Dal Tour Down Under a noi, l'incredibile, bellissima storia di Sarah Gigante
Avvio di carriera da film e oggi un successo che lancia la 23enne australiana sul trono di Willunga Hill e della corsa di casa. Seconda la giovanissima Nienke Vinke, Katia Ragusa ancora protagonista
Ragazzi, quella che state per leggere è davvero una storia gigante, per cui sedetevi comodi e fate la conoscenza di Sarah… Gigante (ok, non lo facciamo più), 23enne australiana fino a oggi ignota ai più, ma destinata a riempire da qui in poi pagine e pagine di cronache ciclistiche. Sorriso che non conosce confini, simpatia contagiosa, talento enorme e futuro da dominatrice delle grandi gare a tappe. E una sfortuna ai limiti del paranormale.
Dopo una gioventù divisa tra pista (dove iniziò a 8 anni) e strada, la ragazza si rivelò al proprio paese vincendo il titolo nazionale su strada appena 19enne, in solitaria, battendo una certa Amanda Spratt. Era il 2019 e Sarah cominciò ad affacciarsi alle prime gare élite, prima di firmare l'anno successivo con la TIBCO-SVB: un 2020 impreziosito dal titolo nazionale a cronometro (e due) e poi bruscamente interrotto dal covid; un 2021 in cui le corse hanno ricominciato a essere disputate (e in cui ha rivinto gli Australiani a cronometro: e tre!), ma destinato per lei a essere un annus horribilis.
In aprile, dopo le prime grandi classiche disputate, cadde alla Freccia Vallone e si ruppe clavicola, gomito e perone. Una triplice frattura l'aveva già subita da juniores, nel 2018 (gomito, spalla e polso all'epoca). Temeva di perdere l'occasione olimpica, ma il ct australiano le diede ugualmente fiducia, e lei tornò giusto per Tokyo 2021: 40esima in linea, 11esima a crono, poi più nulla. Il baratro: ad agosto avvertì forti dolori al petto, si ricoverò in ospedale a Girona in Spagna (dove faceva in quel momento base, e dove era sola senza conoscere bene la lingua), e le fu diagnosticata una miopericardite (infiammazione sia del muscolo cardiaco che del pericardio, la membrana che ricopre il cuore).
Alti (pochi e buoni) e bassi (tanti e brutti) di una predestinata
La travagliata convalescenza si compose di lunghi mesi lontano dalla bici (ma lei in compenso scoprì l'ebike), dovendo fare attenzione a non superare i 100 battiti al minuto: racconta che per fare le scale di casa impiegava dieci minuti, dovendo fermarsi ogni quattro scalini. Comunque Sarah guarì, approfittò del tanto tempo libero per studiare (è iscritta al corso di laurea di geografia e lingue) e per imparare bene lo spagnolo, dato che - tra tante sfortune una buona notizia - le si erano aperte le porte del World Tour con l'ingaggio da parte della Movistar.
Un contratto triennale da spendere accanto alla mitica Annemiek van Vleuten, cosa chiedere di più? Epperò l'esperienza con il team iberico non è stata delle più felici: nel 2022 Sarah impiegò del bel tempo per entrare in forma, dopo 6 mesi di stop, sicché ci mise poco a finire ai margini di una squadra che doveva correre molto forte per supportare le mire imperialiste di AVV (dispiegate nelle stesse corse in cui Gigante teoricamente avrebbe potuto far bene). Van Vleuten vinse quello che vinse, in effetti (LiegiGiroTourVueltaMondiale); Sarah si immalinconì, chiudendo la stagione in agosto al Tour of Scandinavia.
Il 2023, se possibile, è andato ancora peggio: considerata dal team costantemente una riserva, è riuscita a fare solo una corsa UCI in tutta la stagione, di nuovo il Tour of Scandinavia. A dicembre lei e Sebastián Unzué, responsabile del team femminile della Movistar, si son guardati negli occhi e si sono detti: “Amici come prima, ma così non va”. Rescissione consensuale, lei che plana all'AG Insurance-Soudal, coi buoni uffici della connazionale, amica e coetanea (appena 10 giorni più giovane di Sarah) Anya Louw, già tesserata per il team belga; e la Movistar che si libera di un peso morto.
Riformuliamo: lei che plana all'AG eccetera, e la Movistar che, credendo di liberarsi di un peso morto, commette l'errore del secolo.
