Van der Poel campione universale, Van Aert iella sensazionale
Mathieu vince la Parigi-Roubaix arrivando in solitaria dopo che sul Carrefour de l'Arbre una foratura toglie a Wout (e a tutti noi spettatori) la gioia di un duello fino al traguardo. Philipsen gran secondo, un solido Ganna chiude sesto
Oggi le convinzioni personali non contano più di tanto. Non conta pensare che, anche senza quella foratura di Wout van Aert, Mathieu van der Poel avrebbe ugualmente vinto la sua quarta monumento (seconda stagionale dopo la Sanremo); non conta pensare che, ancora una volta, il RollingStone di Herentals ne avesse di meno rispetto al rivale di sempre, perché altrimenti per quale motivo non collabori quando a 45 km dalla fine ve ne siete andati via in due, su impulso del Fenomeno? Non conta pensare che il suo attacco sul Carrefour sia stato favorito da una quasi-caduta di Mathieu. Non conta pensare che, in caso di arrivo in volata a due, le avrebbe buscate come al solito, perché se vai a guardare lo sprint per il secondo posto, l'ha impostato ancora una volta male - troppo corto! - accidenti a lui, e infatti l'ha perso (ma se lo giocava con uno velocissimo: Jasper Philipsen, oggi un'epifania).
E non conta pensare che questa spettacolare sconfitta gli faccia tutto sommato gioco, perché per un altro anno di classiche avrà l'alibi perfetto, quello della iella che gli ha impedito di raggiungere quel che avrebbe potuto. (“Ci ho avuto la malattia che m'ha frenato!”, diceva in altri tempi e in altri mondi Alberto Sordi, spietatissimo). Perché se avesse perso come di prammatica, non si sarebbe più potuto nascondere dietro a un dito.
Ma tutte queste considerazioni, che abbiamo fatto man mano che lo splendido dipanarsi della Parigi-Roubaix 2023 ci riempiva la testa di suggestioni, sensazioni, idee, possono andare a farsi friggere (come ci diranno alcuni dei lettori più educati. I beceri ci insulteranno per generazioni, secondo le loro delicate abitudini). Vanno a farsi friggere perché attengono alla sfera del pensiero logico, ma la Roubaix è il giorno dell'anno in cui la logica resta fuori dalla porta e vale solo l'impulso, vale solo il sentimento. Per questo motivo oggi, per tanti di noi, è quel dato giorno in cui Wout van Aert la Roubaix l'ha vinta, perché se solo non avesse forato sul più bello, se solo fosse arrivato al velodromo con Mathieu, se solo avesse potuto giocarsi fino in fondo le proprie chance, se solo avesse avuto la possibilità di tentare di staccare l'arcinemico, se solo non fosse subissato da una sfiga amarissima, se solo…
Quanto ci ha tolto, quella dannata foratura dei -14… ci ha tolto un quarto d'ora di palpitazioni forti, in cui tutti ci saremmo chiesti - mangiandoci le unghie fino ai gomiti - come si sarebbe sublimata una corsa così bella, così tanto destinata a restare impigliata nei ricordi di noi amanti. Amanti traditi ancora una volta, amanti della letteratura a cui al posto dell'ultimo emozionante capitolo di un libro meraviglioso capita di trovare un rigo di bignami: “L'assassino è…”. Perché nel momento in cui Wout ha forato è stato chiaro che non ci sarebbe stato epilogo diverso dall'ennesimo trionfo di Mathieu.
