
Giro alla Rovescia: i big azzurri e quel dubbio su Pellizzari
Vediamo insieme gli scalatori italiani al via della prossima Corsa Rosa, approfondendo il loro avvicinamento e le possibili ambizioni; intanto Giulio fa capolino
In attesa di avere il percorso definitivo stampato sul Garibaldi, è tempo di dare un occhio ai possibili protagonisti italiani che saranno al via del Giro d'Italia 2025. D'altronde già avevamo dato uno sguardo ai big che avevano già confermato la loro partecipazione in un precedente episodio di Giro alla Rovescia, quindi è giusto focalizzarsi sui nostri connazionale, che peraltro si presentano al via da Durazzo con dei discreti risultati ottenuti in stagione.
Ciccone ancora in cerca di consacrazione
L'appuntamento di Giulio Ciccone con il suo salto di qualità viene costantemente rimandato. L'abruzzese ha più volte fatto vedere di essere capace di grandi cose, ma sul più bello viene quasi sempre compromesso da infortuni o altri imprevisti, arrivando così nel fiore degli anni (è ormai già trentenne) senza aver ancora messo in saccoccia qualcosa di grande, eccetto forse le due classifiche di miglior scalatore al Giro e, soprattutto, al Tour. Che Ciccone sia in grado di ottime prestazioni anche facendo classifica è indubbio: nel 2021 cadde per poi ritirarsi dal Giro quando era entrato nell'ultima settimana al 6° posto in classifica e lo stesso successe alla Vuelta in cui si trovava 12° ma in crescita e con qualche fugaiolo ad occupare ancora posti alti della graduatoria; nel 2023 (la sua miglior stagione) ha inanellato piazzamenti eccelsi in tutte le corse a tappe ma la positività al Covid gli fece saltare il Giro e ripiegare all'ultimo sul Tour (dove capitalizzò il possibile prendendosi la maglia a pois); l'anno scorso fu un problema al soprassella a farne ritardare la preaparazione, dovendo di nuovo ripiegare sul Tour in secondo tempo, dove è arrivato 11° mancando la top10 solo per una pessima prestazione nella cronometro finale.
Anche quest'anno, come tutta la sua carriera, sta procedendo su un'altalena ha debuttato all'UAE Tour dove ha fatto una delle sue migliori cronometro di sempre ed è poi stato il più brillante in salita alle spalle dell'imbattibile Pogacar, arrivando così 2° in classifica generale; è invece sembrato sottotono alla Tirreno-Adriatico, dove nonostante una buona cronometro e il 4° posto nella dura tappa di Pergola, ha poi deluso nell'arrivo in salita, sul suo terreno, arrivando 19° e prendendosi il 13° posto in classifica generale.
In un Giro d'Italia come quello del 2025, in cui non c'è molta cronometro e ci sono tante salite, spesso anche distanti dal traguardo, che richiedono un po' di fantasia, Ciccone può veramente togliersi lo sfizio di tutta una vita. Sarà un appuntamento col destino, dove Giulio dovrà essere preparato a non farsi di nuovo battere dalla sfortuna. Ed anche per questo, scaramanticamente, noi scriveremo che non farà classifica. Chissà mai che togliere aspettative non gli porti bene.
Un Tiberi da podio
Non c'è da nascondersi, lo ha ammesso lui stesso: il podio al Giro è un obiettivo concreto, uno step in più rispetto al 2024 ambizioso ma al tempo stesso fattibile. L'avvicinamento di Antonio Tiberi alla Corsa Rosa è simile a quello del 2024: l'anno scorso aveva in programma Andalucia e Tirreno per iniziare (anche se la prima saltò e si corse solo una breve cronometro), riconvertite in Algarve e Tirreno per il 2025; avendo corso l'Algarve per intero, ha sostituito il Catalunya con un altro blocco di allenamento prima di tornare al Tour of the Alps come ultimo appuntamento con vista sulla Corsa Rosa, dove incontrerà anche Giulio Ciccone. Antonio è senz'altro migliorato ulteriormente a cronometro, specialità in cui ha ottenuto un 3° posto in Algarve dietro Vingegaard e Van Aert e un 4° posto alla Tirreno: a Camaiore, i 17" persi da Ayuso nel 2024 si sono ridotti ad appena 6" in questa stagione. Anche in salita ha lanciato buoni segnali: l'anno scorso la sua condizione andò in crescendo, risultando davvero competitivo solo a partire dal Catalunya ed uscendo nettamente di classifica alla Tirreno. Pur lontano dal picco di forma quest'anno ha invece gestito in progressione la salita di Frontignano arrivando 5° sul traguardo molto vicino ai più forti e salendo al 2° posto della generale, poi ceduto a Ganna in un traguardo volante il giorno successivo.
Se per ora si deve trovare un difetto ad Antonio, è quello di vincere un po' troppo di rado, mito che però ha sfatato all'ultimo Giro del Lussemburgo, gara peraltro priva di grandi salite, dove ha dimostrato di sapersi destreggiare bene anche su terreni misti muovendosi alla grande sul piano tattico: all'indomani della cronometro si trovava in debito rispetto al leader Van der Poel - che aveva fatto incetta di abbuoni nelle prime tappe - e ad Ayuso che anche in quel caso lo aveva battuto contro il tempo di pochissimi secondi; un attacco piazzato al momento giusto cogliendo di sorpresa gli avversarsi gli ha consentito di vincere la sua prima gara a tappe, senza peraltro portarsi a casa nessuna tappa, cosa complicata sulle colline lussemburghesi per un regolarista come lui.
