
Vingegaard: "Potevo morire. Il ciclismo è pericoloso. Pogacar ..."
Il danese del Team Visma | Lease a Bike si è raccontato a 360° ponendo l'attenzione sulla sicurezza nel ciclismo e dando responsabilità anche ai corridori
Jonas Vingegaard in questi giorni sta correndo la Parigi-Nizza, dove nella giornata odierna è giunto in 33^ posizione nella prima frazione con arrivo in volata, non il suo pane insomma. Lo scalatore danese, però, ha rilasciato una lunga ed interessante intervista a José De Cauwer, ex ciclista belga, per ‘Het Nieuwsblad’. Tantissimi i temi toccati dal classe 1996 nel corso della chiacchierata, dalla rovinosa e pericolosa caduta al Giro dei Paesi Baschi 2024 fino al paragone con Tadej Pogacar, con cui non condivide certo lo stile. Ecco, dunque, tutte le sue parole.

Vingegaard: “A volte manca il rispetto in corsa”
“L'anno scorso sarei potuto morire. Nel complesso direi che tutti coloro che operano nel ciclismo devono rendersi conto della portata del problema della sicurezza. Questo non è ancora qualcosa di frequente. E tutti hanno responsabilità: i corridori stessi, gli organizzatori, l'UCI. Gli organizzatori stavano commettendo un errore a farci percorrere una strada con le radici degli alberi sotto, ma noi corridori stavamo anche lottando e correndo forte in un momento in cui non sarebbe stato realmente necessario. Lo abbiamo notato anche al Tour dell'Algarve. A volte lottiamo per la posizione in una curva che non ci porta da nessuna parte. A volte manca il rispetto”.
Poi si sofferma sulla caduta di Wout Van Aert alla Dwars door Vlaanderen: “Si può dire lo stesso anche di quell'incidente: bisognava lottare con tanta ferocia in quel momento? Troppi ciclisti corrono come se la bicicletta non avesse i freni. Se mia figlia o mio figlio mi dovessero chiedere se fosse loro permesso di correre in bici gli direi di no. Il ciclismo così com'è adesso è semplicemente troppo pericoloso”.
Vingegaard: “La gente pensa che siamo dei robot, ma …”
Passaggio interessante anche sulla conoscenza dei dati: “Possibile che la conoscenza di dati crei dei limiti mentali, ma soprattutto in senso negativo, se vogliamo dirla così: se ti fanno male le gambe e non hai raggiunto i tuoi watt, allora puoi anche bloccarti. È anche un equivoco pensare che in una gara a cronometro si scrivano in anticipo i numeri che si raggiungeranno o meno. A volte la gente pensa che siamo dei robot, ma una prova contro il tempo coinvolge sempre anche i sentimenti”.
Infine la chiosa sul confronto con Tadej Pogacar: “Tadej ha il suo stile, io ho il mio. Ma a volte mi dà un po' fastidio che veniamo dipinti come ‘calcolati’. Capisco che questo è ciò che accade al Tour e che diciamo sempre di avere un piano, ma a volte agiamo davvero seguendo il nostro intuito”.