Juan Ayuso, qui con la maglia della Spagna alle Olimpiadi di Parigi ©Juan Ayuso (via twitter)
Professionisti

Le parole di Juan Ayuso sulla morte di Muriel Furrer: "Se è andata come sembra è una vergogna"

In un'intervista a Cadena SER prima del mondiale, lo spagnolo ha espresso le sue sensazioni. "Se ci pensi ti passa la voglia di salire in bici e gareggiare"

01.10.2024 12:28

Il mondiale di Zurigo è terminato con il primo titolo iridato della carriera di Tadej Pogačar, ma quella appena vissuta rimane una settimana in cui il risultato sportivo è assolutamente trascurabile rispetto alle questioni che il mondo del ciclismo deve affrontare urgentemente. È il mondiale della tragica morte di Muriel Furrer, su cui il presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale David Lappartient è intervenuto solamente per scaricare un po' di responsabilità dall'UCI e dall'organizzazione, in attesa di accertamenti giudiziari su quanto accaduto.

Muriel Furrer aveva 18 anni ©UCI
Muriel Furrer aveva 18 anni ©UCI

Una vicenda che ha sicuramente scosso chiunque abbia partecipato a questo mondiale, ma pochissime voci sono arrivate dal gruppo per prendere una posizione sull'accaduto. Tra queste, molto significativa quella di Juan Ayuso, che ha parlato ai microfoni della radio spagnola Cadena SER proprio venerdì sera, a poche ore dalla notizia della morte della diciottenne svizzera e a due giorni dalla propria gara, che lo spagnolo ha concluso al ventiseiesimo posto.

Juan Ayuso sulla morte di Muriel Furrer: “Ci sono molte domande da farsi"

Dopo le domande di rito sulla sua condizione e sulla nazionale spagnola, inevitabilmente sono arrivate anche quelle sul tema, e Ayuso ha espresso le sue sensazioni per un momento molto difficile: “Quando mi è arrivata la notizia ero in camera, mi è scesa qualche lacrima e mi è venuta la pelle d'oca per quei cinque minuti. Ogni volta che succede qualcosa di simile mi ricorda Gino Mäder, che mi aveva colpito da vicino, perché avevo vinto quella tappa in Svizzera e poi ci è arrivata la notizia, e sempre mi ritornano quei pensieri. Ricordo quanto male ero stato, perché era una persona molto vicina in quella situazione, e ora posso immaginare quanto stiano male le sue compagne e un po' tutti in generale.”

In quelle ore iniziavano ad arrivare le prime voci sulla dinamica dell'accaduto, e in particolare sul lungo tempo trascorso tra il momento dell'incidente e i primi soccorsi. “C'è un po' di polemica in cui non mi voglio infilare troppo, perché non sono tutte le circostanze né come è successo, ma sembra che la ragazza sia rimasta un'ora senza essere soccorsa prima dell'arrivo del servizio medico. Mi sembra una vergogna e qualcosa che non dovrebbe succedere, ma siccome non so esattamente cosa sia successo non voglio dire cose azzardate”, dichiara Ayuso, che prosegue con una critica diretta ad alcune decisioni dell'UCI in tema di sicurezza, in particolare sul divieto all'uso delle radioline nelle corse per nazionali, a cui tra l'altro si è aggiunta una sperimentazione in alcune gare World Tour della seconda metà di questa stagione. 

“Non capisco perché ai mondiali o alle Olimpiadi non abbiamo comunicazione radio. Forse la ragazza era incosciente, ma magari no e poteva dire due parole, o magari qualche altro corridore che passava poteva avvisare via radio. Per quanto poco possa essere, può cambiare per la vita di una persona. E poi ad esempio, che in un mondiale non si usi il rilevatore GPS… Magari non si può sapere al minuto, ma se la velocità rimane a zero per cinque minuti sai che qualcosa è successo. Ci sono molte domande da farsi, ma purtroppo continuare a vivere con questi dubbi, perché sembra che cambi molto poco. Sembrerà brutto da dire, ma forse è meglio non pensarci, perché se ci pensi ti passa la voglia di gareggiare e di salire in bici.”

Juan Ayuso durante il mondiale di domenica ©RFECiclismo
Juan Ayuso durante il mondiale di domenica ©RFECiclismo

“Se non vogliono che parli è perché qualcosa è successo"

La notizia della morte di Furrer era arrivata con la gara maschile under 23 in corso, e come fatto notare dall'inviato della Cadena SER Borja Cuadrado, l'UCI aveva deciso di eliminare le interviste in zona mista in seguito alla corsa e alle cerimonie di premiazione in tono minore, con le sole domande protocollari ai medagliati (di cui solo uno, Alec Segaert, intervenuto sulla questione). 

A questo punto Ayuso interviene nuovamente per esprimere il suo punto di vista, e decisamente non le manda a dire: “Per l'appunto, quando non vogliono che parli è perché qualcosa è successo. Noi abbiamo più impatto di quello che possono avere loro e possiamo creare ripercussioni. Come detto, non mi ci voglio mettere perché non so esattamente come è andata, ma se è andata come sembra è una vergogna e non è ammissibile.”

Giallo sulla morte di Muriel Furrer. Ecco il punto sulle indagini
Cat Ferguson fa sul serio: vittoria anche alla Binche Chimay Binche