Il Giro è una Geraintocrazia e le Tre Cime non sfuggono alla regola
Santiago Buitrago batte in fuga l'incredibile Derek Gee (quarto secondo posto per lui). Poca lotta tra i big, Primoz Roglic guadagna 3" sulla maglia rosa Thomas, João Almeida perde terreno, Damiano Caruso torna quarto. Domani Lussari
Siamo infine giunti alla vigilia della tanto sospirata e temuta cronoscalata del Monte Lussari e ne sappiamo più o meno quanto ne sapevamo ieri. E cioè che Geraint Thomas è centratissimo sull'obiettivo di vincere il Giro d'Italia 2023, e che non sarà facile per i suoi immediati inseguitori scavalcarlo domani al termine della decisiva prova contro il tempo. Allo stesso tempo, non sarà per nulla scontato per il gallese difendere la maglia rosa, perché è vero che in questi ultimi giorni si è dimostrato il più solido tra tutti, ma è anche vero che il terreno di scontro di domani sarà il più infido dei 21 giorni di gara, su pendenze che garantiscono minuti pronti a volare in caso anche di temporanei appannamenti.
E Thomas è sicuro di sé quanto basta, ma non può essere altrettanto certo che Primoz Roglic e João Almeida non siano in grado di estrarre il coniglio dal cilindro all'ultima occasione valida. Peraltro non sono lontani, tutt'altro: 26" lo sloveno, 59" il portoghese, che pure oggi ha lasciato altro tempo sul terreno. Non tantissimo, ma quanto basta per richiedergli un mezzo miracolo sul Monte Lussari perché superi entrambi gli avversari che lo precedono. Per il capitano Jumbo-Visma invece l'impresa sarebbe un minimo più agevole, poggiata su quei marginal gains che le squadre di vertice ricercano spasmodicamente, tantopiù nel campo del cronometro, dove ogni accorgimento può rivelarsi decisivo. Dovessimo dare le percentuali, diremmo Geraint 65%, Primoz 30%, João 5%.
Certo, qualcuno si lamenterà per il fatto che stavolta la lotta tra i più forti della classifica si è limitata di fatto all'ultimo chilometro e mezzo di una tappa che ha visto passare in cavalleria una salita tosta come il Giau, all'interno di un percorso che oggi prevedeva quasi 5000 metri di dislivello complessivo. Pur senza che ci siano state battaglie campali, sia sul Bondone che nel finale di Val di Zoldo nei giorni scorsi avevamo visto qualcosa in più nella sfida a tre fra Thomas, Roglic e Almeida.
Ma è anche piuttosto normale che in caso di spiccato equilibrio tra le forze in campo, e in presenza di uno spauracchio come la crono di domani, ognuno tenda a riservarsi qualcosa nel momento in cui si rende conto di non poter fare una grande differenza. E allora ecco la tentazione di rinviare, rinviare, rinviare, accentuata anche dal fatto che oggi le pendenze peggiori fossero proprio quelle che chiudevano la frazione sulle Tre Cime. Nessuno scandalo, il ciclismo è anche questo; al limite qualche riflessione possibile su un tracciato che - come l'anno scorso - concentrava nel finale le maggiori difficoltà. Le Tre Cime di Lavaredo a fine tappa oggi sono state insomma un'ottima sintesi e metafora dell'intero disegno del Giro.
Un altro corollario dei grandi giri dell'ultimo decennio è la sistematica possibilità per le fughe di andare all'arrivo. Oggi alla fine solo in tre hanno anticipato i big, tanto da legittimare per esempio in Roglic (che al traguardo ha preceduto Thomas e Almeida) il pensiero che con un minimo sforzo dei suoi compagni per aumentare il ritmo del gruppo sul Passo Tre Croci, la fuga si sarebbe potuta raggiungere e stasera lui avrebbe un'altra vittoria di tappa al Giro oltre che qualche secondo in più guadagnato grazie agli abbuoni.
Peggio per loro, va aggiunto. Peggio per chi ha concesso troppo agio a Santiago Buitrago, Derek Gee e Magnus Cort Nielsen, i tre anticipatori di cui sopra. A vincere è stato il colombiano della Bahrain-Victorious, molto bravo a gestire la scalata conclusiva laddove invece il sempre più amato canadese aveva tentato un anticipo, o la va o la spacca per conquistare finalmente un successo dopo tre secondi posti (e due quarti); e invece Gee si è dovuto accontentare della quarta piazza d'onore in un Giro da cui esce comunque ingigantito: tanto per coerenza, Derek chiuderà secondo anche nella classifica dei Gpm (messa in cassaforte da Thibaut Pinot) e in quella a punti (spettante - se non ci saranno scongiurandi imprevisti - a Jonathan Milan). Ma sul piano della combattività, il nordamericano della Israel-Premier Tech questo Giro lo stravince.