Mathieu e quattro, dopo due Fiandre negli scorsi anni, la doppietta Sanremo-Roubaix in questo 2023. Palmarès che prendono quota in maniera incontrollata, è dovuto scendere Tadej dall'Olimpo per togliere a questo satana delle due ruote l'incredibile tripletta Classicissima-Muri-Pavé, una cosa mai nemmeno pensata da chicchessia (figurarsi se riuscita) ma che sicuramente da oggi è entrata nell'orizzonte del possibile per WonderPoel, per il Fenomeno venuto dal cross, per l'inesorabile campione destinato a vincerne 10, di Monumento. Gliene mancano 6. And counting, come si dice in questi casi
L'Italia, c'è pure lei, sulla sella della Pinarello portata in giro per la Francia fiamminga da Filippo Ganna. Meglio sui rettilinei in pavé che sulle curve, meglissimo sull'asfalto, un corridore ancora in via di definizione per quel che riguarda questo tipo di obiettivi, ma riprendiamo i pensieri di dodici mesi fa, quando capimmo che il verbanese un giorno questa classica se la sarebbe giocata, e li aggiorniamo: no, non possiamo dire che oggi Pippo se la sia effettivamente giocata, ma ci è andato vicinissimo. Fino al Carrefour era lì, con i più forti, certo ha dovuto spendere il triplo per non perderli dato che, come abbiamo appena suggerito, perdeva le ruote in ogni curva nei settori di pavé più aspri. Ma se nel 2022 fu 35esimo, stavolta ha chiuso sesto dopo aver fatto comunque corsa di testa, dopo essersi assunto tutte le sue responsabilità, tirando quando doveva, andando a chiudere buchini e buchetti e dimostrando una crescente consistenza, oltre che un feeling che, se da un lato è vero che deve ancora crescere (ma vedrete che lo farà, ci diamo appuntamento al 2024 o al 2025 per un nuovo resumen), dall'altro gli ha permesso di concludere la gara senza cadute e scivoloni.
Cadute che invece hanno coinvolto tanti protagonisti di oggi e di ieri. Tra gli altri, Peter Sagan, che ha chiuso la sua avventura con il pavé con una commozione cerebrale e la faccia solcata dai tagli causati da uno dei capitomboli di giornata. Non meritava di finire così quest'avventura (anche se: meglio così che peggio) che per anni ci ha tenuti incollati a schermi e monitor. In bocca al lupo Peter, e ti aspettiamo a braccia alzate su uno dei traguardi che solcherai, da qui all'annunciato ritiro autunnale.
Parigi-Roubaix 2023, la cronaca della corsa
Ci son voluti più di 80 chilometri perché la Parigi-Roubaix 2023 trovasse una fisionomia, lanciando finalmente una fuga dopo un'ora e mezza a oltre 50 km orari. Una partenza piuttosto folle per i 256.6 km della più bella delle classiche, disputata oggi in una splendida giornata di sole. Settantadue-settantatrè tentativi di fuga, squadre vivamente interessate a mandare in avanscoperta un uomo (per esempio la Alpecin-Deceuninck di Mathieu van der Poel: tentativi tra gli altri di Gianni Vermeersch e poi Silvan Dillier), nessuno a controllare, nessuno a prendere il largo. Noblesse oblige, citiamo tra i tanti almeno l'allungo solitario di Greg van Avermaet (AG2R Citroën).
Finché, a 174 km dalla conclusione, Jonas Koch (Bora-Hansgrohe) e Sjoerd Bax (UAE Emirates) hanno preso un minimo margine con Derek Gee (Israel-Premier Tech) e Juri Hollmann (Movistar): a 15 km dal primo dei 29 settori di pavé previsti, la fuga poteva dirsi partita. Per un po' è restato a metà strada tra i primi e il gruppo Nils Eekhoff (DSM), senza più riuscire a raggiungere i fuggitivi.
Mentre i battistrada si godevano un fuggevole vantaggio massimo di 1'30"-1'35", dietro - coi settori di pavé - iniziava la stagione delle cadute. In precedenza erano andati giù Dusan Rajovic (Bahrain-Victorious) e Hugo Hofstetter (Arkéa Samsic), poi anche Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers), ma il peggio doveva venire: settore 28 (da Viesly a Quiévy ai -153), giù Peter Sagan e Daniel Oss (TotalEnergies), Davide Ballerini (Soudal-Quick Step), Piet Allegaert (Cofidis) e Sébastien Grignard (Lotto Dstny) tra gli altri; Oss e Ballerini si sarebbero poi ritirati. Ai -152, uscendo dal pavé, in curva giù i due INEOS Grenadiers che erano in testa (Kim Heiduk e Joshua Tarling) insieme a un altro paio di corridori, e a questo punto gli Jumbo-Visma di Wout van Aert si sono messi a tirare loro per evitarsi problemi.
