E non ci fu coppia più indissolubile di questa!
Intervista a Marco Villa e Silvio Martinello che raccontano la loro infinita esperienza sui velodromi di tutto il mondo e i tanti trionfi ottenuti in pista
Gigantesche lampade di Wood creano un blu profondamente ambiguo ed effetti di fluorescenza sui vestiti della gente, sui loro occhi, sui loro denti.
È un blu notte che invade l’intero ambiente, è un blu subdolo e scaltro. Solo al centro si intravede, o meglio si intuisce, che c’è qualcuno che pedala sui rulli.
Ogni postazione ha un monitor led dove ciascuno di quei pedalatori ostinati vede proiettati i suoi parametri vitali e la sua figura come fosse in un videogame, con tutti i muscoli impegnati nello sforzo e la bicicletta che avanza su un parquet immaginario.
A un certo punto una luce bianca scaccia via tutto quel blu, quanto basta per prendere il suo posto sopra il legno dell’anello della pista ed illuminare a giorno alcuni corridori che entrano per partecipare alla prima prova in programma.
Tutto questo accadeva qualche giorno fa a Mallorca, sulla pista del Velodrom Illes Balears, alla prima tappa della UCI Track Cycling Champions League, l’annuale competizione internazionale a tappe di ciclismo su pista creata dall’UCI nel 2021 e già diventata un evento che attira sponsor e TV.
È oramai inverno e da sempre durante la stagione fredda il ciclismo che conta si ritira all’interno dei velodromi.
Una volta in questo periodo c’erano solo le 6 Giorni, competizioni dove i corridori gareggiano a coppie e si affrontano dalla fine del pomeriggio a tarda notte in diverse specialità: la corsa a punti, l’americana (madison), il derny, l’eliminazione, il giro lanciato, lo scratch.
Tra una gara e l’altra esibizioni canore e di altro tipo. In mezzo alla pista, nel parterre, nessun atleta sui rulli o monitor led ma ristorazione di prim’ordine alla presenza di personaggi famosi.
Copenaghen, Gand, Amsterdam, Grenoble, Anversa, Dortmund ma anche Algeri e la nostra Milano. Oppure Berlino con la famosissima Sechstagerennen.
Silvio Martinello e Marco Villa hanno vinto insieme la Sechstagerennen due volte, nel 1998 e nel 2000. Insieme hanno vinto tre volte la 6 giorni di Milano, insieme hanno vinto in tutti i velodromi che contano ma soprattutto hanno indossato la Maglia Iridata nel 1995 e nel 1996 nell’Americana e conquistato la Medaglia di Bronzo alle Olimpiadi di Sidney, sempre nell’Americana.
Silvio Martinello di 6 Giorni ne ha vinte 28, Marco Villa 24.
Marco Villa, come è nata la coppia Silvio Martinello e Marco Villa?
«Prima dei Campionati Italiani di Varese nel 1995 il ct Sandro Callari annunciò cha la coppia vincente sarebbe stata poi mandata a rappresentare l’Italia ai Mondiali. Mi chiamò Silvio Martinello e fui subito disponibile. Formammo la coppia e vincemmo il Campionato Italiano e poi anche il Mondiale. Entrammo così nel circo delle 6 Giorni. Lui grande atleta e grande professionista, io pronto ad imparare. Silvio mi ha insegnato come gestire la gara, come allenarsi, come “uscire in caccia” o infilarsi dappertutto, come migliorare in genere».
La vostra esperienza più sofferta?
«Non è stata una vittoria ma direi la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Sidney nel 2000. Alla vigilia partimmo da favoriti con tutto il peso sulle nostre gambe. Alla fine i primi ed i secondi ne trassero vantaggio ma riuscimmo a portare a casa una Medaglia di Bronzo, che è stato comunque un buon risultato. Salire sul podio in una Olimpiade è una grande emozione».
Il ricordo più bello vissuto insieme?
«Non ho un ricordo particolare. Bello è l’insieme di tutti gli inverni e di tutte le esperienze che abbiamo condiviso. Abbiamo fatto tanta fatica ma quando vai forte ti diverti. Sono ricordi che mi porto dentro con orgoglio».
La gara più difficile di una 6 Giorni?
«L’Americana. E’ quella più lunga ed è quella che fa classifica. La prova che piaceva a tutti e due era l’Eliminazione, un insieme di fatica, di esperienza, di tatticismo. Io e Silvio all’Eliminazione andavamo a nozze».