Santiago Buitrago va più al concreto e si porta a casa una tappa proprio come 12 mesi fa, e conferma per ora il 12esimo posto in classifica. Se poi alla fine sarà 13esimo (possibile) o 11esimo (difficile) il senso della sua corsa rosa non cambierà: seppur non abbia evidenziato sensibili passi avanti ha quantomeno confermato in pieno quanto aveva fatto vedere nel 2022. E a 23 anni può comunque sperare di avere un'evoluzione che lo porti nelle prossime stagioni a giocarsi qualche piazzamento più rilevante in classifica, che lo veda insomma avanzare dal livello di splendido cacciatore di tappe alpine a quello di contender almeno per un podio. Se però così non sarà, anche l'attuale status di Buitrago può fare invidia alla gran parte dei colleghi.
Giro d'Italia 2023, la cronaca della diciannovesima tappa
La 20esima tappa del Giro d'Italia 2023 era la Longarone-Tre Cime di Lavaredo, 183 km partiti costeggiando il Piave e destinati a svilupparsi su una massacrante successione di salite dolomitiche. Tutta fatica che Hugh Carthy, ahilui, si è risparmiato: il britannico della EF Education-EasyPost, 14esimo della generale, non è partito a causa di problemi di stomaco che lo hanno limitato parecchio negli ultimi giorni, impedendogli di migliorare l'ottavo posto in classifica conseguito nel 2021. Larry Warbasse (AG2R Citroën) e Veljko Stojnic (Corratec), partiti ai -178, sono stati i primi a trovare spazio rispetto a un gruppo percorso da grande elettricità.
Grande elettricità perché ovviamente erano tante altre le squadre interessate a inserire un uomo in fuga; evitiamo di citare tutti quelli che ci hanno provato invano, a parte Ben Healy (EF), per due volte stoppato da Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) per ragioni di rivalità da maglia azzurra; riportiamo però (e ci mancherebbe) quelli che a portarsi sui primi ci sono riusciti. I primi sono stati Alexis Baudin (AG2R) e - chi l'avrebbe mai detto - Derek Gee (Israel-Premier Tech), rientrati ai -147; in assolo ai -139 è arrivato Magnus Cort Nielsen (EF). Il margine era sempre oscillante tra i 20 e i 40", allora ai -134 sono rientrati in quattro: Patrick Konrad (Bora-Hansgrohe), Vadim Pronskiy (Astana Qazaqstan), Nicolas Prodhomme (AG2R) e Davide Gabburo (Green Project). L'AG2R godeva di una superiorità schiacciante.
Ma non erano ancora finiti i rientri: la strada che saliva verso Caprile aveva dei tratti anche impegnativi, in particolare verso Alleghe, e qui dal gruppo è partito ai -129 Santiago Buitrago (Bahrain-Victorious), che tutto solo ai -125 si sarebbe aggiunto ai fuggitivi, 10 con lui a questo punto. Ma il drappello non era ancora completo: ai -120 sono rientrati Stefano Oldani (Alpecin-Deceuninck) e Michael Hepburn (Jayco AlUla); un chilometro più avanti Stojnic ha vinto il traguardo a punti di Caprile davanti a Gee e Gabburo.
Intanto dal gruppo, che era in fortissimo rallentamento, erano usciti per ultimi Mattia Bais (Eolo-Kometa), poi uno alla volta José Joaquín Rojas e Carlos Verona (Movistar); questi ultimi si sarebbero ovviamente messi insieme e in due avrebbero raggiunto Bais ai -120, per poi chiudere tutti e tre sui fuggitivi ai -110. Un altro momento di simpatica follia ce l'avrebbe regalato fuori tempo massimo ancora Ben Healy, il quale evidentemente non aveva ancora rinunciato all'idea di contendere la classifica Gpm a Pinot, sicché è scattato forte ai -112, procurando reflusso gastroesofageo a mezzo gruppo, che credeva di potersi finalmente rilassare per qualche chilometro e si è invece ritrovato di nuovo strattonato e sfilacciato.