Ancora capitomboli: -146, settore 26 (Saint-Python), di nuovo Rajovic è caduto insieme a Kelland O'Brien (Jayco AlUla), e questo ha fatto da tappo con tantissimi costretti al piede a terra e a tentare di superare l'ingorgo passando sull'erba. Ai -141, sull'asfalto, scivolata in curva per Campbell Stewart (Jayco). Intanto qualche noia meccanica si era segnalata in casa Soudal: prima Kasper Asgreen sul settore 29 (da Troisvilles a Inchy ai -160), poi Florian Sénéchal sul 27 (da Quiévy a Saint-Python ai -151).
La caduta di Saint-Python ha determinato gran selezione, e dopo il settore il gruppo - tirato dalla Alpecin - ha un po' rallentato (forse fisiologicamente) permettendo diversi rientri. La media, ad ogni buon conto, era ancora superiore ai 49 orari.
Già prima di Arenberg Wout van Aert dinamita la corsa
Altre cadute: Julius van den Berg (EF Education-EasyPost) e Ceriel Desal (Bingoal WB) sul settore 25 (da Vertain a Saint-Martin-sur-Écaillon ai -139); ai -132 un problema meccanico per Stefan Küng (Groupama-FDJ) sull'asfalto, ai -127 Guillaume van Keirsbulck (Bingoal) ha fracassato la ruota posteriore (ma senza cadere!) sul settore 24 (da Verchain-Maugré a Quérénaing). Intanto tatticamente si assisteva a una piccola importante svolta, con la INEOS che riprendeva la testa del gruppo tenendo in alto un Filippo Ganna particolarmente convinto. Il ritmo era comunque un po' più rilassato rispetto alla fase precedente, i battistrada ne hanno approfittato per portare il loro vantaggio fino a 2'20" (e di certo la fuga oggi non sarebbe mai stata un fattore), e altri uomini attardati - tra cui per esempio Asgreen e Sénéchal - son potuti rientrare.
A 111 km dalla fine, poco prima dell'arrivo alla Foresta di Arenberg, una foratura ha frenato Wout van Aert, che ci ha messo pure qualche secondo in più per cambiare bici, ma è comunque rientrato senza problemi; da pochi chilometri si erano peraltro avvantaggiati rispetto al gruppo Miles Scotson (Groupama), Anthony Turgis (TotalEnergies), Jens Reynders (Israel), Luke Durbridge (Jayco) e Madis Mihkels (Intermarché-Circus-Wanty). Ai -105 una caduta sull'asfalto ha messo fuori causa Itamar Einhorn (Israel), sofferente a un polso.
Sul settore 20, da Haveluy a Wallers ai -103, Wout van Aert ha deciso di rimescolare ampiamente tutte le carte, facendo la sua prima sparata in anticipo rispetto alle forestali attese. Alla ruota del RollingStone di Herentals c'era John Degenkolb (DSM), Mathieu van der Poel non ha ovviamente mancato l'appuntamento, Stefan Küng pure (con più fatica) è riuscito ad accodarsi, mentre Christophe Laporte (Jumbo) dal primo momento si è messo a ruota e a metà settore direttamente a disposizione di Wout, tirando il drappelletto che intanto aveva superato in tromba gli intercalati; tra i quali il solo Mihkels è riuscito ad accodarsi. Bel bucone e in tanti, a partire da Filippo Ganna, presi in castagna.
Non a caso gli INEOS si sono a questo punto messi davanti al gruppo per provare a ridurre il danno (ammontante a un mezzo minuto), hanno raggiunto ai -98 un drappello di intercalati in cui c'erano tra gli altri Alexander Kristoff (Uno-X), Yves Lampaert (Soudal) e Mads Pedersen (Trek-Segafredo), e hanno poi spinto ulteriormente per portarsi quanto più possibile a ridosso del drappello buono prima dell'ingresso nella Foresta.
Qui il drappello di testa si è disfatto, nel senso che Gee ha strarotto la ruota anteriore e Hollmann si è staccato dagli altri due; lui, Koch e Bax sarebbero stati comunque ripresi subito fuori dal settore (era il 19 e mancavano 94 km alla fine). Il peggio accadeva al gruppo, che era funestato da una nuova maxicaduta intorno alla decima posizione, coinvolti tra gli altri Asgreen, i Bahrain Matej Mohoric, Jonathan Milan (che era stato molto attivo a inizio gara) e Fred Wright, e gli Jumbo Edoardo Affini e anche il campione uscente Dylan van Baarle. Plotone dissolto, chi si trovava nelle prime posizioni ha capito che era il momento di lasciar via tutti gli indugi: Pedersen per primo, e infatti si è isolato all'inseguimento dei migliori. Ganna per secondo, rimasto in gruppetto con Max Walscheid (Cofidis), Laurenz Rex (Intermarché) e soprattutto la coppia Alpecin Gianni Vermeersch-Jasper Philipsen.
