Le tante competizioni del Tricolore Cross 2021
A margine delle imprese di Bertolini, Arzuffi, Fontana, Baroni, Olivo e Bramati sul veloce circuito di Belloluogo a Lecce, si svolgeva un'altra gara: quella dei quattro candidati alla presidenza FCI
dal nostro inviato
L'occhio incantato, al Parco Belloluogo a Lecce, si sarebbe riempito della competizione sportiva, fangosa, sudore e ammaccature, scivoloni e muscoli, clack del cambio e ansimare del respiro accorciato dalla fatica, e percepibile perfettamente nel vuoto del pubblico su un tracciato che in alcuni punti lasciava completamente soli gli atleti in esso impegnati. L'occhio scafato avrebbe invece colto un'altra competizione, certo svolta sottotraccia e tra le righe rispetto alla prima, ma tutto sommato nemmeno così celata: quella per la presidenza alla Federciclismo.
Nella cornice dei Campionati Nazionali di Ciclocross 2021, insieme a tutti i maggiorenti della specialità, e a Daniela Isetti in quota Federciclo, lei vicepresidentessa uscente, c'erano anche gli altri candidati impegnati in queste settimane nella corsa a diventare il successore di Renato Di Rocco (lui assente, a Lecce).
Ritorniamo con la memoria al 2006, altri tricolori leccesi, l'epoca di un Franzoi in ascesa e pure di un Di Rocco lanciato sulla stessa tracciante luminosa: eletto non da molto alla carica più importante dell'italico ciclismo, parlava con tutti, ascoltava richieste e progetti, rappresentava il cambiamento. Dopo 15 anni in cui il potere si è inevitabilmente sclerotizzato accartocciandosi su se stesso (ma da tempo!), lui non c'è e questo fatto dà la piena sensazione delle cose che cambiano: chiunque vinca, in ogni caso un'epoca si chiuderà. Che vada a imporsi il candidato più vicino a RDR, o quello più lontano, le cose negli uffici della Curva Nord dell'Olimpico non andranno più alla stessa maniera, questo è certo.
I candidati, dicevamo: di Silvio Martinello sapete vita morte e miracoli, sta usando in maniera molto efficace internet e i social e rappresenterebbe la figura più di rottura col passato sulla poltrona romana. Daniela Isetti è generalmente molto benvoluta, anche da chi le rimprovera di aver condiviso troppo cammino con Di Rocco in questi anni. Cordiano Dagnoni sta puntando molto sul suo essere vicino alle istanze delle società, mentre Fabio Perego è l'ultimo a essere entrato nella competizione, scontento dell'esito elettorale del Comitato Regionale lombardo, alla cui presidenza era candidato (la sua mancata elezione in quel consesso è alla base di alcuni dissapori tra lui e Dagnoni).
In quel di Lecce i quattro sono stati gomito a gomito (messi anche attorno a un tavolo a cena dal sempre vulcanico Totò Bianco, storico dirigente pugliese: "Voglio che ci sia collaborazione tra di loro, non ha senso farsi la guerra, in fondo sono tutti in corsa con l'obiettivo di fare il bene del ciclismo italiano"), certo c'era molto buon viso a cattivo gioco, ma il buon viso in questi casi significa anche toni più distesi in una campagna elettorale che sta avendo un certo seguito (più del solito) tra gli appassionati. Neanche un pazzo, oggi 11 gennaio, farebbe una scommessa su un vincente: da qui alle elezioni del 20-21 febbraio tutto può succedere, e tutto succederà.
Loro, di loro, sono tutti molto sicuri delle proprie chance, e con una corsa così incerta sarà appassionante seguire gli sviluppi della contesa. Di sicuro da parte di tutti e quattro c'è la volontà di non arretrare nemmeno di un centimetro rispetto agli avversari, e ciò è emerso anche prossemicamente, fisicamente, in quel di Lecce.
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Tanta battaglia sul fango, vincono sostanzialmente i più forti
Mentre i quattro "federabili" intessevano importanti interlocuzioni a bordo percorso, sul fango leccese (quanta pioggia nottetempo!) i crossisti battagliavano. Condizioni per loro ideali, terreno divertente, tempo asciutto e pure caldino per essere al 10 gennaio (se 15 gradi paion pochi...). Il famoso scirocco salentino non potè mancare di marcare il proprio consueto protagonismo.
Prima prova quella degli Juniores, il favorito Lorenzo Masciarelli è caduto nel finale, campo libero allora a Bryan Olivo della DP66, la squadra di Daniele Pontoni, vincitore su Luca Paletti e Gabriel Fede. Tra gli under 23 l'assolo di Filippo Fontana era quotato assai basso, e infatti puntualmente si è verificato, con il trevigiano del CS Carabinieri bravo a distanziare Marco Pavan e Davide Toneatti.