E sì, perché naturalmente a inseguire Ben ci si è rimesso Pinot, a cui la INEOS Grenadiers della maglia rosa Geraint Thomas, che aveva preso ormai da molti chilometri il controllo delle operazioni in testa al plotone (in particolare con Salvatore Puccio), non poteva certo lasciare spago al settimo della classifica, pagante 4'43" al gallese primo; se consideriamo che il vantaggio della fuga in quel momento ammontava più o meno a una cifra simile… Quindi Thibaut ha preso Ben, il quale gli ha porto una sportiva mano, poi i due si sono rialzati mentre il gruppo li andava a riprendere; Healy, non domo, ci ha ancora riprovato ai -109, di nuovo la reazione di Pinot è stata tempestiva e apprezzabile, e qui Wild Rover s'è messo l'anima in pace, non prima d'aver riso e scherzato un po' con Rohan Dennis (Jumbo-Visma) e altri del plotone.
Al Gpm del Campolongo ai 96 Gabburo ha preceduto Bais e Gee, quindi nella prima parte della successiva salita verso il Passo Valparola il drappello dei primi si è disunito: ai -81 Stojnic, in non perfette condizioni fisiche, si è staccato definitivamente; poco dopo l'ammiraglia AG2R ha investito Verona, causandogli una bella abrasione sul fianco destro e guadagnandosi l'espulsione dalla corsa; più avanti è stato Rojas ad annaspare, iniziando a fare l'elastico ai -75 ma salvandosi abbastanza da poter rientrare poi sulla successiva discesa. Ai -71 Gee ha vinto il Gpm del Valparola su Gabburo e Bais. Il gruppo è transitato a circa 8'.
Buitrago, che conferma per il 23enne colombiano!
In discesa dal Valparola la Jayco AlUla di Eddie Dunbar ha rilevato la INEOS alla guida del gruppo e in effetti una minima inversione di rotta c'è stata, dato che tra picchiata e breve fondovalle (con rampetta al Belvedere di Colle Santa Lucia) il gap è stato limato di un minutino rispetto ai primi; solo che appena cominciato il Giau ai -49 la Jayco si è rifatta da parte.
Davanti la selezione era intanto stata immediata, subito Rojas e poi anche Baudin avevano perso contatto con Buitrago a fare l'andatura e a proporre azioni nell'azione nei primi chilometri di scalata; poi ai -46.5 Warbasse e Oldani si sono avvantaggiati per un attimo, per essere presi e lasciati sul posto da Verona, al cui inseguimento si sono posti Gee e in seconda battuta Buitrago: entrambi hanno raggiunto lo spagnolo ai -45.5. Il gruppo, ridotto a una quarantina di unità e tirato di nuovo dalla INEOS, recuperava molto poco in questa fase.
Ai -44.5 anche Hepburn ha raggiunto i primi, quindi ai -44 si è accodato Cort, mentre gli altri erano più sparpagliati dietro. Buitrago è salito di colpi nell'ultimo tratto di Giau e ciò ha permesso al quintetto di riguadagnare fino a quasi 7' sul gruppo maglia rosa; Hepburn ha provato ad anticipare la volata del Gpm dei -39.5, ma Gee l'ha superato in dirittura; in discesa si sono rimessi in scia Cort (che aveva perso metri al cambio di ritmo sullo sprint) e poi anche Prodhomme e Pronskiy; il gruppo è transitato a 6'45".
Arrivati in fondo alla picchiata, ai -28 sono rientrati pure Gabburo, Warbasse, Konrad e Oldani. Gee ha vinto il traguardo con abbuoni di Cortina d'Ampezzo ai -22, quindi appena è iniziato il Passo Tre Croci ai -21 Warbasse ha anticipato; nel gruppetto è stata nuova selezione, più avanti ai -18 Buitrago ha allungato con Cort e ai -17 insieme i due hanno raggiunto e subito staccato Warbasse; un attimo dopo anche Gee era sui due contrattaccanti, e ai -16 è rientrato Hepburn; intanto un acquazzone si era abbattuto sulla corsa.