La coppia che è stata la vostra bestia nera?
«La coppia svizzera Bruno Risi e Kurt Betschart. Bruno Risi in particolare in pista era un fenomeno».
Ed invece, per Silvio Martinello quale è stata la vittoria più bella?
«I due campionati del mondo del 1995 e del 1996 nell’Americana. L’Americana è forse la prova della pista che ha più tradizione ma fino ad allora non era presente ai Mondiali. Nei Mondiali del 1997 e nel 1998 ci piazzammo invece al secondo posto. Successivamente ci allontanammo da quel podio per poi riconquistarlo alle Olimpiadi di Sidney del 2000 dove anche in quell’occasione l’Americana divenne per la prima volta una prova olimpica».
Marco Villa poco fa ha citato proprio la medaglia di Sidney come l’esperienza più sofferta. In quell’occasione cosa mancò per arrivare all’oro?
«Al momento di scendere in pista gli australiani Brett Aitken e Scott McGrory che poi vinsero l’oro dimostrarono di essere più forti di noi. L’argento invece poteva essere alla nostra portata. Molto spesso nel ciclismo è questione di attimi e l’Americana non fa differenza».
Silvio, come hai iniziato a pedalare in pista?
«Sono nato e cresciuto a Padova, città dove c’è il velodromo Monti, che ha sempre sfornato campioni che hanno dato lustro alla pista italiana, come Leandro Faggin, Gianni Sartori, Sergio Bianchetto o Giuseppe Beghetto. Per un giovane ciclista padovano era quindi abbastanza facile correre su strada ma frequentare anche il velodromo».
La tua specialità preferita?
«Ho sempre avuto una passione particolare per la corsa a punti e per l’americana, due prove che si addicevano particolarmente alle mie caratteristiche di corridore veloce e contemporaneamente con quella dote di resistenza necessaria nelle due specialità. Non è un caso che siano quelle dove ho raccolto le maggiori soddisfazioni».
L’avversario più ostico, più difficile, magari anche più antipatico?
«Ad alto livello lo svizzero Bruno Risi è stato senz’altro il corridore di maggior classe, di maggior talento, insomma quello che in pista mi creava i maggiori problemi. Però assolutamente non antipatico, avevamo un bel rapporto allora e ce l’abbiamo ancora adesso».
Quali sensazioni si vivono durante una 6 Giorni?
«Mi innamorai delle 6 Giorni fin da Juniores, quando la mia società ed il mio comitato regionale mi portavano a partecipare alla 6 Giorni di Milano, alla competizione di categoria. Tutte le sere c’erano 15-16 mila persone che venivano a vedere i professionisti. Nel velodromo si creava l’effetto stadio, che nel ciclismo tradizionale si vive poche volte ma che in pista è qualcosa di veramente emozionante con la gente che incita, urla, batte le mani. Poi un bel giorno anch’io sono diventato uno degli attori di riferimento di quel mondo, mondo che mi ha sempre appassionato e che ho sempre frequentato con grande piacere».
Quindi da un punto di vista sportivo le emozioni più grandi le hai vissute in pista?
«Certo. Assolutamente».
Silvio Martinello e Marco Villa, un palmarès eccezionale che Marco Villa ha implementato con i successi ottenuti da tecnico portando alla ribalta Filippo Ganna, Martina Fidanza, Elia Viviani e tutti gli altri ragazzi della pista.
Purtroppo intanto i velodromi italiani vanno in malora e Ganna & C. non vengono utilizzati per promuovere le discipline su pista, ricche di fascino e di storie bellissime.
Stasera l’UCI Track Cycling Champions League si sposterà a Berlino, in uno dei velodromi più prestigiosi, per disputare la seconda delle cinque tappe previste.
Probabilmente ancora una volta potenti lampade di Wood sommergeranno tutti in quel blu profondamente ambiguo visto a Mallorca o forse no.
Certo è che i pistard scenderanno sull’anello per contendersi il montepremi.
Però non è la 6 Giorni e tra i premi in palio non ci sarà sicuramente quello dedicato al “sedere più bello della Sechstagerennen”, proclamato dal voto delle donne presenti al velodromo.
È vero, è un premio davvero singolare.
Tuttavia, giusto per dovere di cronaca, dovete sapere che una volta Silvio Martinello ha vinto anche quello.