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Porte allunga la striscia a Willunga

20.01.2019 08:16

Sesta vittoria di fila di Richie nella tappa regina del Tour Down Under! Ma la corsa va a un ottimo Daryl Impey. Diego Ulissi il migliore degli italiani


O tempo che scorri impietoso e solchi con la tua violenza i volti e le vicende di noi piccoli uomini! O tempo che passi indifferente sulle nostre teste e sulle nostre vite! O tempo che imperturbabile osservi il nostro affannarci e invecchiare, non perdendo occasione di mostrarci il tuo lato sprezzante... o tempo che fai tutte queste cose che abbiamo qui elencato e molte altre ancora: ma com'è che invece, o tempo, a Willunga Hill tu ti sei beatamente fermato?

Lo chiediamo perché son sei anni che assistiamo alla stessa scena nella stessa tappa, e il sospetto che sia tutta una grande candid camera può anche sfiorare qualche mente un po' più impressionabile di altre. Quale sarebbe la scena in questione? Richie Porte che conquista l'arrivo in salita del Tour Down Under, of course!

Badate bene: fino al 2011 si arrivava a Willunga, sì, ma ai piedi della rampa, e vincevano i velocisti; dal 2012 gli organizzatori hanno deciso di osare il traguardo all'insù: la prima volta vinse Valverde (al rientro da un pit-stop...) su Gerrans, la seconda Gerrans su Slagter, la terza ebbe già il marchio R.P., Richie Porte appunto. Eravamo nel 2014 e il tasmaniano, all'epoca ancora gregario di lusso di casa Sky, apponeva il primo sigillo su Willunga Hill; poi si ripetè 12 mesi dopo, con la medesima maglia, prima di segnare anche il triennio successivo (colori BMC stavolta; nel 2017 in particolare fece i solchi, diede 20" al gruppetto inseguitore).

E arriviamo a quest'anno, alla nuova maglia Trek-Segafredo; inciso: maglia bellissima, fa molto vintage (sarà anche il font abbastanza retrò della marca di caffè italiana) e rende meglio in gruppo che in foto. Nonostante l'approdo al nuovo team, Porte non ha cambiato abitudini e ha vinto come al solito la tappa di Willunga Hill. Non sappiamo se questo suo successo fosse quotato, in caso affermativo i bookmaker non ci hanno capito nulla di cabala e tradizione.

Sei anni di fila non sono più ciclismo, sono direttamente un'epoca. Va detto che tutta la tiritera sul tempo di qualche rigo più su potrebbe essere in ogni caso giustificata da un particolare: per la prima volta Richie non ha dato distacco al secondo, visto che i due alle sue spalle sono stati cronometrati con lo stesso suo tempo. Un segno di invecchiamento di Porte (34 anni fra 10 giorni), diranno i maligni; un segno del miglioramento della startlist del Tour Down Under, replicheranno gli ottimisti a tutti i costi.

Che la startlist sia migliorata è possibile, ma non cambia l'esito della corsa australiana rispetto a 12 mesi fa: anche oggi, come nel 2018, a esultare nella generale è Daryl Impey, che ringrazia la squadra (aiuto fenomenale su W.H.), ringrazia le proprie gambe e un po' ringrazia pure le disavventure di Patrick Bevin, leader in carica al via, ma passato dalle disavventure di ieri (caduta e ammaccature varie) alla disfatta di oggi: considerando che avrebbe anche potuto ritirarsi, è già tanto che sia arrivato al traguardo, pur se con 5'41" di ritardo da Porte. Gli andrà meglio la prossima volta.

 

Finiscono presto le speranze di Patrick Bevin
Era una fuga di qualità quella che si è mossa subito al primo chilometro della McLaren Vale-Willunga Hill, 151.5 km, sesta e ultima tappa del Tour Down Under 2019; ma, perdonate lo spoiler, nonostante la qualità ugualmente quella fuga era destinata a schiantarsi contro la doppia scalata finale alla salita simbolo della corsa. I protagonisti dell'attacco, sette uomini di sublime passismo: Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Gediminas Bagdonas (AG2R La Mondiale), Nic White (UniSA-Australia), Danny Van Poppel (Jumbo-Visma), Lukas Pöstlberger (Bora Hansgrohe), Jasha Sütterlin (Movistar) e Alex Dowsett (Katusha-Alpecin).

Il treno in questione ha avuto fino a 3'39" di vantaggio massimo, Van Poppel ha vinto i due sprint intermedi ma in ogni caso non avrebbe potuto insidiare la classifica a punti di Patrick Bevin (almeno quella l'ha vinta, il corridore della CCC Reno: 56-54 per lui sullo stesso DVP!), poi le squadre dei protagonisti della classifica si sono messe a fare sul serio, e per la fuga la festa è finita. Dai 3' che ancora i 7 conservavano ai -38, il vantaggio risultava dimezzato 12 km più avanti, ai piedi di Willunga Hill (prima scalata).

Dowsett si era già staccato sul piano, gli altri si sono dissipati strada salendo, lasciando al solo Nic White il compito di tentare di mettere la bandierina della fuga almeno in cima alla prima delle due scalate. Ma il 21enne di casa non ce l'ha fatta: non ci è riuscito perché la Sky ha fatto una delle sue Tourate, trenando per metà ascesa come solo lei sa fare (e causando la perdita di contatto del sofferente Bevin, ai -25), e poi lanciando in coppia Kenny Elissonde e Wouter Poels. I due hanno superato White in dirittura di Gpm, ma il margine sul gruppo non era poi chissà quanto, sicché sono stati ripresi: come prove generali per l'ultimo giro, però, sono state perfette per i nerazzurri d'Albione ("nerazzurri d'Albione", dannata lingua scritta, che cosa bisogna inventarsi per evitare le ripetizioni?...).

