Servi della Ronde a testa alta, anestetizzati dalla Jumbo
Dalla... gleba al Fiandre, il concetto è lo stesso: vale davvero la pena sacrificare tutto, compresa una Gand, pur di mettere le mani sull’oggetto dei nostri desideri? E se poi la classica in questione “si rimettesse col suo ex”, Van der Poel?
- Allora come è andata in cima al Kemmel?
- Mah, devo dire… bene!
- Hai staccato Laporte, o almeno poi hai sprintato?
- No ragazzi, non scherziamo, la Gand è una corsa come tutte le altre…
Chi non ricorda i mitologici “Servi della gleba” degli Elii? A me sono tornati in mente dopo aver visto il modo in cui Wout Van Aert ha sacrificato la Gent-Wevelgem nel nome dell'unità di squadra, quasi come fosse un voto per mettere le mani, domenica prossima, sul Giro delle Fiandre. Dalla… gleba alla Ronde, il concetto è lo stesso: pur di conquistare l'oggetto dei nostri desideri più reconditi, sembra esserci chi è disposto a rinunciare perfino al suo amor proprio nella speranza che i compagni di squadra, e magari il karma, lo ripaghino con gli interessi nel giorno della gara più importante.
Lungi dall'essere impressionati come Cancellara dal "beau geste" di Van Aert a vantaggio del suo scudiero Laporte, ci si chiede piuttosto se potrà mai esserne valsa la pena: ok, Wout una Gent-Wevelgem già l'aveva vinta, e non stiamo parlando di una monumento. Ma è pur sempre una classica tra le più importanti che, per quasi tutti i corridori, varrebbe da sola una stagione e, per moltissimi, una carriera. E va bene, anche in questo caso il discorso non vale per Van Aert, la cui pagella del 2023 passerà se mai per i prossimi due esami, Fiandre e Roubaix, con tutt'al più una prova di riparazione ad agosto, il Mondiale.
Insomma, ammettiamo pure che una Gent-Wevelgem in più, a Van Aert, non cambiasse la vita e nemmeno la stagione: ma perché mai regalarla, una volta dimostrato di essere nettamente il più forte, e per di più in maniera così eclatante? Davvero, come alcuni hanno ipotizzato, lo ha fatto per assicurarsi la fedeltà di Laporte nelle prossime due monumento? Cioè, sul serio Van Aert (Van Aert, cribbio!) ha bisogno di elargire favori ai compagni per meritarsi i gradi di capitano? E se anche lo avesse fatto semplicemente "perché je andava", siamo sicuri che questa volta Boonen e Merckx non abbiano ragione a storcere il naso? I campioni non sono tali anche per la costante fame di vittorie che li divora?
Tommeke ed Eddy, due che di regali ai compagni ne avranno fatti al massimo ai compleanni, e comunque mai sotto forma di gare in omaggio, pensano entrambi che Wout possa pentirsi amaramente del cadeau di domenica qualora, nella prossima settimana, non riuscisse a vincere almeno una tra Fiandre e Roubaix. E se in effetti, dopo aver flirtato con Van Aert, alla fine la Ronde si rimettesse col suo ex (leggasi Van der Poel) o addirittura uscisse con "Tafano" Pogačar? Beh, il buon Elio-Wout non ci avrebbe certo fatto una bella figura.
Al di là di come siano andate veramente le cose – e, per inciso, sarebbe stato interessante ascoltare le comunicazioni radio dell'ammiraglia, per capire da chi sia partita effettivamente l'idea – quella degli arrivi in parata è purtroppo una tendenza che sta prendendo sempre più piede, ogniqualvolta a giocarsi la vittoria siano due (o più) corridori della stessa squadra. Sempre più spesso, poi, in questi ultimi anni è stata proprio la Jumbo a ripagare i propri sponsor con simili teatrini. Ma un conto è decidere a tavolino il vincitore di una tappa della Parigi-Nizza – come accaduto un anno fa, e curiosamente sempre a beneficio di Laporte, che evidentemente deve stare proprio simpatico ai compagni! – altra cosa è farlo nella classica delle pietre più importante dopo le due monumento.
Certo, i precedenti illustri non mancano: su tutti, l'arrivo a tre della Roubaix 1996 con Gianluca Bortolami e Andrea Tafi a fare da valletti a Johan Museeuw nel velodromo più famoso e desiderato del mondo. Ma la stessa Mapei seppe farsi perdonare, almeno in parte, sei anni dopo, quando a giocarsi la Liegi furono altri suoi portacolori, Paolo Bettini e Stefano Garzelli. I due, infatti, trovarono l'equilibrio giusto tra nutrimento e gusto: pacche sulle spalle e strette di mano, sì, ma ai 500 metri, e poi volata regolare, vinta senza troppe storie dal Grillo, e comunque ancora in tempo per tagliare il traguardo entrambi a braccia alzate e far contento patron Squinzi. Semplice, no?