Subito all'uscita dal pavé Laporte si è fermato: foratura! Superato da Pedersen e dal gruppetto Ganna, il francese è rimasto da solo a inseguire quel che andava formandosi davanti: il gruppetto Van Aert come detto riprendeva subito Hollmann e poi Koch e Bax, quindi un rallentamento (voluto soprattutto da MVDP che aveva vicini due importanti luogotenenti) ha favorito i rientri: ai -91 è arrivato Pedersen, ai -89 anche il gruppetto di Ganna, e immediatamente Vermeersch è andato a tirare, sostanziando una forse insperata superiorità numerica (3 contro tanti 1) della formazione di Mathieu. In questi 13, neanche un Soudal: il sipario era già ampiamente calato sull'infinito ciclo lefeveriano delle pietre, certo una simile certificazione ha avuto dello spettacolare.
Mathieu attacca, riattacca e attacca ancora
Dopo 15 chilometri di bagnomaria, ai -77 Laporte è stato ripreso dal gruppo degli sconfitti, che a quel punto pagava già 1'30" dai primi e tutti gli indicatori parlavano di ritardo destinato ad aumentare parecchio; comunque gli Jumbo non si sono persi d'animo e si sono messi a tirare il plotone: era un modo per mettere un minimo sindacale di pressione agli Alpecin davanti (in effetti Wout se ne stava passivo), ma la cosa non si è esaurita lì, infatti sul settore 16 (da Warlaing a Brillon ai -73) Nathan van Hooydonck ha allungato da solo. E successivamente, ai -69, dopo il pavé si è visto raggiungere ai -69 da Laporte e da Florian Vermeersch (Lotto).
La mossa Jumbo poteva sembrare pleonastica ma non lo era: Wout era legittimato a stare a ruota, nel primo gruppo, e se le cose si fossero messe malamente si poteva contare sul supporto di un paio di gregari, i quali erano in riavvicinamento e si sarebbero portati fino a 50". Ma la corsa, onestamente, era davanti.
Già sul settore 15 (da Tilloy a Sars-et-Rosières ai -71) i 13 erano diventati 12 e poi 11: Hollmann e poi Koch avevano gettato la spugna. Sul settore 12 (da Auchy-lez-Orchies a Bersée), ai -52 - con un'escursione sull'erba in curva! - Mathieu è scattato forte, portandosi dietro Degenkolb che continuava a fiutare il posto giusto al momento giusto; subito fuori dal settore, Van Aert ha dato una sgasata ed è piombato sui due, quindi ai -50 sono rientrati anche Küng, Pedersen e Philipsen, e ai -49 pure Ganna, Walscheid e Rex. Vermeersch e Bax definitivamente fuori, gruppetto ridotto a 9.
Ai -48.8 Walscheid ha tentato un anticipo prima di Mons-en-Pévèle, durissimo settore 11 che attendeva i battistrada pochi metri dopo. Ganna l'ha preso in prima posizione con Pedersen in seconda, il tedesco della Cofidis è stato subito raggiunto, ma sul tratto più duro del settore ai -47.4 Van der Poel è ripartito con Van Aert in marcatura. Addirittura Philipsen ha chiuso il buco (ma perché? Mathieu era d'accordo?), poi si sono accodati Küng con Ganna, quindi Degenkolb con Pedersen; out a questo giro Walscheid e poi pure Rex, nel gruppetto son rimasti in 7. Pippo, in tutto ciò, si sfibrava abbastanza per chiudere tutti i vari buchi, ma era sempre lì.
Van der Poel non era ancora sazio di attacchi: ai -45.4 è partito fortissimo sull'asfalto (su un tratto in leggerissima salita), di nuovo se n'è andato con Wout che però ha collaborato e non collaborato (e dire che poteva essere il treno buono), sicché nel giro di un paio di chilometri gli altri son di nuovo rientrati (ancora Ganna ha dovuto fare un numero per chiudere). MVDP ha dato un'altra piccola sgasata sul settore 9 (da Pont-Thibault a Ennevelin ai -38) ma il drappello è rimasto quello.