Gee ha vinto il Gpm del Passo Tre Croci ai -13, dopodiché un momento di anarchia nella discesina prima del Lago di Misurina con l'allungo di Hepburn con Buitrago ai -9, chiuso da Gee ai -8 e da Cort ai -7.5. La strada andava verso la rampissima finale e qui Gee ha attaccato ai -7, seguito a distanza dal solo Buitrago. Il colombiano ha tenuto lì il corridore della Israel fino ai 2 km, sempre a tiro, sempre dando l'impressione di poter rientrare con due pedalate. Alla fine ha deciso che il momento dell'aggancio avrebbe dovuto essere ai 1500 metri, e lì è piombato su Derek e l'ha piantato in asso, correndo a conquistare la Cima Coppi del Giro e con essa la seconda vittoria di tappa nella corsa rosa dopo Lavarone 2022. Gee ha chiuso a 51" e Cort è stato l'unico altro fuggitivo a precedere i big, a 1'46".
Tra Thomas e Roglic non si sposta quasi nulla, Almeida perde altri secondi
La lotta tra i big è stata anticipata da un cambio di bici di Primoz Roglic (Jumbo), che ha optato per un cambio monocorona per la doppia scalata finale. Sulla salita verso le Tre Cime di Lavaredo il ritmo di Laurens de Plus (INEOS) ha abbattuto a meno di 4' il gap dai primi e ridotto sostanzialmente il numero delle persone presenti nel drappello maglia rosa. A 4 dalla vetta è passato a tirare l'altro INEOS Thymen Arensman, il quale ha dato una strappata pure troppo forte che gli ha creato un vuoto alle spalle. Filippo Zana (Jayco) ha provato a rientrare sull'olandese, ma è rimbalzato; a chiudere il buco ci ha pensato Damiano Caruso (Bahrain), in azione di marcatura rispetto alla presenza del compagno Buitrago davanti.
Il susseguente rallentamento ha rimesso De Plus in testa al gruppetto fino ai 2.8 km, quando il belga si è definitivamente sfilato; con lui hanno perso contatto Zana, Aurélien Paret-Peintre (AG2R), Lennard Kämna (Bora) e Ilan van Wilder (Soudal-Quick Step). Passato di nuovo Arensman, il suo ritmo ha fatto male ad Andreas Leknessund (DSM), out ai 2 km, e addirittura a Eddie Dunbar (Jayco), il quarto della generale. Rimanevano a quel punto in 8: Thomas con Arensman, Roglic con il compagno Sepp Kuss, Caruso, Pinot, Einer Rubio (Movistar) e João Almeida (UAE Emirates).
Ed è stato proprio il portoghese a proporre un improvviso forcing ai 1500 metri, subito tampinato da Thomas; il plotoncino è stato messo in fila ma non si è staccato nessuno; allora ai 1200 ha pensato di partire Roglic, e anche qui la maglia rosa è stata lesta a mettersi in scia, mentre ad Almeida in questo caso si è annebbiata la vista; ma stringendo i denti e sbuffando João è rientrato ai 900 metri, e agli 800 pure Arensman e Caruso. Tutto da rifare, finché ai 450 metri Thomas non è scattato lui seguito da Roglic che gli ha concesso sempre due metri dando l'impressione di non riuscire a chiudere il gappino, salvo ritrovare spunto in vista dello striscione d'arrivo e superare infine l'avversario, mettendosi tra l'altro in scia al fuggitivo Cort che stava per tagliare il traguardo.
Roglic non è riuscito a precedere il danese, pur arrivandogli a ruota: niente 4" di abbuono per il terzo posto, quindi; il raccolto per Primoz si limita quindi ai 3" guadagnati naturalmente su Thomas, insomma quasi nulla; più amaro il boccone per Almeida, che è arrivato con Caruso e Arensman a 2'09" da Buitrago e quindi a 23" da Roglic e a 20" da Thomas. Il che in classifica si traduce con una lotta che va restringendosi a Thomas e Roglic, divisi da 26"; João è terzo a 59" e per lui si fa più difficile, anche se è impossibile fare previsioni precise in vista della tappa di domani.
Tappa di domani che è la ventesima del Giro d'Italia 2023, la già celebre cronoscalata al Monte Lussari, partenza da Tarvisio per 11 km praticamente pianeggianti prima della durissima scalata di sette chilometri e mezzo al 12%, di cui i primi 5 al 15. Punte del 22%, fondo stradale in asfalto ecologico (una sorta di cementata che ricorda certe rampe della Vuelta), tempo massimo allargato, classifica possibilmente da riscrivere. Non tanto per il podio, dato che il quarto - Caruso, che ha riscavalcato Dunbar - è lontano 3'12" dal gradino più basso; quanto per le posizioni fra i tre contendenti: non è per nulla scontato che domani sera saranno uguali a oggi.