A Willunga Hill è (ri)nata una stella
Un'altra stagione, quella 2024, in partenza in Australia, ma - e qui le cose assumono contorni davvero grotteschi - un'altra ineffabile giocata della malasorte ai campionati nazionali a cronometro, per i quali era tra le più attese (per non dire tra le favorite): si lancia dalla rampa d'avvio, fa due pedalate, una curva, e la catena non va più. Si ferma, prova a far ripartire il meccanismo, non ci riesce, torna indietro, cambia bici (ne prende una qualsiasi) e riparte. Nonostante tutto, nono posto, ma la nuvola di Fantozzi continua a essere piazzata a perpendicolo su di lei. Non facciamo paragoni del cavolo, ma questa sequela di incredibili sfortune ci ricorda i primi anni di carriera di un certo scalatore…
Scalatrice - oltre che cronogirl - è pure lei, che nel tempo (quando ha potuto pedalare), ha riempito Strava dei suoi KOM in giro per l'Australia. In particolare, quello di Willunga Hill, da lei strapazzato tre anni fa, al Santos Festival of Cycling (un surrogato del Tour Down Under - che all'epoca non si disputava a causa del covid - riservato ad atleti di casa).
Insomma l'esordio ufficiale della salita al TDU per lei era un ritorno. Una possibile chiusura del cerchio. In queste notti di Down Under femminile l'avremo sentita citare 150 volte, chiedendoci come mai tante attenzioni da parte dei telecronisti australiani. “Gli piacerà ripetere quel nome per loro esotico, italianesco”, (in effetti Sarah ha origini in Italy), pensavamo. Senza sapere che invece in patria costei era considerata the next big thing, ma da anni, mica da poco.
Una predestinata. Oggi, vedendo come ha spianato Willunga Hill, abbiamo capito con chi abbiamo a che fare. Vedendo il suo travolgente entusiasmo dopo l'arrivo, seguito da altrettanto travolgenti lacrime alle interviste post-gara, abbiamo intuito con invidiabile perspicacia che i riferimenti che faceva ai microfoni meritavano un approfondimento: ed eccoci qui, a raccontare una storia che - c'è da scommetterci - risentiremo molte volte in futuro. Sperando - per lei e con lei - che questo splendido romanzo di formazione non debba aggiornarsi prossimamente di nuovi capitoli horror.
La tappa: Katia Ragusa si assicura subito la classifica Gpm
In una giornata destinata a restare nella memoria dei cultori del ciclodonne, l'esplosione di Sarah Gigante mette in ombra un'altra storia potente, quella di Nienke Vinke, 19enne olandese che - dopo aver resistito alla tentazione di denunciare i genitori per averla chiamata in rima (si pronuncia più o meno NincheFinche), e dopo aver lanciato sprazzi di classe negli anni passati (da juniores fu terza al Mondiale di Wollongong 2022, lo scorso anno si è lasciata intravedere spesso nella sua prima stagione da pro', ma senza squilli esagerati) - si è rivelata pure lei al mondo contendendo la vittoria all'australiana fino a un certo punto, e poi accontentandosi di un secondo posto comunque enorme.
Tutto questo è successo a Willunga Hill, sede d'arrivo della terza e ultima tappa del Tour Down Under 2024, versione femminile, ottava edizione. Partenza da Adelaide, 93.4 km complessivi, una salita in partenza (Windy Point dopo tre chilometri e mezzo) che ha chiamato l'azione di Katia Ragusa (Human Powered Health), leader della classifica Gpm interessata ai 10 punti in palio in cima (era un prima categoria) per mettere al sicuro la maglia verdolina, mossasi dapprima al km 0 con Amanda Poulsen (Bridgelane), Sophie Edwards (ARA-Skip Capital), Stine Dale (Coop-Repsol) e Karin Söderqvist (Lifeplus Wahoo), ripresa con le colleghe ma ugualmente brava a sprintare al Gpm ai -90, coronando così l'obiettivo che rende piena di senso la sua trasferta australiana: in questi tre giorni la vicentina è stata senz'altro tra le protagoniste della corsa.
Giacché Katia era lì, pungolata da Sophie Edwards ha continuato a pedalare, allungando in fuga con la collega; ai -82 è rientrata pure Gina Ricardo (Bridgelane), ai -80 è arrivata la Dale, ma a -76 il gruppo tirato dalla FDJ-Suez della leader Cecilie Uttrup Ludwig ha annullato tutto. Le quattro avevano avuto fino a 37" di vantaggio massimo.
