatori (molti credono che Eekhoff sia stato squalificato per la cosiddetta "sticky bottle", la borraccia presa dall'ammiraglia in corsa, vista in TV), per comminare una squalifica che, dati alla mano, suona anche motivata? Il parere dei giudici non è più insindacabile ma dev'essere per forza suggellato dalla prova video che, a differenza del calcio, non potrà mai essere garantita sempre? E sopratutto, in epoca di dati in tempo reale e in un evento così importante, perché intervenire in corsa è così sbagliato? Bisognava per forza illudere un ragazzo di 21 anni di essere campione del mondo, e regalare uno spettacolo falsato al pubblico?
Ma torniamo alla gara...
La prova under 23 di Harrogate ha confermato quanto lo Yorkshire sia un posto infame e al tempo stesso paradisiaco per il ciclismo. Si compone di ben 151 km in linea ed appena due giri del circuito finale (uno è stato tagliato per sicurezza nei giorni precedenti), per un totale di 178 km: il mondiale under 23 più "in linea" di sempre. E difatti la corsa si animerà ben prima; ma andiamo per gradi. La partenza è a tutta, con il francese Matis Louvel e l'austriaco Patrick Gamper che provano a evadere con poco vantaggio nelle prime fasi.
Segue un tentativo, che si sviluppa proprio poco dopo della caduta incriminata, che vede protagonisti corridori importanti, tra cui il nostro Alessandro Covi: con lui, professionisti come Stan Dewulf (Belgio) e Anders Krøn (Danimarca), due norvegesi (Ludvik Holstad e Jonas Hvideberg), due britannici (Stuart Balfour e Fred Wright), Johan Jacobs (Svizzera), Marjin van den Berg (Paesi Bassi), Patrick Haller (Germania), Petr Klemen (Repubblica Ceca), Ben Healy (Irlanda), Stanislaw Aniolkowski (Polonia). Arrivano a guadagnare più di un minuto, quando il percorso si fa collinoso. Non c'è mai calma in gruppo, si susseguono le forature (vittime tra gli altri anche Dainese), le cadute, i rallentamenti, e la pioggia.
I ventagli sparecchiano la tavola
La fuga perde di vigore quando si ritrova ad affrontare Greenhow Hill, la salita più lunga di giornata con 3,4 km quasi all'8% di pendenza media; ad essa sopravvivono solo Covi, Kron, Dewulf e Balfour; il gruppo è sempre più assottigliato. A 52 km dal termine, lo scenario cambia, e arriva l'ora, per Germania e Norvegia, di sfruttare l'intenso vento laterale: è tempo di ventagli. Davanti restano in 23, tra i quali molti dei favoriti della prima ora: c'è il campione del mondo a cronometro Mikkel Bjerg, c'è il vincitore del Tour de l'Avenir Tobias Foss, c'è Georg Zimmermann per la Germania, c'è l'enfant du Pays Tom Pidcock, originario proprio dello Yorkshire, e sopratutto c'è Sergio Higuita, che di certo non ha bisogno di presentazioni.
Degli azzurri, oltre al ripreso Covi, sopravvive solo uno: è Samuele Battistella, mentre il suo compagno della Dimension Data Konychev naviga nel gruppo inseguitore di una trentina di unità, comprendente uomini del calibro di McNulty e Philipsen. Dispersi gli altri azzurri: Ferri e Aleotti nuotano nelle retrovie, Alberto Dainese si ritira. Non si mette bene insomma: all'ingresso del circuito la formazione azzurra è già dimezzata.
La gran gamba di Battistella
Nonostante il secondo gruppo abbia il primo sempre a tiro, anche a 10" di distanza, non riuscirà mai a colmare il gap. Gli inseguitori finiscono ufficialmente fuori dai giochi quando, all'ingresso nel circuito finale, nel rettilineo in salita di Pot Bank davanti si cambia passo, anche a causa dell'azione di Idar Andersen (Norvegia) e del professionista della CCC Team Szymon Sajnok (Polonia). I due guadagnano un buon margine, oltre i 20", quando trovandosi ad affrontare per la prima volta Harlow Moor Road vedono 4 atleti rientrare da dietro, sotto la spinta di Samuele Battistella, che dimostra una gamba invidiabile.
Con lui, clienti bruttissimi: Pidcock, Foss e lo svizzero Stefan Bissegger, che a 19 km dall'arrivo vanno a comporre l'azione più pericolosa di giornata. Che guadagna terreno: passano sul traguardo con 15" sui 15 inseguitori (pur perdendo Andersen, a causa di un problema alla ruota anteriore), e collaborando arrivano ad aumentare nella prima parte del circuito il loro margine fino a 30"; da dietro si avvia difatti la disperata reazione dell'inesauribile Kron, che porta alla sua ruota Zimmermann, Higuita ed Eekhoff.
Il sorprendente rientro del gruppo Eeekhoff e la volata finale
Ma 30" sono difficili da recuperare, se davanti c'è gente valida e non si guarda; tuttavia, le energie sono al lumicino per tutti (sopratutto per Sajnok, che a 6 km dal termine alza bandiera bianca) e nessuno dei 4 al comando se la sente di forzare su Harlow Moor e neanche dopo in discesa. Accade così che gli inseguitori, perso Zimmermann, guadagnino spingendo alla morte (specialmente Higuita ed Eekhoff), fino ad arrivare all'incredibile ricongiungimento all'ultimo chilometro. Anche nell'arrivo in salita si vede che le energie mancano per tutti: nessuno ha voglia di anticipare la volata, aspettano tutti i duecento metri finali.
È Higuita a rompere il ghiaccio, partendo sulla destra; Battistella avrebbe la sua ruota, ma decide di non seguirlo subito. Al centro sin dall'inizio, Eekhoff segue la progressione di Higuita e lo ripassa; negli ultimi 100 metri Battistella rimonta, ma è troppo tardi. Passa primo Eekhoff, secondo Battistella, terzo Bissegger e quarto un delusissimo Pidcock: prendere in casa la medaglia di legno non è mai bello. Poi Higuita, Kron e Foss. A 38" giungono i primi inseguitori, comandati dall'olandese Pascal Eenkhoorn su Bjerg, Mathieu Burgaudeau (Francia) e Torjus Sleen (Norvegia); A 3'02" Konyshev regolerà ciò che resta del gruppo fatto fuori nei ventagli, mentre Covi verrà classificato 48° ad 8'27" , Gregorio Ferri 70° e Giovanni Aleotti 78° a 12'42".