Ai -28 una foratura ha messo il bastone tra le ruote a Philipsen, ma il 25enne nato ad Ham ci ha messo meno di un chilometro per rientrare dopo aver cambiato bici al volo.
Una maledetta foratura ci toglie il finale che tutti sognavamo
Il punto di caduta di tutto, a questo punto, era il Carrefour de l'Arbre. Ganna ha fatto in tempo a prendere un'ultima borraccia dall'ammiraglia a 23 km dalla fine, i settori di avvicinamento a quello decisivo sono scorsi via senza scossoni, dopodiché il gruppetto è arrivato là dove tutto si sarebbe potuto e dovuto decidere. 17 km alla conclusione, il primo attacco sul Carrefour Mathieu l'ha sbagliato, nel senso della traiettoria: mancava poco che finisse giù sulle pietre in curva.
Ai 16.4, secondo momento deputato per l'attacco, è successo un patatrac: il Fenomeno si è mosso sulla destra per partire, ma Philipsen (che era davanti in quel momento) l'ha inavvertitamente chiuso verso il pubblico; Degenkolb, che era a mezza ruota, è stato il destinatario del battito d'ali della farfalla in Cina ed è andato per terra (buttando giù pure un paio di spettatori). Van Aert, che era al centro della strada, si è ritrovato da solo al comando con un minimo margine, che a quel punto ha subito lavorato per ampliare al massimo.
Mathieu dal rischiare di cadere al rimettersi a tutto gas ci ha impiegato un attimo, un riflesso da gatto seguito da una reazione ferina: in pochi secondi era di nuovo alla ruota del rivale di sempre, ai -16; trecento metri più avanti era già ripartito, mentre Wout chiamava via radio l'ammiraglia: foratura, la più maledetta della giornata, perché destinata a privare tutto il mondo di quindici chilometri finali da spasimo.
Van Aert ha cambiato al volo la ruota in uscita dal Carrefour, intanto l'hanno superato Pedersen e Philipsen, ma comunque li ha ripresi poco dopo, in uscita dal settore 3 (Gruson ai -13), rimettendosi in scia come anche Ganna e Küng, che avevano patito maggiormente i cambi di ritmo del Carrefour de l'Arbre. Van der Poel aveva in quel momento 25", Wout ce l'ha messa tutta trovando in Pedersen un buon collaboratore, mentre Pippo e Stefan non ne avevano visibilmente più e infatti non hanno fatto nulla; invece Philipsen ha fatto eccome: ha rotto tutti i cambi che ha potuto, rendendo niente più che una fugace illusione il momento in cui WVA ha abbassato il gap a 20" (ai -11). Da lì in avanti nulla è più stato in discussione.
Van der Poel si è concesso pure uno scarto impossibile per evitare un dissuasore al lato del settore 2, Hem ai -8, dopodiché ha fluttuato leggero e felice verso la quarta monumento in carriera, la prima Roubaix dopo il podio di due anni fa. La Alpecin-Deceuninck (oggi denominata eccezionalmente Alpecin-Elegant) ha fatto 1-2 dato che, a 46" dal vincitore, Philipsen ha vinto la volata del secondo posto davanti a Van Aert (che ancora una volta ha sbagliato uno sprint in una classica, aspettando troppo - i 100 metri - per muoversi), pochi secondi avanti al secondo gruppetto con Pedersen quarto (dopo il terzo del Fiandre: complimenti) davanti a Küng e Ganna, sesto alla fine. I primi italiani dopo il verbanese sono arrivati in un folto gruppo a 5'36", nel dettaglio Matteo Trentin (UAE) 19esimo, Luca Mozzato (Arkéa) 21esimo, Gianni Moscon (Astana Qazaqstan) 36esimo e Andrea Pasqualon (Bahrain) 41esimo.
Mathieu van der Poel è il quarto di sempre a conquistare nello stesso anno Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix: prima di lui ci son riusciti Cyrille van Hauwaert nel 1908, Sean Kelly nel 1986 e John Degenkolb nel 2015.