Sul pianoro in cima a Willunga Hill, i due Sky hanno lasciato il proscenio al contropiede di Héctor Carretero (Movistar), partito da solo ai -21 e raggiunto poi ai -15 da Daniel Oss (Bora) e Tomasz Marczynski (Lotto); ma anche quest'azione, vissuta sul filo di pochi secondi, era destinata a sfumare, cosa puntualmente avvenuta a poco meno di 8 km dalla fine. Da lì all'ultimo approdo a Willunga, Sky e Jumbo hanno controllato la situazione e più nessuno è evaso: si trattava ora di dedicarsi a una decina di minuti di resa dei conti su per la salita. Tutti pronti.

 

Sky ci prova, Porte è inesorabile, Impey precisissimo
L'Astana è stata la prima a imporre un certo ritmo, lavorando per Luis León Sánchez; ma non era terreno per il murciano-bis del ciclismo attuale. Ai 3 km riecco la Sky, con Dylan Van Baarle; Elissonde era lì in agguato, Poels ha cominciato a risalire posizioni, insomma il nuovo assalto frontale del team britannico era nell'aria e puntualmente si è realizzato ai 2 km, con lo scatto del francesino. Ai 1700 metri si è mosso Wout, ed è andato a mettersi in scia al compagno.

Ora, va bene tutto, ma prendere uno alto 130 cm o poco più per farsi trainare lontano dal gruppo non è il massimo della vita, e infatti non è che alla fin fine anche questo secondo attacco Sky sia stato particolarmente mostruoso: Elissonde ce l'ha messa tutta, ma è bastato che il padrone di casa di Willunga Hill facesse un colpetto di tosse per trasformare tutti in maggiordomi. L'ardita (nonché abbastanza classista) metafora è per segnalare l'affondo di Richie Porte ai 1300 metri.

Il capitano della Trek si è mosso con Chris Hamilton (Sunweb) e Michael Woods (EF Education First) a ruota; poco distanti George Bennett (Jumbo-Visma) e Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida), i quali però, non riuscendo a chiudere, hanno sfasato del tutto venendo poi risucchiati da quelli dietro. Quelli dietro erano in sostanza i Mitchelton-Scott che tiravano Daryl Impey. In particolare Lucas Hamilton (non parente di Chris, anche se australiani entrambi) e Cameron Meyer. In precedenza aveva lavorato anche Mathew Hayman, e lo dobbiamo proprio citare perché oggi è stata l'ultima sua corsa da professionista: una carriera onestissima, brillante sul pavé, e illuminata a vita da una giornata di gloria che nessuno di noi (e neanche Tom Boonen...) potrà dimenticare, alla Roubaix del 2016. Buone vacanze, Mathew!

Il lavoro dei gregari di Impey è stato fondamentale, come vedremo. Intanto Porte staccava Chris Hamilton e Woods e si fiondava su Poels ai 1100 metri. Restava solo da vedere quando Richie avrebbe mollato pure Wout: risposta, ai 700 metri. Solo che a differenza degli anni scorsi, il tasmaniano non ha fatto il vuoto, Poels ha continuato a tenerlo a vista e, addirittura, negli ultimi 300 metri è risalito come un ossesso proprio Impey, bravo nel cambio di ritmo dopo l'andatura regolare (sebbene sostenuta) regalatagli dai suoi uomini.

Porte si è voltato un attimo per valutare le distanze, e ha capito che anche questa volta il Tour Down Under non l'avrebbe vinto (ci è riuscito solo nel 2017), troppo vicino Daryl per sperare di scavalcarlo in classifica; ma ha lo stesso esultato con gran gioia, per una serie di motivi: prima vittoria stagionale che vuol dire tante speranze nel nuovo team, dopo le troppe cadute che hanno punteggiato la sua avventura in BMC; fiducia nel poter condurre un'altra stagione da protagonista; e tradizione ancora una volta rispettata: c'è da scommettere che la prima volta che Porte non vincerà a Willunga Hill sarà dispiaciuto come poche altre volte in carriera.

Cronometrati st con Porte, Poels secondo e Impey terzo (ed esultante pure lui, con buone ragioni!); a 3" Rohan Dennis (Bahrain), autore di un ottimo finale di scalata, quasi come Impey; a 6" Sánchez e Chris Hamilton; a 15" Woods; a 17" un gruppetto regolato per l'ottavo posto da Diego Ulissi (UAE Emirates) su Tom-Jelte Slagter (Dimension Data), Dries Devenyns (Deceuninck-Quick Step) e Ruben Guerreiro (Katusta); Pozzovivo si è piazzato 14esimo, nel gruppetto arrivato a 20".

La gioia di Daryl Impey, come è chiaro, era data dall'aver conquistato per il secondo anno di fila il Tour Down Under: sapiente gestione dei percorsi misti e degli abbuoni (stavolta con il plus di un successo di tappa, che non guasta mai) e ottima difesa a Willunga Hill. Tattica che vince non si cambia! Al secondo posto della generale troviamo proprio Richie Porte, a 13" di distacco dal sudafricano; a 17", Wout Poels completa il podio. E poi vediamo chi c'è dopo: Sánchez a 19", Dennis e Hamilton a 26", Woods a 38", Guerreiro, Ulissi (nono) e Devenyns a 40". Pozzovivo chiude in 14esima posizione a 43".

Si chiude così la 21esima edizione del Tour Down Under, in diversi resteranno in zona per disputare domenica prossima la Cadel Evans Great Ocean Road Race, per gli amici CEGORR; qualcuno si tratterrà poi anche per il successivo Herald Sun Tour. L'estate australiana del ciclismo continua!
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!