Ai -70 una nuova fuga è stata innescata da Haylee Fuller (Bridgelane), a cui si sono accodate Lucie Fityus (ARA) e ancora Stine Dale; 53" di margine massimo per quest'azione, gruppo che riannulla tutto ai -44, in tempo per la volata sul primo sprint intermedio di giornata, a Willunga: Ruby Roseman-Gannon (Liv AlUla Jayco) ha conquistato 3" di abbuono, Dominika Wlodarczyk (UAE Adq) 1". Lo precisiamo perché al secondo sprint, ai -26 ad Aldinga Beach (la spiaggia che pare un parcheggio di SUV). Wloda e RRG hanno preso altri secondi (3" e 1" rispettivamente), e così sono andate ad agganciare Ludwig in testa alla classifica virtuale.
Nel mezzo tra i due sprint, su una strappata sono rimaste attardate in diverse, e tra una Grace Brown (FDJ) e una Ally Wollaston (AG Insurance-Soudal), c'era pure Sarah Gigante (AG): come dire che se non ci complichiamo la vita, non siamo contente (tra le cose che Gigante deve migliorare c'è il posizionamento in gruppo). Le tre sono comunque rientrate, e Brown (campionessa uscente del Down Under) è andata a tirare a beneficio della compagna in maglia ocra.
Il finale entusiasmante di Sarah Gigante
Con l'appropinquarsi a Willunga Hill è stata la Lidl-Trek a operare un bel forcing per preparare il terreno ad Amanda Spratt. In particolare Brodie Chapman ha tirato per bene il collo al gruppo, ma dopo 600 metri di salita, ai 2800 dalla fine, il forcing è passata a farlo direttamente Sarah Gigante. E ha fatto male, malissimo a tutte.
Alle spalle dell'australiana c'erano correttamente Cecilie e sorprendentemente Nienke Vinke (dsm-firmenich PostNL); più indietro, pronte a rientrare temporaneamente di lì a poco, Ruth Edwards (Human Powered Health), poi saltata in aria, Spratty e Neve Bradbury (Canyon//SRAM Racing). Per un attimo è riuscita ad accodarsi anche Victoire Guilman (St Michel-Mavic-Auber93).
“Troppa gente qui”, avrà pensato Sarah prima di dare un'altra botta secca. Il tutto senza voltarsi mai. La martellata ha mandato in apnea Edwards e Guilman; a 2 km dalla fine sono andate al cinema Bradbury e Spratt; un attimo dopo, totalmente dissipata dall'aver voluto tenere il ritmo ossessivo di Gigante, Uttrup Ludwig ha dovuto mollare la presa, e con essa la maglia ocra che tante vibrazioni positive le dava. Momento di crisaccia per la danese, che non è riuscita manco a tenere le ruote di Neve e Amanda e poi è andata discretamente alla deriva.
L'ultima a perdere contatto dalla scatenata Gigante è stata Vinke, che a quel punto ha badato a non farsi rientrare più nessuna da dietro, salvando così un secondo posto per lei eccellente. Al traguardo la festa di Sarah Gigante è stata grande, anche più dei distacchi (comunque rilevanti) inflitti alle avversarie: 16" a Nienke, 27" a Bradbury-Spratt, 46" a Wlodarczyk, 47" a un gruppetto aperto da Guilman; prima italiana al traguardo Francesca Barale (dsm), 13esima a 55", giusto davanti a Ludwig, 14esima a 1'02".
Il tutto per una classifica che passa agli archivi con 20" tra Gigante e Vinke, 33" per Bradbury terza, 37" per Spratt quarta, 44" per Wlodarczyk quinta. 11esima e prima italiana Barale a 1'05", ma sul palco delle premiazioni son salite anche Katia Ragusa per i Gpm (vedi sopra) e Sofia Bertizzolo che ringrazia la luce spenta di Cecilie per aver portato a casa la classifica a punti: 44 per la bassanese della UAE, 43 per la simpatica Ludwig.
Il Tour Down Under 2024 va in pausa, chiusa la gara femminile si resta in attesa di quella maschile che partirà martedì e si chiuderà domenica. Un'altra settimana di nottate in collegamento ciclistico con l'Australia ci attende: questa è vita!