All'ora di pranzo (col pubblico - formato da addetti ai lavori - ancor più diradato) in scena le donne e le ragazze, tutte insieme (partenze scaglionate di 30" per élite, under 23 e juniores). Se la gara delle più giovani aveva una pretendente ben inquadrata in Lucia Bramati, figlia di Luca, la quale ha in effetti distanziato le coetanee Giulia Challancin e Lisa Canciani, tra le under la lotta tra le compagne di squadra Francesca Baroni e Gaia Realini è stata serrata e si è risolta solo nel finale in favore della più esperta toscana (la Baroni); alle spalle dell'accoppiata della Selle Italia-Guerciotti si è guadagnata un posto sul podio Sara Casasola.
Il colpo più grosso della giornata l'ha fatto Alice Arzuffi, che finalmente (per lei), dopo anni di assalti puntualmente respinti, è riuscita ad abbattere il totem Eva Lechner. L'altoatesina era reduce da 9 titoli di fila (e due altri li aveva conquistati prima della presente serie) ma ha dovuto assaporare l'amaro della sconfitta da un'Arzuffi che da subito si è mostrata più reattiva sul veloce percorso leccese. La Lechner, mai realmente centrata, ha subìto anche il lavorìo ai fianchi della compagna Chiara Teocchi (entrambe correvano con la divisa dell'Esercito), e alla lunga la minuta bergamasca ha avuto la meglio, mentre Rebecca Gariboldi è rimasta agganciata finché ha potuto al trenino, arrendendosi nel finale al vedersi sfuggire la medaglia.
La nettissima affermazione di Alice Maria Arzuffi ha preceduto la prova élite maschile, vissuta su un lungo duello tra Gioele Bertolini (una sorta di revenant, quest'anno) e il campione uscente (nonché recente vincitore del GiroCross) Jakob Dorigoni. Ebbene, il valtellinese ha piegato alla lunga la resistenza del collega, aumentando da metà gara in avanti il progressivo vantaggio; nel finale però il ritorno di Dorigoni è stato impetuoso, e se non fosse stato per uno scivolone all'ultimo giro il corridore della Selle Italia avrebbe potuto chiudere il gap su Bertolini (il quale però, va detto, nel finale ha gestito abbastanza, sentendosi sicuro del successo). In definitiva Jakob è arrivato praticamente in scia (1" di cronometro) al portacolori del CS Esercito; terzo posto per Cristian Cominelli a 51", ai piedi del podio Nicolas e Lorenzo Samparisi, seguiti da Stefano Capponi, Daniele Braidot, Luca Cibrario, Martino Fruet e, a chiudere la top ten, Fabio Aru.
Sì, proprio Fabio Aru, nero in divisa (Qhubeka Assos, il nuovo team del sardo) quanto chiaro in volto, o anche "quando l'agognata serenità può essere ritrovata nel divertimento dei campi di cross". Inutile dire che, al cospetto di tanti protagonisti e specialisti del settore, le maggiori attenzioni dei presenti fossero rivolte proprio al vincitore della Vuelta a España 2015, tanto che all'ennesimo acuto di speaker dedicato ad Aru, uno dei corridori in corsa si è lasciato sfuggire il più classico "tutto 'sto casino per Aru", strappando il sorriso ai pochissimi astanti. Ma va bene anche così, e il ct del cross Fausto Scotti riassume la vicenda (chiudendo la porta alla possibilità - invero remota di suo - che Fabio possa essere portato ai Mondiali di Ostenda): "Lui si diverte, la gente si diverte a vederlo, la Rai viene a fa' la diretta, siamo tutti contenti". La polivalenza di ritorno serve, eccome.
Il bilancio di chiusura parla di tre giorni intensi di gare e situazioni, un percorso che in altri momenti avremmo criticato per la sua impronta monocorde (troppo pochi i passaggi tecnici), ma nello scenario di Belloluogo non ci si poteva inventare chissà cosa. Quest'anno va bene tutto, anche la gimkana, perché la cosa più importante era che qualcuno riuscisse a organizzarla, la kermesse tricolore, e la società sportiva Kalos (anche scuola di ciclismo, in quel di Lecce: insomma la base quella vera quella buona) ha espletato più che egregiamente il compito. Ancora poche settimane fa non si sapeva se la manifestazione si sarebbe potuta disputare, ancora pochi giorni fa tutto era appeso al filo dei DPCM; aver portato a termine la missione, pur nella consapevolezza della necessaria assenza di pubblico (cosa che fa piangere il cuore degli appassionati, figurarsi di un organizzatore!), è un risultato enorme per il team leccese, che merita davvero tutti gli applausi del caso. E i complimenti per aver saputo far sintesi con tutte le forze (pro)positive del movimento pedalatorio (e non solo) del territorio: il ciclismo salentino ha ancora e sempre un'anima che batte forte.