Al Tour of the Alps ha la grande occasione di portarsi a casa un successo, fatto che non sarebbe importante di per sé, ma gli consentirebbe di arrivare sereno ed ottimista al via di un Giro in cui i suoi principali avversari - Roglic ed Ayuso - sembrano più forti di lui sia a cronometro che in salita. Non gli si chiede certo di vincere il Giro, anche perché a 23 anni si presume che di occasioni ne abbia ancora molte davanti, considerando anche la sua crescita lenta che lo salva un po' dal rischio di una carriera breve. Ma il podio è senz'altro alla sua portata, vuoi per l'assenza di un mattatore come Pogacar, vuoi perché il laziale sembra aver fatto un ulteriore gradino nel suo sviluppo.

Gli altri dietro le quinte
Di italiani forti in salita non ne mancheranno, ma certo nessuno sembra allo stesso livello dei due già menzionati. Bisogna però almeno ricordare che saranno al via della prossima Corsa Rosa i tre ragazzi che un anno fa sono abbastanza clamorosamente arrivati 11°, 12° e 13° dopo aver gravitato intorno alla top10 per 3 settimane: Filippo Zana, Lorenzo Fortunato e Davide Piganzoli. Il primo fin qui è partito in sordina in questa stagione, ma questa non è una novità: più o meno fece lo stesso l'anno scorso (quando il ritiro di Dunbar lo costrinse a fare classifica) e anche due anni fa, quando al Giro vinse una bella tappa di montagna in fuga. Tuttavia ha già dichiarato che quest'anno correrà all'attacco senza puntare alla classifica generale, che a onor del vero gli sarebbe più alla portata vista la minore quantità di km a cronometro.
Può confidare nella stessa considerazione anche Lorenzo Fortunato, che peraltro quest'anno ha fatto un ottimo inizio di stagione raccogliendo svariati piazzamenti tra Francia e Spagna. Proprio una pessima cronometro a Camaiore gli ha impedito di piazzarsi bene in classifica alla Tirreno nonostante sia arrivato 10° a Frontignano. Non è stato brillante in Catalogna, dove probabilmente ha subito gli arrivi un po' troppo esplosivi, senza potersi giocare le carte nella tappa regina che è stata poi pressoché cancellata, ma rifacendosi con un buon 6° posto nella tappa finale di Barcellona.
Anche Davide Piganzoli non è partito male: non ha vinto come l'anno scorso, ma si è ben piazzato in gare di maggior prestigio rispetto al Tour of Antalya. Si è soprattutto distinto per il 2° posto alle spalle di Derek Gee nella O Gran Camiño, dove peraltro ha messo in mostra un notevole miglioramento anche a cronometro, suo tallone d'Achille. Anche lui sarà al via del Tour of the Alps, dove potrà confrontarsi coi connazionali Ciccone e Tiberi, con lo stesso Derek Gee e con altri avversarsi di altissimo livello come Hindley, Martinez, Gall, Bardet, Arensman e Storer.
Quel dubbio su Pellizzari
Il marchigiano, dopo la gavetta in casa Reverberi, si è accasato alla Red Bull, sapendo di non essere il faro della squadra e di dover spesso correre in supporto ai capitani. Più di questo aveva sorpreso, tanto noi quanto il diretto interessato, scoprire che i tecnici avevano in serbo per Pellizzari un programma non solo senza Giro d'Italia, ma di fatto quasi del tutto privo di corse in patria. La scelta aveva comunque una sua logica: far fare a Giulio un ricco menu di corse a tappe all'estero per acquisire esperienza e poi andare alla Vuelta sul finale di stagione per fare bene, magari in quel caso anche con più libertà di movimento, visto che Roglic farà sia il Giro che il Tour senza andare a difendere il titolo in Spagna.
Tuttavia già alla seconda di queste corse a tappe, il Giro dei Paesi Baschi, il marchigiano non ha preso il via: come ha riportato bici.pro in occasione di un'intervista alla giovane promessa, la corsa basca è stata sostituita da altri giorni in altura, perché il Catalunya si era rivelato molto dispendioso. L'affermazione finale è piuttosto coraggiosa, soprattutto se si pensa che le ultime due tappe sono state profondamente accorciate ed alleggerite risultando di fatto plausibili anche come gare per allievi (under17). In molti si chiedono adesso se dietro questo cambio di programma non si nasconda piuttosto una mossa preventiva per conservarlo e portarlo al Giro d'Italia dopo aver palesato un'ottima gamba proprio in Catalogna, dove è stato l'ultimo uomo di Roglic nelle tappe più impegnative e riuscendo anche a farsi vedere in prima persona una volta terminato il proprio lavoro. Dopo tutto ha già partecipato alla Corsa Rosa con eccellenti prestazioni l'anno passato, dunque non gli manca la maturità fisica per poter supportare i capitani anche sulle strade di casa (ricordiamo che l'8a tappa con arrivo a Castelraimondo si correrà lungamente nelle sue terre), regalo che a Giulio sarebbe sicuramente gradito.